Fonte: sinistraitaliana
Url fonte: http://www.sinistraitaliana.si/social-compact/
Un pacchetto di proposte sui temi del lavoro, delle pensioni e della sanità. Una terapia shock contro le disuguaglianze, con un investimento di risorse, le stesse che il governo ha buttato via negli ultimi anni senza ottenere nulla.
Si chiama “Social compact”, la contromanovra di Sinistra Italiana che manda in soffitta il Fiscal compact e l’obbligo di rispettare il tetto del tre per cento con l’obiettivo di togliere l’Italia dalle secche di una ripresa che non arriva mai. Le proposte della sinistra sono state presentate in una conferenza stampa a Montecitorio dai capigruppo di Camera e Senato Arturo Scotto e Loredana De Petris, da Marco Furfaro e Stefano Fassina.
“Ci dipingono come quelli che dicono sempre no – ha affermato Scotto – e noi in effetti no diremo al referendum costituzionale. Ma noi siamo soprattutto quelli che vogliono una svolta. Il Def e’ solo un volantino di propaganda ma la stagione della propaganda deve finire. Per questo noi vogliamo un social compact“
Tra le proposte presentate dalla sinistra, l’adozione di un vero e proprio piano “Green New Deal” di 12 miliardi annui, basato su investimenti pubblici (il 45 % dei quali nel Mezzogiorno) per la messa in sicurezza del territorio, il miglioramento delle periferie urbane, le bonifiche anti-inquinamento ed altri interventi a forte impatto ambientale e sociale.
A queste misure vanno aggiunti un programma di 2 miliardi per il potenziamento dei treni dei pendolari e il reddito minimo per indigenti e disoccupati di altri tre miliardi.
Tra le altre proposte della sinistra, la stabilizzazione dei precari della scuola, l’aumento delle risorse per la sanita’, l’aumento a 600 euro delle pensioni minime, la revisione della legge Fornero con la possibilita’ di andare in pensione a 65 anni con 35 anni di contributi, gli sconti fiscali per i lavoratori a partita Iva.
Il “social compact” sara’ finanziato con il contrasto all’evasione fiscale, la reintroduzione della Tasi per il 10 per cento delle abitazioni, lo stop al taglio dell’Ires (da solo vale 12 miliardi), il taglio delle spese militari, la web tax e con uno sforamento dell’un per cento del deficit programmato.
“La manovra del governo – ha sostenuto Fassina – e’ del tutto inadeguata:ha un impianto basato sulla svalutazione del lavoro e sulla concessione di qualche bonus elettoralistico, come gli intereventi sulle pensioni minime. La nostra proposta invece sposta l’accento sulla domanda pubblica, con investimenti produttivi che sarebbero ossigeno per la ripresa. Sforiamo il 3%, ma il nostro sforamento e’ circoscritto e temporaneo, e porterebbe a un aumento del Pil nel triennio. Noi diciamo al governo: basta con le chiacchiere. Se Renzi vuole davvero invertire la rotta lo faccia con atti concreti, a partire dalle nostre proposte e noi appoggeremmo la sua battaglia in Europa.
LE NOSTRE PROPOSTE
NEL PAESE CRESCONO LE DISUGUAGLIANZE, LA DISOCCUPAZIONE E LE POVERTÀ
· Il 57% dei giovani italiani sotto i 25 anni è precario (dati Ocse). In dieci anni il tasso di occupazione giovanile è crollato. Per gli over-55 la disoccupazione di lungo termine è la condizione del 65% dei senza lavoro. Il Jobs Act non sembra avere prodotto risultati significativi se non quelli di regalare risorse alle imprese. Per chi, invece, ha un’occupazione i salari diminuiscono. Neanche il bonus di 80 euro ha dato slancio ai consumi.
· Più di 4,6 milioni di persone sono in condizione di povertà assoluta, mentre 8,3 milioni di italiani sono in povertà relativa.
· 11 milioni di italiani rinviano le cure o vi rinunciano del tutto perché non ce la fanno a pagarsele o per carenze delle strutture di offerta.
· 2 milioni di famiglie italiane sono a vario titolo in condizione di disagio abitativo.
· La precarietà dei giovani prepara l’avvento di un’intera generazione di pensionati poveri.
· Nella classifica dei 34 Paesi più industrializzati del mondo, l’Italia è ultima per numero di giovani laureati e quartultima per soldi investiti nell’università in rapporto al Pil, mentre diminuiscono gli iscritti alle università.
Per sbloccare l’Italia, proponiamo una manovra triennale complessiva per il lavoro, l’istruzione, i diritti sociali e il contrasto alle disuguaglianze, con un impegno di circa 30 miliardi annui: un vero e proprio “Social compact” che mandi definitivamente in soffitta il Fiscal Compact.
1. LAVORO
Serve un Green New Deal triennale per il lavoro pari a un punto di Pil di spese in deficit (16 miliardi) superando le regole dell’austerità imposte dalla UE.
Proponiamo:
1) l’adozione di un Piano triennale per il lavoro di 12 miliardi annui. Un Programma di investimenti pubblici (di cui una quota pari al 45% riservata al Mezzogiorno con il ripristino della “clausola Ciampi”)per:
- manutenzione e messa in sicurezza del territori
- miglioramento delle periferie urbane
- alla bonifica di zone di territorio compromesso da inquinamento
- al recupero di strutture pubbliche da destinare ad uso abitativo, uso sociale e/o produttivo,
- l’efficienza energetica negli immobili della Pubblica Amministrazione
- costruzione di asili nido, per la messa in sicurezza e l’introduzione della banda larga nelle scuole.
Nell’ambito di questo Piano vanno previste specifiche norme a sostegno dell’occupazione femminile e misure di sostegno per le start up e le imprese promosse da giovani under 35.
2) un Programma per la mobilità sostenibile (2 miliardi di euro annui) per il rinnovo e l’integrazione dello stock di treni per i pendolari e di autobus urbani e extraurbani;
3) una sperimentazione triennale di un reddito minimo per indigenti e disoccupati, portando da 1 a 3 miliardi annui le risorse attualmente previste dal Governo per il contrasto alla povertà.
Partite IVA
Proponiamo la riduzione dell’aliquota contributiva previdenziale al 24 % per i lavoratori a partita IVA, da finanziare attraverso il gettito derivante dell’applicazione delle disposizioni relative alla “web tax” e alla “digital tax”, per 1 miliardi di euro annui a decorrere dal 1 gennaio 2017.
2. ISTRUZIONE
Per invertire la rotta del declino del nostro Paese, occorre subito un robusto stanziamento di risorse per Università e ricerca, che recuperi i pesantissimi tagli succedutisi a partire dai governi Berlusconi.
Per questo proponiamo un intervento di 3 miliardi annui imperniato su 3 assi:
1) Piano pluriennale di stabilizzazione dei precari della scuola (costo 1.000 mln annui), contestualmente all’introduzione di misure normative che rendano disponibili nuove cattedre, ridefinendo l’attuale rapporto classe-alunni ed elevando l’obbligo scolastico.
2) Incremento delle risorse per il Fondo di finanziamento ordinario dell’Università e per la ricerca pubblica (costo 1.000 mln annui), come primo passo per riportare la spesa italiana per la ricerca verso la media europea.
3) Nuova legge per il diritto allo studio (costo 1.000 mln annui), per garantire su tutto il territorio nazionale:
· intervento sulle borse di studio
· alloggi per gli studenti fuori sede.
· sostegno alla mobilità studentesca.
3. SANITA’
Stiamo assistendo allo smantellamento strisciante del servizio sanitario nazionale, non dichiarato esplicitamente ma non per questo meno grave.
Il Documento di Economia e Finanza del 2016 prevede di ridurre nel periodo 2016-2019 la quota del Pil destinata alla spesa sanitaria dal 6,7% al 6,5%. Noi proponiamo di risalire al 7% del Pil, destinando 5 mld annui di risorse aggiuntive.
Proponiamo di:
a) garantire l’universalità del Servizio sanitario nazionale portando la spesa sanitaria verso il 7% del Pil, recuperando i tagli degli ultimi anni e finanziando adeguatamente i livelli essenziali di assistenza (LEA);
b) sopprimere i super ticket e introdurre misure radicali per ridurre le liste di attesa;
c) sbloccare il turn over nel comparto sanitario.
E di destinare le risorse recuperate dalla lotta alla corruzione e agli sprechi a interventi per:
a) farmaci innovativi e nuove tecnologie, per la cura delle malattie croniche, per la medicina di genere, per l’assistenza ai non autosufficienti, ai senza fissa dimora, ai migranti;
b) garantire il reale diritto all’interruzione volontaria di gravidanza;
c) promuovere politiche di piena inclusione dei cittadini con disabilità e di politiche per il benessere psicologico e psichiatrico.
4. PENSIONI
Proponiamo tre assi di intervento:
1) Ricongiunzione tra le varie casse previdenziali
E’ necessario consentire l’unificazione gratuita dei contributi versati in diverse gestioni dai lavoratori. Prevediamo il ritorno alla gratuità della ricongiunzione vigente prima del 1° luglio 2010 con un costo di circa 300 milioni di euro l’anno.
2) Pensione minima di dignità
Una pensione minima di dignità, in luogo dell’assegno sociale (una sorta di reddito minimo garantito per gli anziani), elevando dagli attuali 448,07 euro (2016) per 13 mensilità, a 600 euro (7.800 l’anno), per anziani ultra-sessantacinquenni, come prima tappa per arrivare a garantire a tutti gli anziani il reddito equivalente alla soglia di povertà (circa 760 euro al mese – 9.120 euro all’anno). Costo iniziale pari a 1,7 miliardi annui.
3) Criteri di pensionamento
Si propone un superamento della legge Fornero con un intervento del costo iniziale pari a 4 miliardi annui.
L’obiettivo è l’uscita generale per tutti a 65 anni di età con 35 anni di contributi, fatta salva la possibilità di prosecuzione dell’attività lavorativa su base volontaria, in particolare, per coloro che raggiunta l’età di 65 anni non possiedono i 35 anni di contributi. Inoltre, si propone una riduzione differenziata dell’età pensionistica e degli anni di contributi necessari per una serie di lavori, individuati e caratterizzati in base al tipo e alle specificità di rischio delle mansioni svolte, con la determinazione di coefficiente usurante sulla base di evidenze scientifiche e della medicina del lavoro. Sulla base di tali fattori vanno individuati i periodi di riduzione dell’età lavorativa e dei contributi necessari, senza ricorrere né a penalizzazioni, né all’idea balzana del ‘mutuo pensionistico’.
5. CASA
Le banche italiane sono zavorrate da 198 miliardi di sofferenze lorde.
Fra queste, almeno 40 miliardi avrebbero una garanzia immobiliare e sarebbero quindi relative a mutui di famiglie in difficoltà o a fallimenti di imprese di costruzioni. Allo stesso tempo è forte la difficoltà di trovare casa, soprattutto nelle grandi città. I redditi di chi lavora sono insufficienti, il lavoro stesso è spesso precario e soprattutto non esiste più una vera disponibilità di edilizia residenziale pubblica.
Abbiamo quindi case vuote che appesantiscono i bilanci delle banche e cittadini che di quelle case avrebbero bisogno.
Noi proponiamo di trasformare un problema in un’opportunità
creando un fondo presso la Cassa Depositi e Prestiti che serva ad acquistare i crediti in sofferenza con sottostante immobiliare all’attuale prezzo di mercato, pari spesso a meno della metà del valore originario.
Se abitate, queste case dovrebbero essere lasciate agli attuali mutuatari, con ristrutturazione del debito.
Se vuote, dovrebbero essere immediatamente messe a disposizione delle graduatorie per l’accesso alla casa.
Ci guadagnerebbe la comunità, ne avrebbero sollievo le famiglie, se ne avvantaggerebbe il sistema economico italiano, finalmente sgravato di una parte delle sofferenze.
LE RISORSE
Con l’equità fiscale tramite:
a) il contrasto all’evasione fiscale, a partire da quella dell’IVA, per 6 miliardi dal primo anno di applicazione e più di 40 miliardi a regime. Proponiamo di utilizzare solo 6 miliardi annui per il nostro programma e di destinare il resto dell’incremento di gettito determinato dall’introduzione di queste misure al Fondo per la riduzione della pressione fiscale (Art. 1, co 431 – legge n. 147/13);
b) No alla riduzione dell’aliquote Ires a partire dal 1° gennaio 2017 (un incremento di gettito di circa 12 mld nel triennio);
c) la reintroduzione della Tasi per il 10% delle abitazioni con i valori di mercato più alti (un incremento di gettito di almeno 1 mld annui);
d) una modifica della tassa sulle transazioni finanziarie (estendendola ai derivati – un incremento di gettito di 200 mln annui);
e) una riduzione delle franchigie sulla tassa di successione e l’applicazione di aliquote crescenti (con un incremento di gettito di 500 mln annui);
f) la riduzione e/o la soppressione di alcune agevolazioni fiscali alle imprese per un miliardo all’anno. Le agevolazioni fiscali sono 307 (Allegati A e B alla Tabella 1 delle entrate del Bilancio di previsione per il triennio 2016-2018) per un valore nel 2017 pari complessivamente a 175,7 miliardi;
g) l’obbligo di apertura della partita IVA per gli operatori pubblicitari del web: i soggetti passivi che intendano acquistare servizi di pubblicità e link sponsorizzati in siti telematici, anche attraverso centri media e operatori terzi, dovranno acquistarli da soggetti titolari di una partita IVA rilasciata dall’amministrazione finanziaria italiana. Gli spazi pubblicitari in siti telematici ed i link sponsorizzati che appaiono nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca, servizi di search advertising, visualizzabili nel territorio italiano durante la visita di un sito internet o la fruizione di un servizio telematico attraverso rete fissa o rete e dispositivi mobili, dovranno essere acquistati esclusivamente attraverso soggetti titolari di partita IVA rilasciata dall’amministrazione finanziaria italiana. Si prevede inoltre una digital tax per contrastare le pratiche elusive delle multinazionali del web (dopo il caso Apple-Irlanda) riguardo il pagamento delle imposte sui profitti (circa 2 mld annui)
Con una Spending review alternativa fondata su:
a) la riduzione o soppressione di alcune spese per armamento per 1,4 mld annui, a partire dagli F35. Si tratta di risorse in conto capitale che potrebbero coprire spese per investimenti nell’istruzione e la sanità per il triennio 2017-2019;
b) la riduzione per il 2017 e il 2018 di 400 mln di euro del Fondo per esigenze indifferibili (cd. “Fondo Boschi” – Art 1, co 200 legge 190/14);
c) la riduzione e il progressivo azzeramento dei sussidi alle fonti fossili con un programma di decarbonizzazione della nostra economia, anche attraverso un preciso piano di sensibile riduzione, e quindi azzeramento, degli aiuti pubblici e dei sussidi diretti e indiretti alle fonti fossili, prime responsabili delle emissioni di CO2, dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici.
Altre risorse potrebbero esse reperite per finanziare il Green New Deal:
a) con l’utilizzo delle risorse comunitarie
11 miliardi di euro di euro delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione della programmazione 2014-2020, non risultano ancora impegnate.
b) con le risorse della Cassa depositi e prestiti
la Cassa Depositi e Prestiti dovrebbe essere indotta dal Tesoro a costituire un fondo per il finanziamento a tassi agevolati dei programmi del Green New Deal.
c) i fondi pensioni della previdenza complementare
in Italia, tutti i fondi pensioni della previdenza complementare gestiscono un patrimonio di circa 130 miliardi di euro. Il flusso annuo di contributi è di circa 12 miliardi di cui circa il 70% è allocato all’estero. L’allocazione interna è pressoché interamente assorbita dai titoli di stato (27,5%). I Fondi dovrebbero partecipare – con finanziamenti garantiti direttamente o indirettamente dal settore pubblico – al Piano di sviluppo del Paese tramite enti e/o strutture della Pubblica amministrazione o la CDP.
Si consideri, inoltre, che tra le coperture non vengono calcolate le presumibili maggiori entrate fiscali derivanti dalla crescita della domanda interna, legata alle misure di welfare, e dalla crescita del PIL prodotta dall’effetto moltiplicatore degli investimenti pubblici del Green New Deal. Un aumento degli investimenti di circa 15 miliardi annui può produrre al termine del triennio un aumento del PIL di circa 30 miliardi (assumendo un moltiplicatore degli investimenti pari a 2, prudenziale rispetto alle stime di molti economisti), con una crescita delle entrate fiscali che consentirebbe di riassorbire quasi integralmente l’extra-deficit dell’1% del PIL.