di Mauro Maggio – 5 aprile 2015
Ma voi ve lo ricordate l’1 aprile di un anno fa? Migliaia di persone a Napoli per la prima assemblea di Articolo Uno. Eravamo stati tra i protagonisti della vittoria del no al referendum Costituzionale e avevamo, forse con ritardo, compiuto il grande passo di lasciare il Partito che avevamo fondato ed in cui avevamo creduto, per dare vita ad un nuovo Movimento capace di offrire ai tanti senzatetto della Sinistra una nuova ed accogliente casa, edificata sulle fondamenta di principi democratici e progressisti.
Avevamo parole d’ordine chiare: il lavoro, prima di tutto. E poi i diritti. E poi la rigenerazione della classe dirigente, da contrapporre alla brutale e fasulla rottamazione, mescolando l’entusiasmo e le energie delle generazioni dei trentenni e dei quarantenni con l’esperienza dei meno giovani, facendo emergere una leadership fresca ma autorevole.
Ed io me li ricordo i D’Alema, i Bersani, gli Epifani, seduti nelle seconde e terze file, lasciando il palco e la ribalta a Roberto Speranza, Arturo Scotto, Francesco Laforgia e ad Enrico Rossi, il Corbyn italiano.
Ma è durato solo poche settimane, poi ci siamo arenati tra mille incertezze e rincorse ai Pisapia di turno, perdendo di vista il progetto e perdendo l’opportunità di diventare il punto di riferimento di milioni di italiani che non ce la facevano più.
Passare dal “mai più nominati” alle pluricandidature e alle superblindature, complice una legge elettorale indecente e ingannatrice, è apparso non solo incoerente ma ha anche evidenziato una preoccupante chiusura e cecità politica. È stato un atto, non dovuto nè obbligato, di debolezza.
Altre erano le risposte che bisognava dare, ben diverso doveva essere il percorso. Sarebbe dovuto nascere da un processo costituente, attraverso la rete e attraverso una serie di assemblee territoriali, con una grande consultazione programmatica da far culminare con elezioni primarie sia per l’indicazione dei candidati, come schiaffo alle liste bloccate, sia per la scelta delle personalità che avrebbero dovuto guidare il processo.
Un’altra occasione è stata persa. Oggi l’orizzonte è più buio che mai e tanti altri, davanti alla pochezza di idee e di iniziative e disillusi dalla totale estraneità alla fase decisionale, potrebbero decidere di andare ad ingrossare il Partito di chi si astiene perché non rappresentato. Me compreso.


