Fonte: Blondet e Friends
di Maurizio Blondet – 9 agosto 2018
Da Repubblica: “A Torino apre la prima casa di appuntamenti con sex dolls per uomini e donne”.
Nell’articolo apprendiamo che è una iniziativa della LumiDolls, la società catalana che offre intrattenimento ludico-sessuale con realistiche e realistici, ed ha già aperto case simili a Barcellona e Mosca. Sul loro sito internet spiegano: “Vogliamo farvi godere della sessualità in un modo completamente diverso, in uno spazio lussuoso, assolutamente riservato e del tutto legale”. Quel che offrono, si chiama in fondo masturbazione.
Ma come hanno fatto presto ad arrivare le novità . Appena un mese fa, Zero Hedge raccontava:
Per adesso sono duemila all’anno le bambole del sesso in silicone che vengono vendute in Giappone: a 3700 dollari l’una, grandezza naturale ed aspetto vivo di adolescente, teste rimovibili, genitali adattabili ai desideri del cliente. Il calo futuro del prezzo, l’aumento della solitudine degli anziani ed anche dei giovani scapoli, promette un vero,triste trionfo commerciale di questo genere di merce. Tanto che il demografo Kamako Amano, dell’istituto di ricerca NLI di Tokio, lo vede come un pericolo per l’esistenza stessa del Giappone, dove la denatalità già infuria e si stima che nei prossimi 30 anni la popolazione sarà diminuita di un terzo.
Ricorrono le spiegazioni sociologiche: le 14 ore di lavoro che ancor oggi ogni ditta richiede all’impiegato nipponico, il gran numero di donne laureate ed entrate nel mondo del lavoro, il numero sempre maggiore di single di ritorno o perché divorziati, separati o vedovi; possiamo anche evocare la cultura dell’individualismo edonistico, l’egoismo disimpegnato, o la paura dell’altra; o un effetto collaterale delle “conquiste” del femminismo, che inducono i maschi a preferire ad una donna giudicante ed esigente la compagnia silenziosa e docile della bambola gonfiabile.
La donna è stata “sostituita”
Ma ciò tace quella che è la causa profonda e radicale, la quale è ben lungi dall’essere confinata alla società giapponese: l’abuso della pornografia come vizio di massa e di ogni età. Un fenomeno taciuto,, che solo da poco gli psichiatri stanno cominciando a studiare come patologia. Le nuove tecnologie ed Internet hanno messo a disposizione video e materiale osceno che solo trent’anni fa, uno doveva procurarsi in negozi specializzati, mettendosi in contatto con ambienti umani loschi, con cui il borghese perbene temeva di esser visto in contatto; il materiale era raro e costava, e per lo più era di cattiva qualità.
Adesso invece è – leggo nel saggio Porno-Tossine di Antonio Morra – Accessibile, Abbordabile e Anonimo. L’educazione permissiva e “senza tabù” ha fatto cadere il (benedetto) stigma sociale che faceva vergognare il consumatore di “foto sporche”, ovviamente masturbatore, di essere scoperto. I genitori di mentalità “aperta” sottovalutano o scusano quel che i loro ragazzini tredicenni guardano sullo smartphone o nel laptop nella propria stanzetta. Tredicenni? “Bambine di sette anni inviano online propri video molto espliciti”, si allarmava il Telegraph in un articolo del 13 luglio 2015, dedicato al Sexting, ossia alle immagini (e testi) porno di se stessi che si inviano i bambinelli ancora non adolescenti.
“Internet Watch Foundation e Microsoft – scrive Morra- hanno analizzato 4 mila immagini con contenuti sessuali espliciti condivise da adolescenti e bambini: 667 (il 17,5%) riguardavano adolescenti dagli 11 ai 15 anni, e 286 addirittura bambini sotto i 10. Sex chat, sexting, tanti selfie di nudo. Il 93% proveniva da ragazzine.
Vasti sondaggi condotti in USA – ma non può essere diverso da noi – ha mostrato che i maggiori consumatori di porno sul web sono i ragazzi da 12 ai 17; all’età di 18 anni, il 90 per cento dei ragazzi e il 60% delle femmine ha visto pornografia online. L’83% dei maschi e il 57% delle ragazze ha guardato porno omosessuali, il 9% delle ragazze e il 15% dei ragazzi video pedofili, il 18% delle ragazze e il 32 % dei ragazzi scene di bestialità o sesso con animali.



