di Carlo Calenda – 11 novembre 2018
Un grande giorno per l’Italia, un pessimo giorno per il PD. Non si può aspettare oltre. Gentiloni scenda in campo
Ieri è stata una meravigliosa giornata di impegno civico. Le piazze di Torino e Roma ma anche le tantissime persone che incontro in giro per l’italia (ieri Pescara e Eur) dimostrano che il paese si sta risvegliando. Ed è significativo che spesso siano le donne a farsi promotrici di questo risveglio. Questo impegno civico cerca una casa, una rappresentanza che oggi non trova.
Per contrasto ieri è stata una pessima giornata per il PD. Una giornata purtroppo uguale a tante altre, quasi tutte le altre dal 4 marzo in poi. Da un lato da Salsomaggiore partivano accuse, rivendicazioni e astio nei confronti di tutti quelli che non erano presenti, fino ad evocare l’ennesima scissione, dall’altro dalla riunione dei militanti under 35 si rispondeva con analoghi toni e contenuti. Così non si può andare avanti.
Il PD è un partito paralizzato dai rancori e dai personalismi. È mia profonda convinzione che il congresso aumenterà le fratture. È facile prevedere gli “alti” contenuti del dibattito congressuale: Marco Minniti verrà descritto come un burattino di Matteo Renzi e Nicola Zingaretti come la quinta colonna del M5S. Entrambe queste descrizioni sono false. Si tratta di due persone di prim’ordine che possono degnamente rappresentare tutto il Partito Democratico. Eppure i “fedayyin” Renziani e Antirenziani già pregustano la prossima ordalia.
Il distacco tra l’Italia e il Partito Democratico sta aumentando mentre dovrebbe e potrebbe diminuire. Ho provato a fare mille proposte: di contenuto (il Manifesto del Fronte Repubblicano), di metodo (coordinamento allargato dell’opposizione), di offerta politica (il Fronte Repubblicano appunto) ma ogni tentativo è caduto nel vuoto. Mi sono persino reso ridicolo invitando a cena Renzi e Gentiloni per cercare almeno di far ripartire un dialogo personale. Non si può attendere oltre. Mettere davanti alla responsabilità personalismi e rancori è semplicemente immorale in un momento in cui l’Italia è a rischio.
A questo punto l’unica soluzione è che Paolo Gentiloni scenda in campo e fermi questo cupio dissolvi. Va immediatamente chiamata una tregua interna al partito e preparata una candidatura unitaria per la segreteria. Paolo deve fare un passo avanti nelle forme che riterrà giuste (Presidente, Segretario?). Ma dobbiamo tornare a sederci intorno allo stesso tavolo e costruire un fronte unito in vista delle prossime elezioni. È l’ultima chiamata per il PD. Altrimenti sarà indispensabile costruire qualcosa di nuovo. L’Italia è più forte di chi la vuole debole e non può perdere per colpa nostra.


