Sinistra. I gonzi e i risentiti

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti

Da una parte c’è Michele Serra che ammette di essere stato un gonzo a credere a Renzi (e vivaddio!). Dall’altra scampoli consistenti di sinistra, che se la prendono con Mattia Santori delle sardine. Voi direte che c’entra? Mi spiego. Il pentimento di Serra ha scatenato la soddisfazione di moltissimi, che lo hanno attaccato rinfacciandogli grassamente il trascorso renziano. Santori è invece oggetto di diffusi e severissimi attacchi (anche da parte delle élite) che, dall’esamino iniziale (che dici di questo? e che dici di quest’altro? E del socialismo? E del capitalismo della sorveglianza? E della guerra nel Vietnam e della questione dell’analogia dell’essere in San Tommaso?) sono passati all’insulto o quasi. Che cosa unisce queste due fenomenologie? Il risentimento, la rabbia, la volontà di sommergere l’altro di contumelie, l’acredine e persino il livore.

Che la destra vince lo vediamo anche dai nostri comportamenti. Dalla facilità con cui noi diventiamo leoni da tastiera, tramutando l’altro nel bersaglio della nostra frustrazione infinita. E non sto parlando di avversari, nemici, ecc. Sto parlando di persone che, emendati da errori che commettiamo tutti, ma proprio tutti, sono comunque dalla nostra parte, appartengono al nostro campo, a meno che il nostro campo non si riduca a una testa di spillo in cui entriamo io, me e me stesso. In questa aggressiva acrimonia, io ci vedo, permettetemi, un certo stile d’antan piccolo borghese, quello di chi coltiva una insoddisfazione profonda, di chi non si sente riconosciuto nel proprio presunto valore, di chi cerca un motivo per scaricare sull’altro (e persino sui simili!) la propria irrequietudine. Ripeto: quando si esprime questo risentimento così stizzito verso i ‘nostri’ (nel senso che dicevo prima) e l’altro diventa un acido bersaglio del proprio mal’amore, vuol dire che la destra ci ha preso e non ci molla. D’altronde, se non ci avesse preso, non staremmo qui a leccarci le ferite, inquieti sulle prospettive.

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