Il mio incontro con Sergio Zavoli

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini

Il mio incontro con Sergio Zavoli

Credo sia stato nell’autunno inverno di tre anni fa, in largo Respighi. Un incontro troppo a lungo rinviato fra eminenti personalità. Fu lui a farsi avanti all’imbocco di un passaggio pedonale chiedendomi indicazioni sulla via per raggiungere Palazzo D’Accursio e io gli dissi: “Ma lei è Zavoli ! Complimenti”. Vestiva con un loden verde e si muoveva con passo cauto ma elegante. Zavoli fu grande giornalista, gentleman di stile, uomo colto, sensibile, appassionato. E come Andrea Barbato, anche espressione di quel socialismo fatto di personalità tipiche del primo centro-sinistra dotate di autorevolezza di pensiero, arguzia, sensibilità sociale e grande indipendenza intellettuale. Virtù divenute rare e in campo televisivo totalmente neglette.

Nella mia prima giovinezza, cioè nei ’60, fui un accanito seguace di programmi come Tv 7 (Zavoli) e Almanacco condotto da Sbragia (che si apriva coi Preludi di Lizst). Sebbene fossi già comunista, per ascrizione familiare, furono queste trasmissioni, assieme ai grandi originali televisivi della domenica sera (grandioso ‘I grandi camaleonti’ di Federico Zardi) a forgiare il mio interesse per la politica come ricerca intellettuale.

Almeno sino agli ’80 inoltrati, a compimento del varo in serie dei tre canali, la Televisione pubblica è stata di alta qualità, elemento di unificazione nazional-popolare e nello stesso tempo momento di promozione della differenziazione democratica. Zavoli è stato un interprete autorevole e raffinato.

La Tv pubblica ‘lottizzata’ dai partiti (essenzialmente Dc, Psi e Pci) fu una grande televisione.a base concorrenziale, nel senso che attraverso le reti i partiti cercavano di eccellere innovando e arricchendo il palinsesto. I grandi partiti.avevano un’esistenza indipendente dai media, non ne erano un’appendice. La televisione era anche il modo attraverso il quale mettevano alla prova la cultura politica della quale erano portatori adeguandola a un target eccedente il loro terreno gardé. Questo aspetto stimolava l’innovazione e conseguentemente la promozione (cooptazione) di mediatori autorevoli, di elevata professionalità e capaci di autonomia. Intellettuali ‘organici’ sebbene ‘indipendenti. Tutt’altro che propagandisti. Dotati di una propria tracciabilità ideale ma non racchiusi in una gabbia ideologica. Mediatori virtuosi e creativi di cultura alta e bassa, elitaria e popolare. Un equilibrio mirabile che è andato irrimediabilmente perso.

Tutta la deriva della democrazia italiana comincia con l’assalto a questa virtuosa combinazione fra media e partiti. Questo attacco fu una vera e propria ossessione dei radicali pannelliani, cui deve essere riconosciuto il merito di avere anticipato molta della merda che ha inondato l’ultimo terzo di secolo. Le conseguenze finali di questo attacco di lunga lena sono sotto i nostri occhi: partiti evanescenti, media assogettati ai potentati, iper-commercializzazione, una classe politica composta di figuranti che si agitano come marionette nel teatrino dei talk-show, personale giornalistico guittesco e mercuriale. Propagandfisti di ‘partito’ al soldo del fondo che li paga. Se la ‘lottizzazione’ dei partiti portava in auge gli indipendenti, la metodica che ne ha preso il posto a reti unificate, a prescindere dalla tipologia giuridica, ha portato avanti i ‘mediocri della competenza’. Lo stesso ossimoro della politica pseudo-carismatica e personalistica. D’onde la mediocrità, lo snobismo, la volgarità e l’asservimento allignano sotto la foglia di fico della ‘competenza’.

Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.