Burocrazia e furbetti
Mettiamoci d’accordo. Non si può fare la battaglia contro la burocrazia che rallenterebbe la vivacità imprenditoriale e il diritto dei cittadini alla semplificazione, e poi menarla così tanto sulla vicenda dei 5 parlamentari che hanno chiesto i 600 euro di bonus professionisti. Quelli che dicono che la legge è sbagliata, dovrebbero aggiungere: perché essa non ha introdotto controlli severi, limiti, picchi, fatturati di riferimento e rapporti percentuali tra il volume d’affari del periodo corrispondente e l’attuale. Ma è questa la burocrazia, ossia il lavoro che gli uffici pubblici fanno per applicare le norme alle procedure, controllare gli iter ed evitare che qualcuno ci “provi”, com’è poi accaduto. Nella mente di molti “semplificare” vuol dire azzerare i controlli. Ma se si azzerano i controlli, se tutto si riduce alla “autoresponsabilizzazione” (come si dice anche del Covid, dove migliaia di autoresponsabilizzati affollano le discoteche), allora sappiate che gli esiti sono questi, non altri.
Prendete il caso dei 234.000 imprenditori che pagavano i dipendenti coi soldi di Zio Arduino (cioè i nostri) facendoli lavorare in nero pur se collocati in Cassa Integrazione. Non ho sentito vesti lacerarsi al pari di quel che sta accadendo coi deputati (“Caccia al deputato” titolano i media). Eppure il governo è stato alla fin fine costretto a porre dei limiti percentuali per la prossima tornata di cassa integrazione. Che burocrati, eh? Comodo fare i liberisti coi soldi pubblici, comodo chiedere “un click e via”, oppure l’appiattimento delle regole e dei controlli mentre il capo-categoria piange al telefono la crisi. Vi chiedo soltanto coerenza: non volete regole, la burocrazia vi fa schifo? Allora cavatevela coi soldi vostri. Anche perché così facendo li togliete a chi ne ha davvero bisogno: a chi ha perso il lavoro, a chi era precario oppure lavorava a nero mentre noi pagavamo il suo stipendio e il vostro fatturato restava detassato.
