Il presidenzialismo regionale. La mutazione virale del sistema politico

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Il presidenzialismo regionale. La mutazione virale del sistema politico
Avevo anticipato che queste elezioni sarebbero state un passaggio cruciale della storia nazionale. Una notazione valida non solo per gli equilibri politici, ma anche per aspetti qualitativi di rilievo. Il più importante è a mio parere il classamento politico delle regioni, e di quelle grandi in particolare (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia). Le quali concentrano la più gran parte della massa demografica nazionale (e sotto questo profilo la narrazione del 15 a 5 è fuorviante, perchè i pesi reali parlano di un sostanziale equilibrio fra sinistra e destra, piuttosto di un cinque a quattro a vantaggio della sinistra… le altre regioni sono ornamento cromatico e messe assieme non fanno la Campania e mezza Lombardia…). Il dato emergente con inaudita evidenza sono le macroregioni come grandi attori. Non solo istituzionali, ma politici e identitari. La ‘federalizzazione’ strisciante dell’ordinamento politico fattuale è sortita dall’alveo municipale storico per immettersi su un nuovo binario regionale-territoriale. Con l’aggiunta (per quanto possa non piacere, io fra i tanti) di una potentissima torsione monocratico-personalistica.
Facevano impressione le dichiarazioni rilasciate da De Luca Zaia ed Emiliano nel celebrare i loro trionfi. Parlavano con l’enfasi di capi di stato regionali portando a risalto una sorta di unione mistica con il loro territorio. La loro vittoria come vittoria delle Puglie, del Veneto, della Campania. Cioè l’affermazione di una identità regionale. Persino trascendente rispetto agli schieramenti politici. Per distinguersi e contrapporsi (in chiave negoziale) rispetto al mondo esterno: lo Stato centrale, l’Europa, le città, le altre regioni.
Sotto questo profilo i leader politici regionali emersi come dominus egemonici hanno interpretato, ‘inventandola’, una identità prima inesistente o assai flebile. Interponendosi fra i due capisaldi storici delle identità: locale-comunale e nazional-statale. Presonalizzandola nella loro leadership. Al di sopra dei partiti. Come se alla fine il modello regionale sub-nazionalista della Lega delle origini (la vera ‘invenzione’ aggiuntasi ai tradizionali partiti ideologici universalistici) si sia generalizzato all’intera vita politica nazionale.
Quanto sono spendibili queste figure nella politica nazionale ? Io penso per nulla, se non come attori interpreti delle dinamiche che vanno caratterizzando i rapporti centro-periferia in chiave vieppiù conflittuale-negoziale. La loro stessa identificazione totalizzante con l’ambito regionale ne sancisce tanto la forza quanto il limite. Figure troppo caratterizzate per essere recepite nella rappresentanza nazionale. Ve li vedete i veneti alle prese con un De Luca presidente del consiglio, o i campani che si fanno guidare da Zaia ? Sotto questo profilo è abbastanza vizioso il gioco della leadership che ora va per la maggiore come prendere questo o quell’altro come candidato leader di partito (Zaia contro Salvini o Bonaccini contro Zingaretti)….. Il partito-Zaia, così come quello De Luca ed Emiliano, in attesa di altri, non sono esportabili oltre il loro confine.
La politica sembra così strutturarsi secondo un doppio binario sistemico, cosiccome su due criteri di selezione della classe politica: la politica regionale interpretata da leader territoriali (con forti venature carismatico-populistiche – come se la materia in circolazione abbia trovato il suo punto di sedimentazione) e la politica nazionale, dove i partiti e gli schieramenti ideologici continuano a contare. La gente che in loco ha votato per Zaia, De Luca, Emilian ed altri in una eventuale elezione politica nazionale tornerfà a suddividersi secondo schieramenti politici anzichè personali….Le popolazioni elettorali si riart6icolano in funzione della posta.
Credo che questo effetto, già larvatamente presente nell’ordinamento, sia esploso proprio grazie al Covid. Benzina sul fuoco. Il Lockdown ha isolato le regioni e affidato la gestione ai ‘governatori’ offrendo loro una inusitata visibilità mediatica. Di qui una accelerazione di processi politici in corso da tempo e con esiti non ancora definiti.
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