A proposito di sinistra e di ZTL

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
A proposito di sinistra e di ZTL
Ogni tanto riaffiora la locuzione “sinistra della ZTL”, chiaramente pensata in contrapposizione al “popolo” delle borgate e delle periferie. La si definisce come portatrice di temi giudicati inessenziali (ambiente, cultura, istituzioni), mentre la periferia esprimerebbe, al contrario, il tema dei bisogni e quello del disagio sociale in termini corposi e “veri”. Sono un po’ scocciato, a dire il vero, anche perché questa locuzione (“sinistra della ZTL”, appunto) è spessissimo abusata da chi vive in quartieri residenziali, mica a Primavalle. Pur tuttavia concedetemi alcune puntualizzazioni.
1) La ZTL di Roma, che è la più grande del mondo, accoglie al proprio interno pochi spiccioli di residenti, rispetto alla grande massa dei romani, e dunque è un simbolo che metaforicamente dice poco o nulla a riguardo.
2) Se voi pensate che una città (uso questa metafora) sia divisibile in cerchi concentrici (soprattutto negli ultimi decenni), mi chiedo allora che film vi stiate facendo. La città è ormai una grandissima pelle di leopardo con macchie sparse qua e là, che diffonde degrado ovunque, anche in centro, e che, di converso, esprime qualità anche in periferia. La ZTL non protegge “residenti” ma scenari monumentali e fondali di rappresentanza a uso turistico, tutto qui. La metafora della ZTL, in questo senso, è una sciocchezza. Esprime più un vuoto sociale che altro.
3) Siamo dunque certi che in periferia viva solo disagio e solo uno stretto bisogno sociale che fatica a trovare un’espressione? Ma non è che avete qualche pregiudizio verso il cittadino periferico, magari da tipici abitanti della ZTL?
4) Il No ha espresso una sensibilità verso i temi delle istituzioni, dei diritti politici, della rappresentanza, della Costituzione e delle leggi che non andrebbe dileggiata, definendola come tipica di chi è un benestante, non ha un cazzo a cui pensare e si può permettere il lusso di baloccarsi coi formalismi, mentre gli altri salvano il governo e unificano il popolo. Come se il Sì portasse con sé la riscossa sociale e il No la gretta conservazione dello status quo: ma quando mai, ma quale progresso con un Parlamento “orbato” da un fendente in buona parte di natura antiparlamentare?
5) Attenzione, perché se uno vuole cambiare la polis, non è che può farlo con la rivolta dei peones guidati da Masaniello (che poi finisce in un boia chi molla), ma con l’unità e il raccordo tra tutti i cittadini di tutti i quartieri, senza scartare quelli che la città la vorrebbero non inquinata, ordinata, decorosa, ricca di iniziative culturali, e comunque solidale, prossima, unificata. Perché, nel caso, la polis va cambiata TUTTA, nel suo insieme, come sistema urbano, e non solo le periferie. Anche perché appartiene a tutti, e tutti hanno diritto a viverla circolando e lavorando al suo interno. Senza ghetti né quartieri riservati.
6) La distinzione tra Sì e No, non è quella tra emarginati e benestanti, ma tra chi (nel migliore dei casi) ha pensato a sinistra che fosse meglio “salvare il governo” (una forzatura, secondo me) sacrificando un terzo della rappresentanza (il Sì), come se non vi fossero alternative allo scempio – e chi ha ritenuto invece che certi principi e la Costituzione non fossero negoziabili (il No), soprattutto in assenza di una riforma organica (che, per quanto orribile, l’ha tirata fuori dal cilindro persino Renzi, e ho detto tutto!) oppure di compensazioni ordinarie.
Quindi la ZTL non c’entra niente, tanto meno la solita pregiudiziale populistica che oppone comunque e senza chance il borgataro ai pariolini. E questo ve lo dice un borgataro che ha votato No e che in ZTL ci lavora da 40 anni. Per dire.
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