Il sesso degli angeli

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Il sesso degli angeli
Ci si domanda se l’alleanza (ora ancora occasionale) giallo-rossa sia ascrivibile ai tipi del centro-sinistra. Arduo problema se si valuta la natura dei soggetti politici. E che si propone pur’anche considerando il tralucere di un moderato spostamento a sinistra dal lato delle politiche concrete. Aspetto in sè sufficiente per motivare la sfrenata ostilità delle destre, di sedicenti centristi e persino di sedicenti sinistri.
Come ebbe a dire con fulminante intuizione Bersani, il M5S potrebbe essere considerato un partito di centro di tipo nuovo. Infatti ancora si ostina a rivendicare la sua estraneità alla topologia classica: nè di destra nè di sinistra. L’allusione a un ‘altrove’ che pragmaticamente si potrebbe anche considerare come un ‘centro’. In effetti chi ha fatto (come il sottoscritto) analisi di campo servendosi dell’autocollocazione degli intervistati sul continuum sinistra/destra ha rilevato una certa affinità sui generis fra chi si colloca ‘al centro’, chi non si colloca affatto o è reticente a farlo e chi si dispone fieramente ‘oltre’. L’intelligenza grillina è stata di comprendere che con la crisi dei ‘poli’ il risucchio verso questa strana nebulosa centrista post-ideologica avrebbe interpretato una quota rilevante di un elettorato ‘orfano’ di rappresentazione, esacerbato e incerto fra l’astensione e qualcosa di nuovo. Un centro ‘autonomo’ e intransigente, rivoluzionario, laddove il centro ‘storico’ era una palude incline al mercimonio e al trasformismo. Del resto che i 5S siano interpreti di un nuovo tipo di centrismo è testimoniato dalla fresca evoluzione in direzione di un partito collegiale articolato in correnti che lo fa tanto rassomigliare a una Dc in formato mignon. Un approdo sorprendente (ma nelle cose) se si considerano i caratteri carismatici e giacobini dell’esordio.
Se collocare i 5S come un partito di centro, seppure ubiquo, ha una qualche plausibilità, per chiudere l’equazione resta aperto il problema se ha senso considerare il Pd un partito di sinistra. Moderato e/o radicale, riformista e/o alternativista, ma pur sempre di sinistra. Un problema ancor più intrigante se si considera l’ipotesi bettiniana di fare del Pd il perno di un dialogo bifronte, addirittura con due centri: quello grillino di tipo nuovo e quello ‘tradizionale’ in fieri che potrebbe sortire dall’amalgama di ciò che è compreso fra Renzi e Berlusconi, passando per Calenda e altri nani e ballerine. Sicchè per gestire due centri sarebbe nessaria una sinistra che ne comprende almeno due. Non più una forza ambigue di centro-sinistra, ma una supersinistra al quadrato. That is the question.
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