Autore originale del testo: Alfredo Morganti
“Aprite aprite” è il grido di battaglia. I Cacicchi locali alle prese col Covid.
I “governatori”, come amano farsi chiamare e come vengono chiamati, hanno fatto fuoco e fiamme soltanto per chiudere le scuole. Dopo di che si sono gettati a capofitto nel tentativo di decolorare la loro regione. Voleva dire allentare i cordoni, limitare le restrizioni, aprire impianti ed esercizi che avrebbero catalizzato donne e uomini in pochi centimetri quadrati, nonché indurre progressivamente al liberi tutti in vista del natale con la “n” minuscola (consumi, assembramenti, follia di massa, edonismo diffuso). Nulla di nuovo direte voi. Esatto. Solo che stavolta sappiamo già come andrà a finire, per esperienza. Ossia, con una terza ondata di contagi, che quando verrà produrrà una nuova ecatombe di sofferenze e vite umane.
È altrettanto ovvio che, dopo aver premuto per l’apertura e la decolorazione, oggi, dinanzi agli inevitabili e irresponsabili assembramenti nelle strade dello shopping e dinanzi alla ressa dei consumatori, i “governatori” gridino all’allarme e invochino un intervento. Di chi? Del governo, ovviamente. Voi direte: è la solita manfrina! E difatti è così. Una specie di gioco delle tre carte, per il quale “aprite aprite” corrisponde successivamente al governo cattivo e incapace, che non sa fermare la corsa al casino e alla ressa consumistica. Prendete Cirio, ineffabile “governatore” del Piemonte. “Quello che ho visto ieri in alcune vie a Torino è qualcosa che mi riporta con la mente in estate e non possiamo permettercelo”, pare abbia detto tra un “aprite aprite” e l’altro. “Chiederò al prefetto interventi rigorosissimi” ha minacciato, magari ammiccando alle categorie. Ma benedettuomo, cosa ti aspettavi? Che la gara alla decolorazione si concludesse con la clausura delle persone, o non invece con l’implicito invito ad ammucchiarsi come pecore in strada davanti alle vetrine di natale con la “n” minuscola?
Non so se chiamarla ipocrisia politica. Ma il fatto è questo: le sceneggiate dei “governatori”, questo giocare alla irresponsabilità personale e istituzionale, caricando sempre gli altri di ogni colpa, è il frutto di una stagione politica precisa, quella del mandato diretto e dell’uomo solo al comando. Quella delle primarie che hanno selezionato in modo indecoroso (direi impolitico) il personale politico. Quella di cittadini che eleggono al comando una persona di cui non sanno nulla e che spesso sorge da un nulla sociale e culturale, senza nemmeno l’ausilio di un po’ di mediazione istituzionale a corredo. Una stagione politica che riteneva di creare più responsabilità, perché diceva di votare un uomo, al quale accampare ogni onere. Ma che ha prodotto invece una caterva di irresponsabilità, perché il Cacicco di turno (Sindaci compresi) ha visto bene di scaricare sempre sugli altri tutti gli oneri, cavando per sé solo gli onori, e ha giocato soltanto al proprio tornaconto politico, fungendo da sindacato territoriale o da rappresentante di commercio delle categorie più rabbiose.
Se non si pone mano a tutta questa roba, e non si ritorna all’idea che debbano essere le Assemblee elettive la vera base politico-istituzionale territoriale, e dunque la rappresentanza e i partiti, questo gioco delle tre carte non finirà mai, sino allo sfacelo democratico totale. Non esagero a dire che una buona fetta percentuale di contagi Covid dipende senz’altro dal sistema del mandato diretto che abbiamo scelto per gli enti locali e le regioni, e dall’ideologia dell’uomo solo al comando, vera svolta antipolitica della politica italiana. “Aprite aprite” è il grido di battaglia di questi eroi piccoli piccoli che fanno i Ras locali e che giocano in proprio, senza nemmeno considerare il concetto di rappresentanza e i partiti che dovrebbero esprimerla. Parliamoci chiaro, dunque: la Seconda Repubblica, in fondo è questa roba qui. La Prima Repubblica era composta da giganti, a confronto. Più di qualcuno dovrebbe fare adesso mea culpa, se non altro per decenza personale. Ma so già che non sarà così. Ve lo ricordate quello del “Sindaco d’Italia”? Quello che voleva la legge dei Sindaci come legge politica nazionale? Beh, ancora calca l’avanspettacolo politico e sproloquia con accento toscano. Dunque, di che parliamo?


