Autore originale del testo: Alfredo Morganti
La libertà di stampa minacciata da se stessa
‘Reporters senza frontiere’ anche quest’anno ha stilato la classifica della libertà di stampa. L’Italia si è piazzata 41esima. Ultima delle nazioni europee più illustri. Si dirà, poveri giornalisti pressati dal potere politico! E invece, se questa spiegazione potrebbe essere valida per uno Stato a democrazia limitata, non può esserlo per il nostro Paese. Ce li vedete voi i politici che minacciano i giornalisti, imponendo le loro veline? Io no, francamente.
La lettura deve essere un’altra. Io credo che i limiti alla libertà di stampa e al diritto di informazione non vengano, per lo più, dall’esterno delle redazioni, semmai dall’interno. Dalle proprietà. Formate in massima parte da editori “impuri”, che investono sull’informazione e sui media per trarne vantaggi in termini di “propaganda”, diciamo così. È palese il caso del gruppo Repubblica-Stampa-L’Espresso, passato di mano alla vigilia o quasi del Recovery e comunque in vista di battaglie a uso del gruppo. I giornali e i media in genere sono per lo più appendici degli uffici stampa aziendali, accettano il ruolo di house organ, si cimentano nel lavoro di appoggio delle forze sociali ed economiche che rappresentano. Sono espressione quasi lineare dei poteri finanziari, imprenditoriali, di ceto, territoriali. La libertà di stampa è limitata in massima parte da questa appartenenza. I giornali non sono cani da guardia della democrazia, ma delle imprese madri e dei loro interessi.
D’altronde, pensateci. Il 90% circa della stampa nazionale sostiene Draghi. Anzi: ha appoggiato la campagna di defenestrazione del vecchio premier Conte. Una falange informativa che dà un’idea, appunto, del grado di autonomia professionale e della libertà dell’informazione vigente. I principali giornali italiani sono tutti schierati col grande capitale italiano e con la finanza (Corriere, Repubblica, Stampa, Sole 24 Ore); a questi andrebbero aggiunti i quotidiani di destra neocon, che, secondo lo spirito americano reazionario-conservatore, fanno battaglie ideologiche a prescindere, anche in malafede E non parliamo della tv e dei talk show: orientati alla costruzione dell’audience piuttosto che servitori dello spirito informativo. Sapete che vi dico? Che alla fin fine, mi sa che la classifica di ‘Reporters senza frontiere’ è stata sin troppo buona con noi. Davvero.


