Il gioco delle bandierine e la ciliegia che fa da ripetitore

per Alessandro Rossi
Il gioco delle bandierine e la ciliegia che fa da ripetitore.
Secondo me cominciano sul serio a preoccuparsi. Dico: il mondo delle imprese, i loro giornali, tutta la corte di intellettuali organici ed editorialisti che fanno riferimento a quel mondo. Cominciano a temere che il soldato Draghi non li salvi, o lo faccia comunque in extremis, e quindi col batticuore finale. Si fa interprete oggi di questa paura il Foglio, con un articolo in prima pagina firmato da una ciliegia. Ovviamente, il giornalista si è scelto Bonomi come mentore ispiratore, riportando a inizio articolo (e poi alla fine) le parole del Capo della Confindustria: invece che pensare al destino del PNRR, “ci si concentra più sul gioco della bandierine”. Modo molto colorito per dire: “vicende democratiche”. Tra le bandierine, difatti, Bonomi elenca il turno amministrativo, l’elezione del Quirinale, il dibattito politico in sostanza: segmenti essenziali di una democrazia moderna, senza i quali ci si ridurrebbe a essere ragionieri del padrone in brache bianche e custodi delle sue palanche. Quelle bandierine lo disturbano, perché vorrebbe che tutte le menti si industriassero sui soldi europei, e non facessero altro. Se la meritino la pagnotta, sembra dire.
L’estensore dell’articolo specifica quali sarebbero i pericoli posti dinanzi alla buona riuscita del PNRR: 1) la lentezza del Parlamento, “aula sorda e grigia” pare di sentir dire; 2) la burocrazia gaglioffa (ma questo è un classico della borghesia italiana); 3) la necessità di “binari preferenziali” per i progetti in campo. Velocità e binari preferenziali, dunque, da scagliare contro la zavorra della P.A. Di qui la necessità delle riforme “che il Paese attende da trent’anni”! Riforme che velocizzino, aprano binari speciali, ammorbidiscano la burocrazia (leggi: controlli). E rendano lo spazio tra il mondo delle imprese e i fondi del PNRR più “disintermediato” possibile. II gioco della bandierine (in breve la democrazia) rende questo spazio troppo affollato di soggetti che vorrebbero dibattere e rendere trasparenti le procedure. Quello andrebbe circoscritto, al limite azzerato. L’ideale, per loro, sarebbe passare dallo stato d’eccezione solo momentaneo a una stato d’eccezione permanente, o almeno sinché non finiscono i soldi. Dopo di che, alla democrazia, se proprio ci tengono, si presenterà il conto finale delle spese.
Il giornalista si affida a una dichiarazione di Francesco Giavazzi per indicare quale sia, in sintesi, il punto vero: il rapporto tra pubblico e privato in Italia. “Se questo rapporto va male il piano non lo finiamo”. Sarebbe da rispondere: avete smontato la P.A., almeno a partire dalle leggi Bassanini, e oggi pretendete che sia “veloce” come Flash? Ci basti però tradurre la locuzione “rapporto tra privato e pubblico” in questo altro modo: “rapporto tra chi si avventa sui fondi pubblici e chi dovrebbe, invece, scansarsi per agevolare il gesto”. Questo chiedono a Draghi: di scansarsi, di agevolare l’arraffamento, di veder mutato in bonus e agevolazioni il grosso dei fondi europei, di immaginare i loro progetti come ratifiche dinanzi a cui il pubblico dovrebbe d’embleé inchinarsi. Come se i servizi sociali, quelli formativi, quelli sanitari, la cura, l’assistenza, i beni di comunità, lo spazio pubblico, in breve ciò che ci rende un popolo e non solo la sommatoria di tanti arraffatori in servizio permanente effettivo, non esistessero affatto. “Le procedure per scaricare a terra le risorse siano rapide ed efficaci”, così comanda Bonomi, e così riferisce l’articolista, quasi senza metterci penna. “Scaricare a terra le risorse”, espressione forte, grossolana, che fa il paio con l’altra: “gioco delle bandierine”. La pesantezza di quelle e la leggerezza di queste la dice lunga su quel che conti davvero per Lor Signori quando vedono tante risorse pubbliche tutte assieme e solo da arraffare. Roba pesante, risorse, soldi, sghei, potere, fatturato, profitti, altro che quelle cazzo di bandierine.
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