Autore originale del testo: Fausto Anderlini
La voce del cretino
L’altra sera mi è capitato di ascoltare tratti del ‘sermone’ di Damilano in quella presa per il culo che è Propaganda Live. La replica che vorrebbe essere di sinistra autentica di Striscia la notizia. More solito se l’è presa con D’Alema, svillanneggiandolo e maramaldeggiando a più non posso, of course a pagamento, dal pulpito televisivo del Cairo. Pietra dello scandalo l’articolo di D’Alema per Italiani Europei dove, fra l’altro, si perora un Presidente ‘donna’ e si critica il presidenzialismo surrettizio da taluni invocato.
Per il Damilano citare la ‘donna’ senza farne il nome sarebbe prova di ‘maschilismo’. La donna senza volto, evocata da tantissimi (quel celebrato marpione di Cassese fra i primi), suggello di un’alta sensibilità civile e che in D’Alema sarebbe invece la verifica del suo bieco strumentalismo.
Così come prova di meschina improntitudine sarebbe la critica del presidenzialismo dalla via che proprio D’Alema alla Bicamerale fu alfiere del semipresidenzialismo alla francese.
Qui non è luogo per replicare che quella proposta (ancorchè errata e meritevole di autocritica) era avanzata nel quadro di un accordo generale, bipartisan, di riforma del sistema motivato dalla necessità di razionalizzare la ‘seconda repubblica di fatto’, ovvero surrettizia’.
Ciò che importa è piuttosto sottolineare l’acredine diffamatoria e insultante con la quale il Damilano marchia una discussione altrimenti politicamente normale. Pesa su di lui, evidentemente, quella definizione di ‘cretino’ che D’Alema, ispirato da una mera istanza di obiettività, gli affibbiò durante una comparsata televisiva animata dallo stesso empito accusatorio di qualche tempo fa.
Personalmente trovo questo Damilano letteralmente disgustoso. Con quella faccia e quel modo di presentarsi a metà fra un parroco sermoneggiante e l’intellettualotto moralisteggiante autorizzato dalla lettura di qualche libro. Il piccolo maitre a penser pieno di sicumera, con quell’aria irenistica da giovane parrocchiano allevato da Don Milani, mi ricorda certi leader studenteschi del ’68 che venendo da buone famiglie borghesi processavano il revisionismo dei comunisti. Imbecilli intrisi di presunzione e falsa coscienza, che però erano almeno in buona fede non essendo pagati dai padroni.
Ricordo adesso quando un anno orsono il nostro, giacca a vento, blue jeans e zainetto in spalla, si faceva riprendere (sempre dalle stesse emittenti) mentre infervorava le assemblee dei migliori licei della capitale dove si denunciavano Conte e l’Azzolina rei di violare, con il lokdown, il diritto costituzionale all’istruzione. Adesso dice l’opposto e sermoneggia contro i no pass, ma ha sempre lo stesso zainetto in spalla. E la stessa faccia come un culo. Questa si vera prova di coerenza.


