Il virus renziano

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Il virus renziano
Ma il PD è davvero guarito dal virus renziano? È questa la domanda che mi faccio da tempo. Ben prima che Massimo D’Alema ne certificasse l’avvenuta guarigione. Non ho capito, peraltro, la polemica di Letta contro le parole dalemiane: un PD guarito dovrebbe essere semmai una buona notizia, una notizia benaugurante, non tale da esserne scandalizzati. Che il PD fosse (sia ancora?) preda di convulsioni para-renziane non lo inventiamo oggi, ma ne abbiamo preso atto da anni. Letta, da parte sua, è quello dello “stai sereno”, quello che fu defenestrato da un giorno all’altro proprio dal virus che oggi nega sia mai esistito. E perché lo fa? Per l’ambizione di costruire il “grande” PD, probabilmente, dove dentro vi sia di tutto un po’, come se l’abbondanza degli ingredienti possa garantire un ottima pietanza. Oppure perché, senza più la politica di una volta, l’unica strategia possibile è quella di adunare tatticamente più “spezzoni” possibili sotto un’unica bandiera.
Non c’è niente di peggio, in politica come nella vita, che far finta di nulla. Letta, appunto, sembra proprio far finta di nulla e sembra sacrificare gli insegnamenti della storia (trattandosi di Renzi, della cronaca) alle convenienze immediate di partito (anzi di “raggruppamento”). Vallo a spiegare alle tante donne e uomini di sinistra che non votano più (e sono tanti) che Renzi non era così malaccio, che merita di essere anzi difeso, e che il PD non si è mai piegato al virus, anzi che il virus stesso non è mai esistito dopo che Letta stesso ne ha subito, tra i primi, le conseguenze. Vallo a dire che la rottamazione non era una patologia politica.
Non sono d’accordo con D’Alema, quindi: il PD purtroppo è ormai un malato endemico, fragile nella costituzione, debole nella struttura, incerto nella identità, suddiviso in clan. Sarebbe stato meglio lavorare per tempo alla rifondazione unitaria della sinistra e delle sue organizzazioni, a cui avrebbero dovuto partecipare per primi anche gli iscritti e i militanti del partito democratico, piuttosto che discutere della sua malattia o della sua sanità. Anche perché, il fatto che Letta stia lì a negare anche l’evidenza, non è affatto un segno di guarigione. A me questa sembra, anzi, una nuova evoluzione della malattia. O almeno un suo pessimo effetto collaterale. Mai essere buonisti col renzismo, peraltro. Prima o poi ti rifila una zampata.
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