Autore originale del testo: Alfredo Morganti
L’implosione politica e l’elezione del Presidente. Quale la causa, quale l’effetto?
C’è una tesi prevalente, fatta propria, irriflessivamente, soprattutto dai media. Quella per cui la rielezione di Mattarella avrebbe messo in crisi la politica e prodotto un’implosione che avrebbe riguardato in primis il centrodestra, poi i 5stelle, e infine un po’ tutti “i partiti” e gli schieramenti. Ancora una volta la Presidenza della Repubblica è rappresentata come uno scudiscio contro la politica (come fu già per l’elezione di Napolitano), come l’istituzione che si gioca contro la rappresentanza, ancor più dell’esecutivo. Forse perché è la più “a-partitica” di tutti (così almeno viene letta da certi intelligentoni). La domanda è: per davvero è questa la sequenza dei fatti? Per davvero l’ordine di causa/effetto è questo?
A me non sembra. Anzi, io direi che la rielezione di Mattarella è l’effetto di una “neutralizzazione” della politica che in questi mesi ha travolto il Paese, a partire dalla defenestrazione di Conte, e cioè di un governo politico, anzi politicissimo. Adesso stiamo pagando prezzo. Il draghismo non poteva passare sulle nostre schiene senza lasciare traccia, la politica non poteva essere defenestrata così, in quel modo tranchant, senza che ne pagassimo dazio. La rielezione di Mattarella (posto che ho salutato questa rielezione come uno scampato pericolo), ossia l’impossibilità che abbia avuto corso una normale dialettica parlamentare alla ricerca di un Presidente garante della Costituzione che non fosse, appunto, chi aveva già occupato lo scranno per sette anni, dipende dalla crisi della autonomia dei partiti, dalla crisi della rappresentanza, dalla mazzata inferta al sistema lo scorso anno, dai potentati economici che hanno deciso di autorappresentarsi per evitare un brutto scherzo sul PNRR.
Com’è possibile far funzionare normalmente una democrazia rappresentativa se ci troviamo in uno stato d’eccezione? Se la democrazia la si prende a scudisciate per ragioni di gretti interessi di classe? C’era davvero qualcuno che pensava di salvare capra e cavoli? Ossia di cacciare Conte senza pensarci troppo, e poi di andare a eleggere il Presidente in un clima normale, offrendo una rosa di nomi su cui si trattasse solo di convergere? Davvero si riteneva che fare strame delle istituzioni democratiche per ragioni di superbonus e di sgravi alle imprese, non provocasse danni, non ci mettesse in braghe di tela (e si è visto quanto)? Io ancora mi meraviglio delle nostre classi dirigenti, visto che continuo a stupirmi dei danni che provocano quasi noncuranti nella carne viva della democrazia.
Non so se ci avete fatto caso. Ma da mesi (anni?) mi arrabbatto contro l’antipolitica, in difesa delle istituzioni democratiche, del Parlamento e del sistema dei partiti, ritenendo che non si tratti di sostenere semplicemente una parte politica, ma di pretendere e impegnarsi affinché le condizioni e le articolazioni del gioco democratico siano valide ed efficaci per tutti. Mi comporto e mi rappresento come un liberale, quando invece resto un modesto comunista berlingueriano, che vorrebbe occuparsi della sua parte politica in primo luogo (anche se so che, anche in condizioni di normalità, la democrazia deve restare il primo pensiero). Mi muove la consapevolezza che non c’è nessuna sinistra democratica possibile in assenza di una democrazia rappresentativa partecipata e funzionante, vicina, anzi vicinissima alla società e all’opinione pubblica. Ma anche questo è il segno che siamo messi davvero male. Che viviamo un’eccezionalità. Io almeno lo interpreto così.


