Utopie nell’antichità: l’Età dell’oro

per Nicholas Dematteis

L’età dell’oro era un tempo mitico di prosperità e abbondanza. Secondo le leggende, durante l’età dell’oro gli esseri umani vivevano senza bisogno di leggi, né avevano la necessità di coltivare la terra poiché da essa cresceva spontaneamente ogni genere di pianta. Non esisteva la proprietà privata, non c’era odio tra gli individui e le guerre non flagellavano il mondo.  Altre quattro ere si sarebbero succedute all’età dell’oro in ordine cronologico: l’età dell’argento, l’età del bronzo, l’età degli eroi e l’età del ferro. Tale involuzione della condizione umana imposta da Zeus è dovuta alla creazione, ad opera degli dei, di Pandora, la prima donna, donata all’uomo perché fosse punito dopo aver ricevuto dal Titano Prometeo il fuoco, rubato da quest’ultimo agli dei. Qua possiamo ritrovare la prima somiglianza con la tradizione biblica, dato che Pandora ha un ruolo simile a quello di Eva nei testi biblici: come quest’ultima, a causa del peccato originale, nega all’uomo la vita felice nell’Eden, così Pandora apre un otre nel quale erano segregati tutti i mali che durante l’età dell’oro erano sconosciuti dagli uomini.

L’età dell’oro è dunque l’età utopica per eccellenza, che si può anche intendere come paradiso terreste scritto nella bibbia grazie ai notevoli parallelismi che vi si ritrovano ( per esempio il precedentemente citato tra Pandora ed Eva). Non esistono dolore, fatica e tristezza, non esiste guerra e tutti vivono in pace e felici, puri senza bisogno di nient’altro. L’età dell’oro è quindi l’utopia per eccellenza. Innumerevoli sono gli autori che ce ne parlano: dai classici greco -romani, all’Antico Testamento, dai Filosofi Neoplatonici ai Maghi del Rinascimento per finire al romanticismo tedesco di Holderlin fino a Dostojeskij. E’ al poeta Esiodo che si deve la prima elaborazione di questo mito narrato ne ”Le opere e i giorni” e poi ripreso da Virgilio nella quarta delle Bucoliche (42-39 a. C.). Virgilio del resto rappresenta Saturno ( il creatore di quest’epoca )  ed il suo regno dell’oro come Augusto ed il suo regno di pace, dato che è l’unico periodo in cui si può ritrovare un’utopia realizzatasi nel mondo reale. Il comune denominatore di questi racconti riguarda luoghi (isole beate nell’Atlantico nelle opere più recenti, poi generalmente l’Arcadia in Grecia) ricche di prati, fiori, ninfe e satiri, frutti offerti dalla natura, amore spontaneo. Si tratta di un’ utopia nostalgica e retrodatata, di origine letteraria e mitologica che parla di un’età caratterizzata dalla perfetta unione ed armonia tra l’umano e il divino. Un tempo remoto in cui all’uomo era dato vivere in maniera simile agli dei, libero da ogni necessità, esente da tristezze e dolori. L’età dell’oro è un’epoca anteriore al tempo inscritta in una meta storia costituita di un eterno presente felice. Quando Platone, nel Timeo e nel Crizia descrive una Atene felice, egli non pensa ad una città futura, ma a quella fu novemila anni prima ed il cui segreto è perduto nel tempo. In questo caso il rimpianto per il paradiso perduto si ricongiunge con il tema di utopia. Utopia che è legata al ricordo di un passato leggendario, dal valore fondante e fondativo. Il ricorso ad un tempo immaginato e non storico è spesso costitutivo di questo pensiero. Esso legittima teorie e dogmi che stabiliscono le condizioni razionali per giustificare progetti sociali, soluzioni politiche o morali, altrimenti insostenibili.

Quest’utopia trae così forza dal mito e cerca in esso il proprio fondamento. Come a dire che per sognare il futuro ideale è necessario trarre ispirazione da un passato ideale.

L’età dell’oro riguarda quindi una mitica infanzia dell’umanità caratterizzata da un tempo eterno che si contrappone a quello storico degli uomini. Un tempo situato all’inizio e al di fuori del divenire. L’età dell’oro è il luogo ideale delle metamorfosi, dove nulla è ancora stabilizzato, nessuna regola ancora promulgata, nessuna forma ancora fissata, dove gli uomini si trasformano in animali e viceversa, dove l’universo è eterno. L’età di Saturno e di Crono dove convivono gioia e dolore, luce e tenebra all’unisono, senza distinzioni tra essi, rendendo dunque anche il dolore e le tenebre, che oggi vediamo come un qualcosa di negativo, positive. Fare ritorno a questo periodo dell’umanità significa ritrovare una sacra unità con il cosmo, ristabilire il legame con l’universo favoloso, con l’al di là, con gli antenati; liberarsi dalla legge morale che ci impone il vivere adulto. Questo mito è un richiamo all’infanzia come preistoria della vita nella quale si vive l’ebbrezza di un contatto profondo con la natura, un sentimento di comunione con il tutto, è la fase della vita nella quale non siamo ancora incorsi nell’assunto heideggardiano dell’essere per la morte.

Si tratta del cosmo animato dalla presenza del dio e di una natura vivente, consapevole e partecipe delle vicende umane. Questo mito parla di una alleanza tra uomo e natura che è in antitesi con la divisione esistente a livello storico. L’età dell’oro è precedente alla cacciata dall’Eden e quindi alla storia umana, la storia più dolorosa, che avanza attraverso guerre e sofferenze, e del resto viene ancora oggi studiata attraverso queste. In questo tempo immaginato l’alleanza tra uomo e dio non è ancora stata infranta; quindi non si partorisce nel dolore e neppure si muore tra sofferenze. Non c’è morte, né inizio né fine.

 

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