Né un uomo né un soldo. E nessuna tuta mimetica. Solo jeans e maglietta.

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Né un uomo né un soldo. E nessuna tuta mimetica. Solo jeans e maglietta.
C’è una tesi che va per la maggiore, della quale Ezio Mauro si è fatto paladino e che esercita una certa suggestione anche in molti amici di ascendenza radico-democratica. Cioè la tesi che riduce la guerra Russo-Ucraina allo scontro fra democrazia e autocrazia come sistemi incompatibili. Putin, così si dice, avrebbe invaso l’Ucraina per impedire che il germe della democrazia possa raggiungere Mosca per la porta principale di Kiev, facendo così perire il suo regime. Una tesi, a mio vedere, tanto ideologica quanto stupida, che non permette di vedere la natura inter statale, inter nazionale e inter imperiale del conflitto. E che porta dritto dritto a conseguenze estreme, oggi Mosca, domani Pechino per la via di Taipei, come ieri Bagdad, Kabul ecc. ecc.
Tanto per chiarire. Anche restando alla comparazione dei sistemi bisognerebbe osservarne le fattezze concrete piuttosto che perdersi nelle idealizzazioni e nelle astrazioni indeterminate che non spiegano nulla.
Dopo il crollo dell’Urss e dell’egualitarismo sociale che ne costituiva l’anima (come socialismo di Stato) la Federazione russa è evoluta a tutti gli effetti come una società capitalistica di mercato. Sebbene questo sia avvenuto nelle forme primitive e miste che il contesto d’origine consentiva, lo ‘stile di vita’ che ha preso piede a Mosca non ha nulla di diverso da quello occidentale. Gorbaciov fece da sponsor a Pizza Hut e se oggi McDonald prende la via dell’esilio è per ritorsione dell’occidente (chiamiamolo così) e non la conseguenza di un rifiuto dei russi a mangiare gli hamburger o di un ukase di Putin. Anche Mosca veste Prada e fa sorridere che a Putin venga rinfacciato di usare un bel piumino di marca come prova di colpevolezza.
Analogamente, sebbene un tanto al chilo, se non tonnellata, la Russia è una nazione formalmente democratica: ci sono partiti ed elezioni, più o meni libere e non v’è dubbio che Putin, col suo partito, goda del consenso della maggioranza della popolazione. Non è certo un sistema a partito unico mentre il potere economico è nelle mani di una oligarchia che potrebbe al caso cambiare cavallo. Né più né meno di quanto è nelle disponibilità delle ‘élites’ finanziarie del ‘mondo libero’. Sebbene molti elementi dello Stato di diritto, con le sue autonomie funzionali, specie a difesa delle minoranze, siano assenti o malformati. Per quanto gli elementi di cesarismo siano palesi, parlare di autocrazia neo-zarista non ha comunque alcun senso. Più proprio parlare di una ‘democratura’ a vocazione autoritaria dove il mix fra oligarchia, cesarismo, democrazia ha un range di variazione abbastanza ristretto.
Per nulla paradossalmente gli elementi di affinità e convergenza con le ‘democrazie occidentali’ sono prevalenti rispetto alle diversità. Monopolio dei media, prevalenza delle oligarchie economico-tecnocratiche sono tratti salienti vieppiù marcati nelle società occidentali, sebbene i ‘diritti civili’ di carattere individuale occupino grande spazio. In quanto non confliggenti con l’equilibrio di potere. I ‘trenta gloriosi’ con il loro pluralismo ideologico e la loro vocazione alla ‘cittadinanza sociale’ sono stati un episodio circoscritto, determinato dalla vittoria sul nazismo e dalla ‘concorrenza’ instaurata dal socialismo sovietico. Le tendenze innescate dall’onda neo-liberista hanno decretato la fine delle democrazie rappresentative basate sui partiti e delle economie miste a supporto. Anche gli elementi ‘cesaristici’ hanno preso piede nella cultura politica occidentale (si pensi qui da noi al ‘culto di Draghi’ come super-uomo) sebbene più come adeguamento simbolico della fiction ‘populista’ che nei fatti, sorta di civetteria putiniana, giacchè le fila del potere reale sono saldamente nelle mani delle tecno-oligarchie finanziarie e della dominante coalizione di interessi.
In luogo di un contrasto irriducibile fra due forme politiche antipodiche, autocrazia e democrazia, parlerei di realtà disposte su un continuum dove le differenze sono marcate dalla diversa composizione del mix autoritarismo/e liberalismo. In sintesi forme diverse di ‘democratura’. Si potrebbe fare una ceck list e misurare convergenze e divergenze al dettaglio delle democrature (l’Italia ad esempio ha un sistema mediatico che non lo colloca a molta distanza dall’Uganda….)
Oggi, in un editoriale, Carlo Galli si sofferma sulla pericolosità del carattere mistico-religioso del ‘putinismo’, La ‘Terza Roma’, additivo che renderebbe la ‘democratura’ russa intrinsecamente aliena alla separazione Stato-Chiesa che invece impronta le ‘democrazie’ occidentali. Tuttavia trattare il caso russo alla stregua delle teocrazie islamiche (come la repubblica iraniana) o delle nazioni a base confessionale (come Israele, l’Arabia saudita e gli Emirati) è una forzatura palese. La narrazione religiosa è un additivo ricorrente negli stati nazione, impregna ad esempio la politica americana dove non c’è nessun presidente che possa proclamarsi ‘ateo’ (lo stesso Obama ne ha tentato di ogni per sottrarsi al sospetto, mentre sino a Kennedy il monopolio protestante era indiscusso). Noi, nel nostro piccolo, abbiamo un inno che celebra l’elmo di Scipio, cioè i fasti pagani dell’Impero romano, e Iddio come creatore della nazione.. E’ vero che l’Europa ha rinunciato a rivendicare l’identità cristiana come fondamento identitario, ma solo perché ha trovato nell’equiparazione fra nazismo e comunismo (cioè nell’anticomunismo russofobo) la determinazione migliore a sostegno del proprio innato economicismo. Avendone ben d’onde essendo il comunismo uno dei tanti sottoprodotti , forse il più rilevante, come ben sapeva Wojtila, del cristianesimo.
Se proprio si deve tentare una classificazione della Russia oggi propenderei per un profilo che la configura come un caso di impero-nazione, vero punto di frattura rispetto alla forma sovietica, in sé intimamente multinazionale. Per quanto uno Stato territorialmente immenso, in qualche modo paragonabile alle nazioni-impero occidentali, come Francia e Inghilterra dopo la decolonizzazione. Cosa che rende il nazionalismo russo comprensibile, e dunque trattabile, tanto quanto inficiato da pericolose tendenze. Del resto gli inglesi (vedasi l’attuale premier capelluto) non hanno mai rinunciato a far uso delle cannoniere nei paraggi del Commonwealth anche dopo aver perso i dominions d’oltre-mare.
In un altro editoriale Tremonti, nel suo ondivago romanticismo che lo ha portato prima a sostenere il secessionismo leghista, il liberismo e poi il sovranismo nazionalista, riconosce nel nazionalismo ucraino un tratto ‘risorgimentale’ ottocentesco. Una nazione in lotta per sottrarsi al giogo imperiale dello straniero, qui rappresentato da un decrepito impero zarista, come già quello austro-ungarico e Ottomano. Già tanto che non inviti a una guerra di Crimea per migliorare il rango dell’Italia come già fece Cavour nella sua epopea risorgimentale (esempio che mi sembra calzante come mai).
La Patria come coincidenza di sangue, lingua e territorio. E c’è del vero. Senonchè di Ucraine ce ne sono almeno due e dopo Maidan una ha cercato di soverchiare l’altra, anche con qualche pogom (come a Odessa e nel Dombass) come prova del sangue. La rivendicata identità nazionale ucraina della quale Zelensky è latore non è multicomprensiva, ma reattiva, cioè antirussa. Come tale ‘chiusa’ in un sé esclusivo tanto quanto vorrebbe celebrarsi come ‘cuore’ dell’Europa, cioè democrazia universale. In Ucraina i partiti comunisti sono da tempo fuorilegge ed è di questi giorni la notizia che sono stati messi fuorilegge tutti i partiti in odore russofonico. Visto il destino occorso al banchiere mediatore freddato con un colpo alla, nuca seduta stante c’è da dubitare che chi cade in sospetto venga trattato coi guanti chirurgici dello stato di diritto. Del resto sin da subito si è parlato di incursori scovati nelle retrovie e passati per le armi..C’è da credere che potessero anche essere scriteriati manifestanti filo-russi. Non è mistero (e Israele ha buona memoria) che oggi l’Ucraina rivendica fra i suoi padri ispiratori personaggi sanguinari filo-nazisti che hanno zelantemente collaborato all’olocausto ebraico. Un tratto che si ritrova spesso in molti paesi dell’Est (basta fare l’esempio dell’eroicissima Lituania, per non dire di Slovacchia, Ungheria e Romania…..).
Siccome non sono né russo né greco-ortodosso e vengo dal comunismo italiano non ho nessun motivo per professarmi putiniano, pur avendo in grande stima il popolo russo. Ma men che meno posso nurtire alcuna simpatia per il neo-nazionalismo ucraino. Trovo aberrante che oggi il parlamento sovrano del mio paese si presti a una blasfema comparsata propagandistica, derogando dal principio dibattimentale e argomentativo che ne delimita la sacralità democratica. In Europa sì, nella Nato forse (c’è davvero molto da discutere), neanche con Putin, certo per l’assistenza ai profughi e per la protezione delle popolazioni civili, ma certo non con i guerrafondai del fallace e sinanche odioso suprematismo della ‘civiltà occidentale’ e men che meno con la ‘nazione ucraina’ tal quale si presenta. Sto coi deputati che hanno deciso di disertare la messa in scena. Essi sì la ‘minoranza’ (ma è poi vero che tale sia nel popolo italiano ?) che funge da salvaguardia della democrazia autenticamente liberale. Disertori della guerra, cioè cittadini del mondo e della nostra patria costituzionale nata dalla resistenza che ripudia la guerra (ogni paragone fra le brigate Garibaldi, Matteotti e cattoliche e l’esercito ucraino è da ripudiare col lanciafiamme….). Né un uomo né un soldo per la sporca guerra.
E questo, per quanto eccedente lo standard, è il mio e il nostro Ander-Mauthe pensiero del giorno. Pensiero dall’abbazia clandestina, pensiero da resistenti alle boiate come ai boiardi.
Babelezon bookstore leggi che ti passa

Articoli correlati

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.