Fonte: Limes
Il giro di telefonate sulla guerra d’Ucraina
Nella giornata di ieri, diversi capi di Stato e di governo si sono sentiti al telefono nel tentativo di raggiungere un cessate il fuoco in Ucraina, di ottenere un sostegno economico/militare maggiore o di appianare divergenze legate alle reciproche misure sanzionatorie. Il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha chiamato l’omologo degli Stati Uniti Joe Biden; il cancelliere della Germania Olaf Scholz ha contattato il presidente della Russia Vladimir Putin, sentito poi anche dal premier italiano Mario Draghi in una telefonata di 45 minuti.
Perché conta: Il fatto che il dispositivo diplomatico sia gestito in prima persona e senza intermediari dalle massime cariche esecutive rivela quanto grave sia la crisi politico-militare nel Vecchio Continente.
Nel più ampio confronto tra Stati Uniti e Russia, la Casa Bianca conferma il proprio supporto militare e finanziario all’Ucraina (altri 500 milioni di dollari all’erario di Kiev), mentre il Cremlino risponde implicitamente a distanza improvvisando esercitazioni militari con missili intercontinentali per il nucleare strategico nell’oblast’ di Orenburg. Se Washington è disposta a condurre una lunga guerra per procura contro Mosca per mezzo di Kiev, i notabili moscoviti si mostrano altresì pronti a infrangere il tabù nucleare.
Nella più ampia crisi economica ed energetica tra Europa occidentale e Federazione Russa, il cancelliere tedesco Scholz alza la voce tacciando come “violazione contrattuale” la decisione di Putin di accettare dai “paesi ostili” solo pagamenti in rubli per le forniture di gas. A differenza di altri paesi del continente, a causa della sua posizione geografica, la Germania vanta minore capacità di diversificazione delle fonti energetiche. Oggi il Cremlino ha confermato in via ufficiale che dal 1° aprile potrebbe essere sospesa l’erogazione di idrocarburi verso le nazioni renitenti all’impiego della valuta russa: «Nessuno ci vende niente gratis e noi non faremo la carità».
Nelle sue telefonate e nei discorsi pubblici, il primo ministro Draghi tende a ripulire l’immagine dell’Italia di paese ambiguo quando si tratta di legami con la Russia: quando il gioco si fa duro, il Belpaese sceglie di stare a fianco dell’America nonostante le affinità/simpatie che legano russi e italiani. Di qui la posizione ferma e asciutta del premier, che a differenza del cancelliere tedesco tende in questa fase ad anteporre le questioni securitarie alle faccende economiche. «Presidente, parliamo di pace», avrebbe esordito Draghi nella telefonata di ieri, riferendo però in conferenza stampa che «per Putin le condizioni per un cessate il fuoco non sono mature».


