Odessa in tre elementi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Greta Cristini
Fonte: Limes

Acqua, aria e terra per capire l’attuale condizione della perla del Mar Nero, decisiva per la difesa ucraina come per l’invasione russa. Il racconto dal campo.  

Odessa in tre elementi

Acqua

Odessa, il porto più importante dell’Ucraina, è una baia minata cui è impossibile accedere. I pochi fotografi che hanno avuto la fortuna di scattare furtivamente qualche istantanea prima dell’attuale divieto dei militari mostrano trincee in via di costruzione per tutta la spiaggia che costeggia la città.


Le uniche sabbie ancora avvicinabili sono quelle di un ex yacht club, ora trasformatosi in centro di raccolta e distribuzione degli ormai celebri sacchi bianchi che aiutano a fortificare gli innumerevoli posti di blocco e che ricoprono i monumenti simbolici della città: la statua di Caterina II, Grande Imperatrice di Russia, e del Duca Richelieu, governatore di Odessa, sono ora due piramidi di sabbia.


Benché tenga a mostrarsi fiducioso della resistenza di Odessa che “non capitolerà”, Dmytro, un volontario del centro ex yacht club, sa bene che scrutando il mare non potrà più avvistare imbarcazioni battenti la bandiera giallo-azzurra dell’Ucraina.


Da circa un mese navi (almeno una quindicina, stando alle notizie che circolano) e sottomarini russi accerchiano la baia, aspettando l’evolversi dell’assedio via terra. I pescatori che ancora si spingono al largo dicono di sapere che in profondità, a qualche metro di distanza, dorme a occhi aperti un sommergibile russo.


Le acque al largo della città non sono più nella disponibilità ucraina dal primo giorno del conflitto, il 24 febbraio, quando i russi hanno preso il controllo dell’Insula Serpilor. L’Isola dei Serpenti ha una superficie insignificante (0,17 chilometri quadrati), ma una posizione geografica molto interessante: situata a 45 chilometri dalle coste di Romania e Ucraina, controllarla è sufficiente per impedire qualsivoglia collegamento navale tra i due Stati.


L’Isola dei Serpenti non solo emargina il porto attraverso il blocco navale, ma tiene sotto scacco la base aerea Nato Mihail Kogălniceanu, vicina a Costanza, in territorio romeno. In prospettiva, sarà fondamentale per agevolare un ponte aereo tra Sebastopoli in Crimea e Tiraspol in Transnistria. Ad oggi, è sufficiente per strangolare l’economia ucraina, poiché dal porto non partono più le navi mercantili cariche di grano dalla cui esportazione dipende parte del prodotto interno lordo del paese.


Eppure, secondo autorevoli fonti militari locali, uno sbarco anfibio da parte russa sarebbe “una missione suicida”. Mari e spiagge sono un campo minato da entrambi gli schieramenti. Per questo motivo, le forze di Mosca non hanno ancora compreso come attraccare in maniera sicura.


Il controllo di Odessa rappresenterebbe il compimento della strategia russa sul campo meridionale, in quanto agevolerebbe lo sbocco sui mari caldi, la costituzione di fatto di un lago nella disponibilità di Mosca, la conseguente ridefinizione delle zone economiche esclusive e la prossima unificazione con la Transnistria.


Con buona pace dei turchi, terrorizzati dal prossimo sconvolgimento degli equilibri di potenza che li attende in quelle acque. Canale Istanbul incluso.


Aria (cielo)

Non è un caso che la maggior parte degli scontri delle ultime settimane dentro l’oblast’ di Odessa metta a dura prova la difesa aerea ucraina. Nel momento in cui si scrive, la forza celeste di Kiev ancora regge in quest’area, sebbene impegnata quotidianamente ad abbattere gli Uav (unmanned aerial vehicle) di tipo Orlan-10, formidabili droni russi inviati in avanscoperta a identificare le posizioni più efficaci dove far sbarcare le proprie navi.


I gruppi di sabotaggio locali filorussi hanno dato filo da torcere all’esercito ucraino soprattutto nei primi giorni del conflitto. È questo il motivo per cui i civili che assistono i militari nella preparazione della città manifestano un fortissimo senso di diffidenza e sospetto all’interno della stessa comunità cittadina.


Gli agenti russi sono a Odessa da prima dell’inizio della guerra e marcano in rosso sul suolo i punti propizi per l’attacco nemico. In risposta, gli abitanti hanno aperto un canale di segnalazione diretto ai militari. L’intreccio tra civili ed esercito qui è sempre più diffuso, come la convinzione che sempre meno abitanti siano ancora sostenitori dell’occupante russo.


La guerra dei cieli si combatte anche con i Bayraktar TB2 di produzione turca, venduti all’Ucraina dall’omonima azienda per la sorveglianza a lunga autonomia e a medie altitudini. Sebbene gli ucraini continuino a sperare in una no-fly zone garantita dalle potenze Nato al fine di assicurare un equilibrio di capacità militari fra i due belligeranti, sembra chiaro a noi occidentali che i cieli non verranno chiusi. Per lo sconforto degli ucraini, i cui jet da combattimento a disposizione non sono sufficienti.


Questo non significa che i russi abbiano il controllo supremo del campo di battaglia aereo. I droni ucraini continuano ad operare e la contraerea di Odessa si mantiene attiva e costantemente all’erta. Un’altra storia rispetto a Mariupol, le cui forze aeree hanno ceduto dal primo giorno di assedio e ora, come ammettono gli stessi militari, “non esiste più come città”.


I bombardamenti nelle zone periferiche della città di Odessa – registrati per la prima volta la scorsa settimana – dimostrano la volontà russa di tenere sotto stress la popolazione, demoralizzandola, costringendola progressivamente alla fuga. Per ora, circa mezzo milione di persone ha lasciato le proprie abitazioni. L’evacuazione dei civili può essere il preludio all’assedio e allo scontro fra gli eserciti.


Terra

Finora il conflitto terrestre si è concentrato soprattutto sul corridoio che dal Donbas si spinge fino a Melitopol, Kherson, assedia Mariupol e ora accerchia Mykolaïv. L’invasione della Perla del Mar Nero non c’è ancora stata. Non solo per il tempo necessario all’esercito russo di occupare le città costiere che la precedono, ma soprattutto per l’indecisione sulla migliore tattica da utilizzare per prendersi l’ultimo baluardo della resistenza ucraina sul Mar Nero.


Le forze locali sanno che il nemico si muove con passo felpato, volgendo il proprio sguardo a Ovest. Lentamente, con momenti di stallo, ma con ostinazione. Non è ancora interessato, pare, all’aiuto di quel migliaio di soldati russi stanziati in Transnistria.


L’intera baia è nel mirino delle ambizioni di Putin per motivi anche storico-culturali. Può darsi che per questo motivo l’assedio sia meno spietato che a Mariupol, ma non è verosimile che un negoziato arresti l’avanzata russa a 120 km dalla città, come vorrebbero credere i locali più ottimisti. Odessa è la terza città più grande e lo snodo commerciale principale dell’Ucraina, ad appena 30 chilometri dalla foce del Dnestr/Nistru e a un paio di ore di auto da Tiraspol.


Non solo. Odessa è una città-simbolo, voluta e fondata dalla zarina Caterina II nel 1794, profondamente russa nelle sue radici, in maggioranza russofona e con un’importante percentuale di abitanti etnicamente russi. “Odessa è per i russi come San Pietroburgo. Solo è abitata da gente per bene” ci dicono gli abitanti con aria beffarda.


I quali sono convinti che Odessa non cadrà perché è una roccaforte emblematica della coesione virtuosa fra esercito regolare, difesa territoriale (TerOborona) e resistenza civile. Qui, per intenderci, è attivo il più grande hub di raccolta e distribuzione di cibo e medicine che risponde ogni giorno a centinaia di richieste di assistenza fra civili e militari, servendo le ‘oblast di Odessa e Mycolaiv. Qui, sotto traccia, la Chiesa cattolica prepara cibo caldo e conserve per i militari e li distribuisce nelle zone periferiche della città. Qui, a detta dell’intera popolazione, l’ideologia neonazista tra gli uomini in armi è una montatura mediatica, tale da provocare la stessa risata nervosa in tutti gli intervistati al primo timido accenno alla questione.


È difficile ottenere informazioni, è quasi impossibile distinguere tra la fede risoluta alla causa e la paura di parlare un po’ di più. Se si chiede qualcosa sulle spaccature interne, sul sentimento filorusso in città, le domande dimostrano che “la propaganda russa funziona bene in Occidente”. Pravyi Sektor e Battaglione Azov non solo sono sfumature irrilevanti dentro l’apparato militare e paramilitare ucraino, ma palesano la cattiva fede del giornalista. “È tutta brava gente orgogliosa di essere ucraina, tutto qua. Un problema reale è piuttosto quello dei traditori che hanno abbandonato la patria nel momento del bisogno”.


La prossima caduta e occupazione di Mariupol permetterà alle truppe russe e cecene lì impegnate di dislocarsi su altri fronti sensibili. Allora si vedrà il passo successivo. Nell’attesa, Odessa osserva incandescente. Il centro storico è militarizzato, ma comunque la città cerca di mantenere una dignitosa quotidianità; i pochi ristoranti aperti sono ancora vivaci, qualche centro commerciale ha riaperto i negozi e i vescovi di Odessa e Crimea pregano insieme nelle quattro messe che si tengono in polacco, ucraino, e russo per i caduti del giorno.


Carta di Laura Canali - 2022

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