Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Ce lo chiede la NATO.
Riprendo queste parole da “Domani”: “Conte ha chiesto al premier di non aumentare le spese agli armamenti o, al massimo, di diluirle e rinviarle nel tempo. Draghi ha ribadito che l’impegno è stato preso in sede Nato e quindi non può essere disatteso”. Testuale. Chi vi sembra più rigido nelle proprie posizioni, Conte? Che ha parlato, in alternativa, di diluizione, di rinvio temporale. Oppure Draghi, che ha sostanzialmente ribadito: ce l’ha chiesto la Nato? Perché poi la politica è arte della mediazione, è arte della possibilità, è confronto, è dialogo democratico. Non è un aut aut. Semmai l’aut aut è roba tecnica, direi quasi antipolitica. Ricordate Draghi quando diceva ai sindacati e alle forze politiche: voi discutete pure, tanto io vado avanti? Così. Lo stile è sempre lo stesso, ed è quello di uno che non sa mediare, non vuole mediare, ritiene la mediazione una sconfitta. Tanto più adesso, che è uscito dalla vicenda del Quirinale perdente e rancoroso. Pronto ad acuire il confronto-scontro con la “politica”. Pronto a fargliela pagare.
La politica, appunto. Daniela Preziosi, sullo stesso numero di “Domani” chiude l’articolo in un modo che mi ha lasciato stupito: “L’avviso di Draghi è chiaro, anche e soprattutto ai ministri. Oggi il premier parlerà ai cronisti della stampa estera, perché la «voce» dell’Italia risulti la sua, non quella della maggioranza, a caccia di consensi domestici, con un occhio ai sondaggi e l’altro alle politiche”. Capite lo scandalo? Le forze politiche sono “a caccia di consensi domestici”, ossia fanno il loro lavoro, almeno in una democrazia moderna. Il loro riferimento sono i cittadini, l’opinione pubblica, il popolo sovrano. Altrimenti quali altri consensi bisogna cercare, se non quelli “domestici”: forse quelli internazionali, dei potentati, delle organizzazioni estere? Ho come l’impressione che Draghi per storia e per cultura, sembri rispondere più ad ambienti cosmopoliti che non a quelli “interni” al Paese. Anche qui, il difetto è di formazione politica. Ma non sono io che ho osannato Draghi alla Presidenza del Consiglio. Che ho scelto la tecnica invece della politica. Peccato che una guerra chieda la politica, non quelli bravi a fare i conti.
Ha detto, inoltre, il Ministro della Difesa Guerini che l’asse giallorosso è una “accozzaglia”: quindi va tolto di mezzo. Conferma che è il rapporto tra Conte e la sinistra che, per certa classe dirigente centrista, andrebbe cancellato. Uno degli argomenti è questo: i governi di Conte hanno accresciuto la spesa militare, oggi invece l’avvocato fa il pacifista solo per comodo personale. Come se, nel caso, le fasi storiche non contassero nulla. Un aumento delle spese militari adesso, in coincidenza di una guerra, significa immediatamente “riarmo”, non vuole dire altro. Avrebbe solo questo tipo di valenza simbolica. E sarebbe, quindi, un pessimo segnale. Le scelte politiche vanno sempre contestualizzate. Anche perché, se il problema è il diavolo russo, sappiate che i Paesi UE già oggi spendono in armamenti IL TRIPLO della Russia: 227,8 miliardi di euro contro 66,9. Dov’è la necessità di nuovi investimenti militari? In assenza di una difesa comune europea, peraltro, gli investimenti diverrebbero una spesa al supermercato degli armamenti compiuta da ognuno senza alcun coordinamento, ottenendo in cambio solo sprechi.
Chiudo con Stefano Feltri. il quale sostiene che Draghi avrebbe mandato un segnale alla sua maggioranza di questo tenore: non si fa campagna elettorale sulla legge di Bilancio! Ah no? E su cosa si fa politica se non sulle decisioni vere di spesa, sull’utilizzo delle risorse pubbliche, sul DEF? Sugli ordini del giorno, forse? A cui una firma in calce non si nega mai, come diceva un consigliere comunale di Roma, chiarendo in via definitiva il significato di un semplice o.d.g. rispetto alle effettive politiche di governo.
L’aumento di cui si parla è sino a 38 miliardi di euro. Risorse che verrebbero sottratte alla sanità, alla scuola, ai trasporti pubblici, alla cura sociale, per consegnarle brevi manu a qualche grande azienda produttrice di armi, le cui lobby non credo che oggi restino con le mani in mano. Ma pensate anche questo: se nascesse una difesa europea, a chi andrebbero questi miliardi? Certo, non a tutte le aziende in corsa, tra le quali l’Oto Melara italiana. Qualcuna sarebbe inevitabilmente esclusa. Ve l’immaginate allora l’incazzatura delle lobby e dei loro amici? Io si!


