Fonte: Limes
KIEV CONTRO STEINMEIER
Le autorità ucraine hanno negato al presidente della Germania Frank-Walter Steinmeier il permesso di recarsi in visita a Kiev. Il capo di Stato tedesco voleva dare “un forte segno di comune solidarietà europea” viaggiando nella capitale del paese in guerra assieme ai suoi omologhi polacco, estone, lettone e lituano dopo aver incontrato a Varsavia il presidente Andrzej Duda.
Perché conta: Steinmeier è per gli ucraini l’emblema dell’indulgenza tedesca verso la Russia. Sarebbe stato lo stesso presidente Volodymyr Zelens’kyj (Zelensky) a comunicargli di non essere il benvenuto nel territorio dell’ex repubblica sovietica, diversamente dai suoi corrispettivi est-europei cui è stata concessa l’autorizzazione a viaggiare.
L’affronto segnala le difficoltà di Berlino a districarsi nella crisi nonostante la rivoluzione geopolitica insita nell’annuncio del cancelliere Olaf Scholz in materia di riarmo. Figura rappresentativa e senza voce in capitolo sulle scelte militari o di politica estera della Repubblica Federale, l’attuale presidente è stato respinto perché nei suoi due mandati da ministro degli Esteri durante l’era Merkel (2005-09 e 2013-17) si è speso in prima persona per stringere i rapporti con Mosca. A cominciare naturalmente dal sostegno al gasdotto Nord Stream 2.
Secondo l’ambasciatore ucraino a Berlino Andrik Melnyk, per Steinmeier le relazioni con i russi sarebbero fondamentali, se non “addirittura sacre”. Il punto è che il futuro delle forniture energetiche russe pende come un macigno sulle mosse tedesche nella crisi: proprio oggi i principali istituti economici federali hanno reso noto che la Germania finirà per impantanarsi in una “durissima recessione” a partire dal prossimo anno qualora dovesse interrompere subito l’acquisto di gas da Mosca.
Contrari alla visita di Steinmeier, gli ucraini aspettano invece a braccia aperte Scholz – il quale ha però escluso di voler viaggiare in Ucraina a breve proprio per il trattamento riservato al presidente federale. Quando era ministro delle Finanze (2018-21), l’attuale cancelliere non si è opposto al rafforzamento dei legami con la Russia, ma oggi è la figura-chiave per decidere se autorizzare o meno il trasferimento di armi pesanti agli ucraini. Per questo viene corteggiato da Kiev. Sul punto in Germania si è acceso un vivace dibattito istituzionale, con la ministra degli Esteri Annalena Baerbock favorevole alle consegne e lo stesso Scholz invece molto più cauto.
Nella partita è intervenuto anche il colosso della Difesa Rheinmetall, pronto a fornire agli ucraini 50 carri armati Leopard I dismessi dalla Bundeswehr con la fine della guerra fredda. La possibilità che gli armamenti a Kiev arrivino direttamente dall’industria dipende dal fatto che le Forze armate tedesche hanno praticamente esaurito il loro surplus di materiale bellico da cui hanno attinto sin qui per rifornire gli ucraini. In passato il governo federale aveva aperto a un ruolo del genere per le industrie della Difesa; se dovesse autorizzare l’offerta di Rheinmetall, lancerebbe un segnale politico assai rilevante nella crisi russo-ucraina.
Di ben altro tenore è il discorso tecnico-operativo: i carristi ucraini non hanno alcuna esperienza con i mezzi tedeschi e andrebbero logicamente addestrati da capo, con conseguente perdita di tempo ora che l’assalto russo nel Donbas è imminente. C’è poi la questione di come assicurare un adeguato supporto logistico ai corazzati per consentirgli di essere efficaci sul campo di battaglia e di sopravvivere all’usura del conflitto; infine il tema del munizionamento, visto che il pezzo calibro 105/52 mm rigato di questi carri non è più in uso nelle principali flotte corazzate occidentali.
Per approfondire: Il riarmo tedesco: la svolta e la stasi


