Autore originale del testo: Alfredo Morganti
I profughi
Che si stia entrando in una fase politica almeno nominalmente nuova ce lo indica il “piano Ruanda” di Boris Johnson. Certo, la pandemia ancora bussa alla porta per quanto si volti il capo dall’altra parte. La guerra russo-ucraina è tutt’altro che neutralizzata da un auspicabile negoziato, anzi infiamma ancora le regioni dell’est. Pur tuttavia, c’è voglia di andare avanti, di scuotersi di dosso la crisi pandemico-bellica per far ripartire la crescita, la domanda, gli indici economici.
Ricorderete cosa fosse la politica prima della pandemia: un grande fuoco di paglia attorno alla questione delle migrazioni. Salvini ci aveva costruito una fortuna sopra: era pronto ad andare al governo facendo leva sulla paura degli sbarchi (un’invasione, si diceva). Il Covid, invece, riscrisse l’agenda e ci illuse che vi fosse davvero stato un ribaltamento nelle priorità e nei valori: più cura, più servizi pubblici, più attenzione verso gli ultimi piuttosto che la brutale competizione sociale e le privatizzazioni.
La vicenda degli immigrati che Johnson voleva spedire in Ruanda è invece la testimonianza di come si intenda tornare ai classici paradigmi politici preCovid. L’immigrazione torna a essere un punto cardine dell’agenda, la piattaforma su cui rilanciare le speranze politiche della destra (e non solo) che ha chinato il capo durante la pandemia e oggi riesplode aggressiva in termini di atlantismo, mentre i prezzi vanno alle stelle. Stavolta è andata male, perché il progetto del premier britannico ha subito un colpo. Ma la strada maestra resta quella di alzare i toni sulla presunta invasione degli immigrati, e da lì ripartire come se nulla fosse accaduto o stesse ancora accadendo.
Che i profughi e i migranti restino moneta di scambio politica, lo si deduce anche dal modo in cui vengono utilizzati dai media occidentali per tenere desta l’attenzione propagandistica sulla guerra ucraina. Profughi “buoni” (quelli bianchi) e profughi “cattivi” (quelli neri) servono paradossalmente alla stessa causa politica. Ciò dimostra come gli ultimi della fila, i più disgraziati, siano al più massa di manovra, pedine nel risiko dei potenti: sia quando si blandiscono e si adulano in tv, sia quando sono presi a calci senza mezzi termini ai confini.
Che la fase stia cambiando, lo dimostra anche il velo oscuro calato sul PNRR e sulla destinazione dei fondi europei. La politica si gioca sempre sulle risorse pubbliche e sulla loro ripartizione. Vedrete, quando nei prossimi anni se ne saprà qualcosa, l’iniziale destinazione di cura sarà mutata progressivamente in altro, più consono alle necessità dei vincenti, più adeguato alle ambizioni dei primi della fila. E i perdenti torneranno nell’angolo, semmai ne fossero usciti, a fare la fine che già facevano prima della pandemia.


