Autore originale del testo: Alfredo Morganti
La paura del presidenzialismo e altre storie
Dietro la corsa agli accordi “tecnici” (che poi tecnici non sono mai, perché esprimono una scelta, una tendenza, un deliberato, ossia un senso politico, ma questo importa poco a tutti) c’è il terrore che la destra prenda il sopravvento in parlamento e possa introdurre con un colpo di maggioranza il presidenzialismo. Che non sarebbe la dittatura, piuttosto una modalità più smart di legittimazione dell’esecutivo, grazie alla elezione diretta di un presidente che, forte del mandato popolare, accentri su di sé alcuni poteri che oggi sono di competenza parlamentare. I termini generici sono dovuti al fatto che esistono decine di forme presidenzialiste possibili e nessuno, tutt’ora, è in grado di capire se, ove vincesse la destra (ma anche il centro, che mi pare anch’esso presidenzialista, nonché pezzi di sinistra), quale forma se ne sceglierebbe.
Detto questo, descritta questa paura, che spinge a santificare la logica del Rosatellum senza se e senza ma, voglio fare una brevissima considerazione, questa. Siamo un paese in cui il Parlamento è ridotto a guscio vuoto, camera di compensazione, ambito di ratifica di quanto già deciso dall’esecutivo. Come se non bastasse, ogni giorno sulla politica e sul Parlamento piovono insulti e contumelie, c’è chi ha persino calcolato quanto risparmieremmo se si decidesse di cancellare la democrazia nel nostro Paese e si chiudesse il Parlamento (tanto è un ricettacolo di ladri, no?): un miliardo di euro, pensavo di più, forse non vale nemmeno la candela, ha commentato qualcuno.
Siamo anche il paese in cui non ci sono più i partiti, al massimo sigle, marchi, comitati elettorali, espressioni aziendaliste, circoli di dopolavoro, amici degli amici, fedeli del Capo, possessori di agende, clan, raggruppamenti di accoliti. Anche sui partiti, che pure non ci sono più (e forse prpprio per questo) si sputa senza alcun ritegno: “fanno tutti schifo” è la vox populi che non ammette repliche.
Questo paese è anche quello della Seconda Repubblica, che è nata proprio per avviare il sistema al presidenzialismo, rompendo una tradizione di proporzionalismo che rendeva più forte il Parlamento, creava le condizioni istituzionali per le alleanze politiche in sede propria, quella parlamentare, centrava sui partiti dibattito pubblico e assegnava loro il compito della formazione delle classi dirigenti.
Siamo inoltre il paese che ormai è convinto che solo i “migliori” ci possano salvare, i competenti, i professori, i banchieri, quelli della BCE o della Bocconi, mentre i politici “non sanno un cazzo e fanno solo casino”. Siamo il paese che ha scoperto, da Berlusconi in poi, le presunte virtù taumaturgiche dell’uomo solo al comando: cos’era Monti e la sua agenda, e cos’era Draghi (agenda compresa), e cosa intendeva essere Renzi, la “risorsa”, se non dei taumaturghi? Se non uomini soli che avrebbero fatto tutto di getto, con uno schiocco di dita, invece dei cazzo di iter parlamentare che sono tutto “un magna magna attorno alle poltrone”.
Siamo infine un paese malato di astensionismo, dove si ritirano dal voto i poveri, che invece, se questo fosse al contrario un paese normale (cit.), avrebbero tutto l’interesse a votare per cambiare (cit. PCI). Un’astensione di cui non frega niente a nessuno: tanto, meno si vota e meglio è, visto che non votano i disagiati sociali, gli analfabeti funzionali, chi non conta e “non capisce niente”. Tutta gente di ultima fila. Vedrete, prima o poi si parlerà di crisi del suffragio universale, altro che lo spauracchio del presidenzialismo, e magari si tornerà al vecchio e caro voto per censo (dunque per ricchi).
In ultimo, si santificano gli accordi tecnici, quelli neutri, di mero interesse personale e generale, senza (apparenti) contenuti politici, vuoti come un guscio di noce, formulati solo in negativo, privi di un positivo, ma che in realtà un positivo ce l’hanno pure se, alla fin fine, si sceglie Calenda invece di Conte. Se non è questa una forma di neutralizzazione della politica, o peggio ancora di antipolitica pratica, non so cos’altro.
Detto questo, non vi pare che siamo già scivolati verso il presidenzialismo? Che il draghismo e le sue magnifiche agende e progressive sono un prodromo e anche qualcosa di più verso un esito presidenziale, o peggio da uomo solo al comando, che scivola noncurante sui risultati elettorali qualunque essi siano, perché alla fin fine gli rimbalzano, perché è competente, ed è capace di “fare”, e risolvere problemi tecnici come mister Wolf (cit.), e tanto basta?
E non vi pare un paradosso pazzesco quello (anche a sinistra) di volere leggi maggioritarie, magari con premio, dove con un voto in più (e spesso con un voto in meno, ma ben mescolato) si prende e si porta a casa tutto, alla faccia di chi non ha nemmeno votato? E poi di ululare alla luna del presidenzialismo altrui? Non vi pare di difficile comprensione temere il presidenzialismo mentre se ne accetta la logica giorno per giorno, almeno a partire dalla Seconda Repubblica in poi? Centrosinistra compreso, quella che adesso ulula di più di tutti?
Ecco, tutto questo per dire che mi sento immerso sino agli occhi in una cultura politica talmente irta di contraddizioni da lasciare stupefatti. Stupefatti, delusi e sempre più disincantati. Tutto questo per dire che per un po’, non so quanto, eviterò di commentare su fb la campagna elettorale e mi terrò da parte. C’è un tempo per accettare il confronto e un altro per rimuginare. Scriverò di altro. E avrò tempo per leggere, scrivere, studiare. Sto rivedendo le bozze di un romanzo breve, e magari avrò occasione di pubblicarlo. Vedremo.


