Mara Carfagna: Alla chiusura a Bagnoli Giorgia Meloni dirà perché ha votato contro la bonifica dell’area? Dirà perché Fratelli d’Italia ha votato contro il PNRR e i fondi per il Sud? Basta slogan sulla pelle dei cittadini del Mezzogiorno.
Carlo Calenda: “Il lavoro svolto da Mara Carfagna al Ministero del Sud è stato encomiabile, a partire dagli 82 mld del PNRR. Rivolgo un messaggio ai cittadini meridionali: non lasciate che vi rubino questa grande opportunità, non permettete che le speranze del Sud siano tradite ancora una volta.
Intervista di Mara Carfagna al Mattino di Napoli
𝗗: 𝗢𝗻𝗼𝗿𝗲𝘃𝗼𝗹𝗲 𝗖𝗮𝗿𝗳𝗮𝗴𝗻𝗮, 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗼𝗿𝗺𝗮𝗶 𝗴𝗹𝗶 𝘂𝗹𝘁𝗶𝗺𝗶 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗶 𝗱𝗮 𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗦𝘂𝗱. 𝗜𝗻 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗮 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗮𝗴𝗻𝗮 𝗲𝗹𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗮𝗹𝗲 𝘀𝘁𝗮 𝗿𝗶𝘃𝗲𝗻𝗱𝗶𝗰𝗮𝗻𝗱𝗼, 𝘁𝗿𝗮 𝗹𝗲 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗲 𝗰𝗼𝘀𝗲, 𝗶𝗹 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗼 𝘀𝘃𝗼𝗹𝘁𝗼 𝗽𝗿𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗶𝗹 𝘀𝘂𝗼 𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗲𝗿𝗼 𝘀𝗼𝗽𝗿𝗮𝘁𝘁𝘂𝘁𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗿𝗶𝘂𝘀𝗰𝗶𝘁𝗮 𝗮 𝗱𝗲𝘀𝘁𝗶𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝟰𝟬% 𝗱𝗶 𝗿𝗶𝘀𝗼𝗿𝘀𝗲 𝗮𝗹 𝗠𝗲𝘇𝘇𝗼𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼. 𝗠𝗮 𝗼𝗿𝗮 𝗶𝗹 𝗰𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼𝗱𝗲𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗮𝗻𝗻𝘂𝗻𝗰𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝘃𝗼𝗹𝗲𝗿 𝗿𝗶𝗻𝗲𝗴𝗼𝘇𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗹’𝗨𝗲 𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗽𝗿𝗲𝘃𝗶𝘀𝘁𝗶: 𝗾𝘂𝗮𝗹𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗲𝗴𝘂𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗼𝗿𝘁𝗲𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗠𝗲𝘇𝘇𝗼𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼?
R: La regola è molto chiara. Se riapri il negoziato con l’Europa fermi l’erogazione dei fondi, quindi i bandi e i cantieri. Sarebbe una conseguenza presso che automatica e ovviamente gravissima soprattutto al Sud, che rispetto al Centro e al Nord è destinatario della quota maggiore di interventi. Poi si dovrà capire quale sarà l’oggetto di questo nuovo negoziato delle destre: tagliare alcune opere per spostare altrove i fondi? Nulla è stato detto in proposito. Ai meridionali viene chiesto di firmare una cambiale in bianco: spero che non ci caschino.
𝗗: 𝗦𝗶 𝘀𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗿𝗮𝘀𝘀𝗶𝗰𝘂𝗿𝗮𝘁𝗮 𝗱𝗮𝗹 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗦𝗮𝗹𝘃𝗶𝗻𝗶 𝗮𝗯𝗯𝗶𝗮 𝗮𝗻𝗻𝘂𝗻𝗰𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝗼𝗹𝗲𝗿 𝘁𝗼𝗰𝗰𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗣𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗡𝗮𝗽𝗼𝗹𝗶? 𝗢 𝘁𝗲𝗺𝗲 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗮 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗺𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗶𝗻 𝗱𝗶𝘀𝗰𝘂𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼?
R: Le azioni di un eventuale governo delle destre, che peraltro non è scontato come sembrava fino a dieci giorni fa, non sono prevedibili: le loro folli promesse agli italiani valgono 180 miliardi di euro, anche se ne volessero realizzare la metà della metà dovranno rastrellare soldi ovunque. Ogni precedente impegno è a rischio.
𝗗: 𝗣𝗶𝘂̀ 𝗽𝗿𝗲𝗼𝗰𝗰𝘂𝗽𝗮𝘁𝗮 𝘀𝘂𝗹 𝘃𝗲𝗿𝘀𝗮𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝘂𝘁𝗼𝗻𝗼𝗺𝗶𝗮 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗲𝗿𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝘁𝗮? 𝗤𝘂𝗮𝗹𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗲𝗴𝘂𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗮𝘃𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗠𝗲𝘇𝘇𝗼𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼?
R: La linea che propongono, “prima l’Autonomia, poi il fondo di perequazione e i Livelli essenziali di prestazione” è potenzialmente disastrosa. Le due cose devono andare insieme, se no diventa davvero la secessione dei ricchi. Con il governo Draghi abbiamo dimostrato che si può fare, fissando e finanziando per legge i tre Lep sugli Asili Nido, gli assistenti sociali, il trasporto scolastico degli alunni con disabilità. Abbiamo aperto una strada: l’unica praticabile per non spaccare l’Italia a metà.
𝗗: 𝗧𝘂𝘁𝘁𝗶 𝘃𝗲𝗻𝗴𝗼𝗻𝗼 𝗮 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗮𝗴𝗻𝗮 𝗲𝗹𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗮 𝗡𝗮𝗽𝗼𝗹𝗶 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗻𝗱𝗼 𝗱𝗶 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝗼𝗹𝗲𝗿 𝗮𝗯𝗼𝗹𝗶𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗿𝗲𝗱𝗱𝗶𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮𝗱𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗮, 𝗺𝗮 𝗮𝗹 𝗺𝗮𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗱𝗶 𝗺𝗼𝗱𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝗿𝗹𝗼. 𝗟𝗲𝗶 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗰𝗮𝗺𝗯𝗶𝗲𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗶𝗹 𝗱𝗶𝗿𝗶𝘁𝘁𝗼 𝗮𝗹 𝘀𝘂𝘀𝘀𝗶𝗱𝗶𝗼?
R: La proposta di Azione – Italia Viva è semplice. Prevede l’ingresso delle agenzie private nel meccanismo dell’offerta di lavoro e l’indicazione di un salario minimo a 9 euro l’ora. Servono segretarie, magazzinieri, saldatori? Si propone ai disoccupati una formazione specifica, e poi l’offerta di impiego vera e propria: chi rifiuta perde l’assegno. Ovviamente il sussidio resta per chi non è in grado di lavorare: un sussidio di povertà è previsto in tutti gli Stati europei, è una misura di civiltà e solidarietà.
𝗗: 𝗖𝗼𝘀𝗮 𝗯𝗶𝘀𝗼𝗴𝗻𝗮 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗠𝗲𝘇𝘇𝗼𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼 𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗡𝗮𝗽𝗼𝗹𝗶 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗺𝗶𝘀𝘂𝗿𝗲 𝗽𝗶𝘂̀ 𝘂𝗿𝗴𝗲𝗻𝘁𝗶?
R: Di sicuro portare a termine il PNRR, e poi una grande opera anche “simbolica”, che dia l’immagine plastica della rinascita: penso alla bonifica di Bagnoli. L’abbiamo riattivata nominando Commissario il sindaco, dotandolo di poteri e risorse, azzerando il contenzioso. Ora si può e si deve fare, più rapidamente possibile.
𝗗: 𝗘̀ 𝘂𝗻𝗮 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗮𝗴𝗻𝗮 𝗲𝗹𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗮𝘀𝘀𝗮𝗶 𝗱𝘂𝗿𝗮 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝘀𝘂𝗹 𝗽𝗶𝗮𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗼𝗿𝗱𝗶𝗻𝗲 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗼. 𝗔 𝗠𝗶𝗹𝗮𝗻𝗼 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗮𝗴𝗴𝗿𝗲𝗱𝗶𝘁𝗼 𝗶 𝘃𝗼𝗹𝗼𝗻𝘁𝗮𝗿𝗶 𝗮𝗱 𝘂𝗻’𝗶𝗻𝗶𝘇𝗶𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗧𝗲𝗿𝘇𝗼 𝗣𝗼𝗹𝗼, 𝗚𝗶𝗼𝗿𝗴𝗶𝗮 𝗠𝗲𝗹𝗼𝗻𝗶 𝗹𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗮 𝗹𝗲 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗲𝘀𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗮𝗶 𝘀𝘂𝗼𝗶 𝗰𝗼𝗺𝗶𝘇𝗶. 𝗧𝗲𝗺𝗲 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗰𝗹𝗶𝗺𝗮 𝗶𝗻𝗳𝘂𝗼𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗱𝗼𝗽𝗼 𝗹𝗲 𝗲𝗹𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶?
R: No, non ho timori su questo. Qualche imbecille che strilla contro gli avversari è sopportabile, siamo una grande democrazia, abbiamo superato prove ben più dure.
𝗗: 𝗟𝗲𝗶 𝗲̀ 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗮 𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗕𝗲𝗿𝗹𝘂𝘀𝗰𝗼𝗻𝗶 𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗗𝗿𝗮𝗴𝗵𝗶. 𝗤𝘂𝗮𝗹𝗶 𝗹𝗲 𝘀𝗶𝗺𝗶𝗹𝗶𝘁𝘂𝗱𝗶𝗻𝗶 𝗲 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗲𝗿𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗻𝗲𝗹 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗶𝗲𝗱𝗲𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗴𝗼𝘃𝗲𝗿𝗻𝗼 𝘁𝗿𝗮 𝗶 𝗱𝘂𝗲?
R: Mi perdonerà, ma questo paragone non lo faccio. Sono due storie, due epoche, due biografie imparagonabili. So solo che il Berlusconi di quell’epoca tra Draghi e Salvini avrebbe scelto Draghi.
𝗗: 𝗖𝗵𝗲 𝘀𝗰𝗲𝗻𝗮𝗿𝗶𝗼 𝘀𝗶 𝗽𝗿𝗼𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗮 𝗶𝗹 𝟮𝟲 𝘀𝗲𝘁𝘁𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝗰𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼𝗱𝗲𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗶𝗻 𝘃𝗮𝗻𝘁𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 𝘀𝗲𝗰𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗱𝗮𝗴𝗴𝗶?
R: Vedremo. Il palese nervosismo di Giorgia Meloni mi fa pensare che non giudichi più così scontata la sua vittoria. E invito tutti gli italiani, soprattutto quelli che temono un nuovo salto nel buio, quella quota altissima che rimpiange già il governo Draghi, ad andare a votare: riportarlo a Palazzo Chigi non è impossibile.
𝗗: 𝗜𝗹 𝘀𝘂𝗼 𝗰𝗼𝗹𝗹𝗲𝗴𝗶𝗼 𝗮 𝗡𝗮𝗽𝗼𝗹𝗶 𝗹𝗮 𝘃𝗲𝗱𝗲 𝗶𝗻 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗲𝘁𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗗𝗶 𝗠𝗮𝗶𝗼, 𝗹’𝗲𝘅 𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗖𝗼𝘀𝘁𝗮 𝗲 𝗹𝗮 𝗥𝗼𝘀𝘀𝗶… 𝗦𝗳𝗶𝗱𝗮 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗺𝗽𝗹𝗲𝘀𝘀𝗮…
R: Non ho mai misurato le mie sfide sugli avversari, non sono una che fa “campagna contro”. In questi 18 mesi da ministro ho fatto moltissimo per Napoli e per il Sud, chiedo fiducia, consenso, voti in nome del mio lavoro e del programma del Terzo Polo.
𝗗: 𝗘̀ 𝗹𝗮 𝘀𝘂𝗮 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗮𝗴𝗻𝗮 𝗲𝗹𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗱𝗮 𝗺𝗮𝗺𝗺𝗮. 𝗘̀ 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗶𝗰𝗶𝗹𝗲 𝗰𝗼𝗻𝗶𝘂𝗴𝗮𝗿𝗲 𝗹’𝗮𝘁𝘁𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗺𝗲𝗿𝗶𝘁𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝗯𝗶𝗺𝗯𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝗶 𝘁𝗮𝗻𝘁𝗶 𝗶𝗺𝗽𝗲𝗴𝗻𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝗻𝗼 𝗶𝗻 𝗴𝗶𝗿𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗹’𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮?
R: Ovviamente sì, ma non mi lamento. È una campagna elettorale molto breve, presto in famiglia potremo riprendere ritmi più normali.
Mara Carfagna: La mia intervista a Quotidiano del Sud – L’Altravoce dell’Italia
𝗗: 𝗟𝗮 𝗖𝗼𝗺𝗺𝗶𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗲𝘂𝗿𝗼𝗽𝗲𝗮 𝗵𝗮 𝗽𝗿𝗼𝗽𝗼𝘀𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝘁𝗮𝗴𝗹𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗶 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗶 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗲𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝗽𝗲𝗿 𝟳,𝟱 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗮𝗿𝗱𝗶, 𝗮𝗹𝗹’𝗨𝗻𝗴𝗵𝗲𝗿𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝗢𝗿𝗯𝗮𝗻 “𝗽𝗲𝗿 𝗺𝗮𝗻𝗰𝗮𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗶 𝗱𝗲𝗺𝗼𝗰𝗿𝗮𝘇𝗶𝗮”. 𝗜𝗹 𝗽𝗿𝗼𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼 𝟮𝟱 𝘀𝗲𝘁𝘁𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝗹𝗲 𝗲𝗹𝗲𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗽𝗼𝘁𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲𝗿𝗼 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗴𝘂𝗶𝗱𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗣𝗮𝗲𝘀𝗲 𝗱𝘂𝗲 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝘁𝗶, 𝗙𝗿𝗮𝘁𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗱’𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮 𝗲 𝗟𝗲𝗴𝗮, 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘀𝗰𝗵𝗶𝗲𝗿𝗮𝘁𝗶 𝗰𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘂𝗻𝗴𝗵𝗲𝗿𝗲𝘀𝗲 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗼 𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗱𝗮𝗻𝗻𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗣𝗮𝗿𝗹𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗨𝗲. 𝗟𝗮 𝗹𝗲𝗮𝗱𝗲𝗿 𝗱𝗶 𝗙𝗱𝗜, 𝗚𝗶𝗼𝗿𝗴𝗶𝗮 𝗠𝗲𝗹𝗼𝗻𝗶, 𝗵𝗮 𝗽𝗼𝗶 𝗽𝗶𝘂̀ 𝘃𝗼𝗹𝘁𝗲 𝘀𝗼𝘀𝘁𝗲𝗻𝘂𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗣𝗻𝗿𝗿 𝗱𝗲𝗯𝗯𝗮 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗿𝗶𝘃𝗶𝘀𝘁𝗼, 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗽𝗲𝗿𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗶𝗻 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗶 𝗰𝗮𝘀𝗶 𝗱𝗶 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗹𝗲 𝘀𝗰𝗮𝗱𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗰𝗼𝗻𝗰𝗼𝗿𝗱𝗮𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗹𝗮 𝗨𝗲. 𝗠𝗮𝗿𝗮 𝗖𝗮𝗿𝗳𝗮𝗴𝗻𝗮, 𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗦𝘂𝗱, 𝗲𝘅 𝗙𝗼𝗿𝘇𝗮 𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮 𝗼𝗿𝗮 𝗰𝗮𝗻𝗱𝗶𝗱𝗮𝘁𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝗔𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗮 𝗿𝗶𝘀𝗰𝗵𝗶𝗼 𝗶 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗶 𝗱𝗶 𝗕𝗿𝘂𝘅𝗲𝗹𝗹𝗲𝘀 𝗻𝗲𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗣𝗮𝗲𝘀𝗲?
R: E’ a rischio l’intero processo del PNRR. Rinegoziarlo significa bloccarlo in attesa di un nuovo accordo. E nessuno ha capito con esattezza cosa si dovrebbe rinegoziare. La Meloni dice: i costi sono aumentati, bisogna rivedere l’attribuzione dei fondi. Ma il governo ha già messo in opera soluzioni: c’è un fondo istituito presso il Mef, a cui possono attingere le amministrazioni, che “copre” gli aumenti delle materie prime fino al 20 per cento. E con il decreto Aiuti Ter abbiamo stabilito che i fondi non ancora utilizzati di ciascun capitolo di spesa possano essere spesi per compensare i rincari, sempre restando all’interno dello stesso ambito di progetti. Dunque rinegoziare cosa? E perché? Forse perché non si sentono in grado di mandare avanti il Piano e temono la figuraccia?
𝗗: 𝗖𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝗣𝗻𝗿𝗿 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝘃𝗼𝗹𝘁𝗮 𝗶𝗹 𝗣𝗮𝗲𝘀𝗲 𝗵𝗮 𝗱𝗲𝗰𝗶𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗮𝗳𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗮𝗿𝗲 𝘂𝗻𝗮, 𝘀𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗮𝗹𝗲 𝗰𝗮𝘂𝘀𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘀𝘂𝗮 𝗺𝗮𝗻𝗰𝗮𝘁𝗮 𝗰𝗿𝗲𝘀𝗰𝗶𝘁𝗮, 𝗹𝗮 “𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗺𝗲𝗿𝗶𝗱𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲” 𝗲 𝗶𝗹 𝗱𝗶𝘃𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮𝗱𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗮 – 𝘀𝗰𝘂𝗼𝗹𝗮, 𝘀𝗮𝗻𝗶𝘁𝗮̀, 𝘁𝗿𝗮𝘀𝗽𝗼𝗿𝘁𝗶 – 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮 𝗹𝗮 𝗾𝘂𝗼𝘁𝗶𝗱𝗶𝗮𝗻𝗶𝘁𝗮̀ 𝗱𝗶 𝟮𝟬 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝘃𝗶𝘃𝗼𝗻𝗼 𝗮𝗹 𝗦𝘂𝗱. 𝗠𝗮𝘁𝘁𝗲𝗼 𝗦𝗮𝗹𝘃𝗶𝗻𝗶 𝗵𝗮 𝗴𝗹𝗶𝘀𝘀𝗮𝘁𝗼 𝘀𝘂𝗹 𝗺𝗮𝗻𝘁𝗲𝗻𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝟰𝟬% 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗠𝗲𝘇𝘇𝗼𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼. 𝗧𝗲𝗺𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 “𝗾𝘂𝗼𝘁𝗮 𝗦𝘂𝗱” 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗮 𝘃𝗲𝗻𝗶𝗿𝗲 𝗿𝗶𝗱𝗶𝗺𝗲𝗻𝘀𝗶𝗼𝗻𝗮𝘁𝗮?
R: E’ un timore credo fondato. Ne’ Matteo Salvini ne’ Giorgia Meloni hanno mai risposto alla mia domanda. E poi: Salvini è il massimo rappresentante di quel “partito del Nord” che si è sempre messo di traverso sugli investimenti al Sud. E Meloni non ha mai votato il PNRR, ne’ in Europa ne’ in Italia, e non è vincolata a nessun impegno sulla sua messa a terra. Se le liste di Azione – Italia Viva avranno il risultato che meritano, cosa di cui sono certa, siamo pronti a ingaggiare una battaglia durissima per difendere ogni singolo euro destinato al Sud.
𝗗: 𝗖𝗼𝘀𝗮 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗮 𝗶𝗹 𝗣𝗻𝗿𝗿 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗣𝗮𝗲𝘀𝗲, 𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗠𝗲𝘇𝘇𝗼𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼 𝗶𝗻 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗼 𝗹𝘂𝗼𝗴𝗼?
R: Cose concrete. Alta velocità, ferrovie, stazioni moderne, scuole dove mancano, scuole decenti dove sono indecenti, asili ovunque perché ovunque sono carenti o disastrati, interventi sui porti e sulle aree retroportuali attesi da un ventennio. E ancora: sanità di prossimità, palestre, mense, e quindi tempo pieno per le decine di migliaia di famiglie e ragazzi che non possono usufruirne. Sostegno sociale a chi versa nella povertà più estrema attraverso il cohousing e altre forme di aiuto. In una parola: significa portare al Sud diritti almeno paragonabili a quelli di cui il Nord gode da sempre.
𝗗: 𝗜𝗹 𝗣𝗶𝗮𝗻𝗼 𝘀𝘁𝗮 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗳𝗮𝘀𝗲 𝗮𝘁𝘁𝘂𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮, 𝗴𝗿𝗮𝗻 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗶 𝗯𝗮𝗻𝗱𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝘀𝘁𝗮𝘁𝗶 𝗮𝘀𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮𝘁𝗶, 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗵𝗮 𝗱𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗗𝗿𝗮𝗴𝗵𝗶 𝗻𝗲𝗹𝗹’𝘂𝗹𝘁𝗶𝗺𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗲𝗿𝗲𝗻𝘇𝗮 𝘀𝘁𝗮𝗺𝗽𝗮. 𝗟’𝗶𝗺𝗽𝗶𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗺𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗶𝗻 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗼 𝗱𝗮𝗹 𝗴𝗼𝘃𝗲𝗿𝗻𝗼 𝗮 𝘀𝗼𝘀𝘁𝗲𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗮𝗽𝗮𝗰𝗶𝘁𝗮̀ 𝗮𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 𝗮𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗺𝗲𝗿𝗶𝗱𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗶 (𝗺𝗮 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗼𝗹𝗼) 𝘀𝘁𝗮 𝗱𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗶 𝘀𝘂𝗼𝗶 𝗳𝗿𝘂𝘁𝘁𝗶? 𝗘’ 𝗻𝗲𝗰𝗲𝘀𝘀𝗮𝗿𝗶𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗮 𝗶𝗻 𝗰𝗮𝗿𝗶𝗰𝗼 𝗺𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼𝗿𝗲 𝗱𝗮 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗴𝗼𝘃𝗲𝗿𝗻𝗼? 𝗣𝘂𝗼̀ 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝘂𝗻 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗼 𝗯𝗶𝗹𝗮𝗻𝗰𝗶𝗼 𝘀𝘂𝗹𝗹’𝗮𝘁𝘁𝘂𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗲𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗻𝗲𝗹 𝗠𝗲𝘇𝘇𝗼𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼?
R: In tutti i bandi seguiti finora la Quota Sud del 40 per cento è stata rispettata o addirittura superata. Proprio in questi giorni stiamo facendo una corsa contro il tempo per incardinare il maggior numero di interventi possibili: serviranno al prossimo governo per incassare la rata di dicembre, ammesso che non intenda davvero fermare tutto e ridiscuterlo.
𝗗: “𝗡𝗼𝗻 𝗳𝗮𝘁𝗲𝘃𝗶 𝗿𝘂𝗯𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝘃𝗼𝘁𝗼” 𝗲̀ 𝗶𝗹 𝘁𝗶𝘁𝗼𝗹𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗰𝘂𝗶 𝗶𝗹 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗼 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗵𝗮 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗮𝗽𝗽𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗺𝘂𝗻𝗶𝘁𝗮̀ 𝗺𝗲𝗿𝗶𝗱𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗮𝗳𝗳𝗶𝗻𝗰𝗵𝗲́ 𝗻𝗼𝗻 𝗰𝗲𝗱𝗮 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗲𝗳𝗳𝗶𝗺𝗲𝗿𝗲 𝗹𝘂𝘀𝗶𝗻𝗴𝗵𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝘀𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝗹𝗶𝘀𝗺𝗼, 𝗮𝗻𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗻𝗼𝗻 𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗮𝗰𝗾𝘂𝗮 𝗮𝗹 𝗺𝘂𝗹𝗶𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗲 “𝗳𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶” 𝗻𝗼𝗿𝗱𝗶𝘀𝘁𝗲 𝗱𝗶 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗮𝗺𝗯𝗶 𝗴𝗹𝗶 𝘀𝗰𝗵𝗶𝗲𝗿𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗶𝗱𝗲𝗿𝗮𝗻𝗼 “𝗯𝘂𝘁𝘁𝗮𝘁𝗶” 𝗶 𝘀𝗼𝗹𝗱𝗶 𝗱𝗲𝘀𝘁𝗶𝗻𝗮𝘁𝗶 𝗮𝗹 𝗦𝘂𝗱…
R: Un giusto appello. E mi permetto di segnalare che Azione-Italia Viva è l’unica forza che dedica al Sud un robusto capitolo del suo programma anziché qualche riga distratta, e lo mette al secondo posto, non in fondo alla lista.
𝗗: 𝗣𝗮𝗹𝗮𝗱𝗶𝗻𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗿𝗲𝗱𝗱𝗶𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗶𝘁𝘁𝗮𝗱𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗮 𝗶𝗹 𝗠𝗼𝘃𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝟱 𝘀𝘁𝗲𝗹𝗹𝗲 𝘀𝗲𝗺𝗯𝗿𝗮 𝘀𝘁𝗶𝗮 𝗿𝗲𝗰𝘂𝗽𝗲𝗿𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗲𝗻𝘀𝗶 𝗻𝗲𝗹 𝗠𝗲𝘇𝘇𝗼𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼 – 𝗠𝗮𝘁𝘁𝗲𝗼 𝗥𝗲𝗻𝘇𝗶, 𝘁𝗿𝗮 𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗺𝗼𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝗧𝗲𝗿𝘇𝗼 𝗣𝗼𝗹𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗰𝘂𝗶 𝗹𝗲𝗶 𝘀𝗶 𝗰𝗮𝗻𝗱𝗶𝗱𝗮 – 𝗵𝗮 𝗱𝗲𝗽𝗼𝘀𝗶𝘁𝗮𝘁𝗼 𝘂𝗻 𝗿𝗲𝗳𝗲𝗿𝗲𝗻𝗱𝘂𝗺 𝗽𝗲𝗿 𝗮𝗯𝗼𝗹𝗶𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝗺𝗶𝘀𝘂𝗿𝗮 -. 𝗟𝗲𝘁𝘁𝗮 𝗽𝗿𝗼𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲 𝗹𝗮 𝗰𝗿𝗲𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝟯𝟬𝟬 𝗺𝗶𝗹𝗮 𝗽𝗼𝘀𝘁𝗶 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗮 𝗮𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲. 𝗔𝘀𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝗹𝗶𝘀𝗺𝗼 𝗲 𝗣𝗮: 𝗰𝗼𝗻 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗲 𝗿𝗶𝗰𝗲𝘁𝘁𝗲 𝗱𝘂𝗲 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝘁𝗶 𝗲𝘅 𝗮𝗹𝗹𝗲𝗮𝘁𝗶 𝘀𝗶 𝘀𝗳𝗶𝗱𝗮𝗻𝗼 𝘀𝘂𝗹 𝘁𝗲𝗿𝗿𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶𝗼 𝗺𝗲𝗿𝗶𝗱𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲. 𝗣𝗲𝗻𝘀𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗲 𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗲𝗴𝗶𝗲 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗮𝗻𝗼 𝗮𝘃𝗲𝗿𝗲 𝘂𝗻 𝗿𝗶𝘀𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗼 𝘀𝗶𝗴𝗻𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝘁𝗶𝘃𝗼 𝗻𝗲𝗹𝗹’𝗲𝗹𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗺𝗲𝗿𝗶𝗱𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲?
R: Tutti e due scommettono sulla disgrazia del Sud, e lo vogliono tenere nella disgrazia perché in caso contrario certo non cederebbe il suo voto in cambio di un sussidio o per la promessa di un posto pubblico chissà quando. Io, da ministro per il Sud, ho scommesso sulla forza, sulla volontà, sulla capacità di un Sud a cui vanno date opportunità, non elemosina. Si può fare, lo abbiamo fatto: in un anno abbiamo visto aprirsi in Italia 700mila nuovi posti di lavoro, la maggioranza dei quali a tempo indeterminato, moltissimi nel Mezzogiorno. Interrompere questa azione è stato davvero un delitto contro i giovani, le donne, gli adulti che vogliono lavorare e vivere, non limitarsi a sopravvivere.
𝗗: 𝗜𝗹 𝗣𝗮𝗲𝘀𝗲 𝗽𝗼𝘁𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗮𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝘃𝗼𝗹𝘁𝗮 𝘂𝗻𝗮 𝗱𝗼𝗻𝗻𝗮 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗲𝘀𝗶𝗱𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗖𝗼𝗻𝘀𝗶𝗴𝗹𝗶𝗼. 𝗘’ 𝘂𝗻𝗮 𝘃𝗶𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗶𝗻𝗱𝗶𝗽𝗲𝗻𝗱𝗲𝗻𝘁𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗮 𝗰𝗵𝗶 𝗱𝗼𝘃𝗲𝘀𝘀𝗲 𝗿𝗶𝗰𝗼𝗽𝗿𝗶𝗿𝗲 𝗾𝘂𝗲𝗹 𝗿𝘂𝗼𝗹𝗼?
R: Meloni premier romperebbe di sicuro il tetto di cristallo, ma dobbiamo stare attenti che i cocci non caschino in testa alle donne. Ci sono almeno due elementi molto preoccupanti. Il primo è la richiesta di abolire le Quote Rosa, una forma di sostegno che non piace a nessuna ma che ha obbligato ad aprire alle donne posti strameritati: nei CdA sono passate dal 7 a oltre il 40 per cento, senza Quote non sarebbe mai successo. Il secondo è il voto contrario di FdI all’europarlamento alla norma che vincola gli Stati membri alla ratifica della Convenzione di Istanbul, principale strumento giuridico di contrasto alla violenza sulle donne e sulle bambine, alla tratta, ai matrimoni forzati. Il timore di un passo indietro sui diritti mi sembra più che fondato.
𝗗: 𝗟𝗲𝗶 𝗵𝗮 𝗹𝗮𝘀𝗰𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗙𝗼𝗿𝘇𝗮 𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮, 𝗰𝗵𝗲 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗿𝗲𝘀𝗲𝗻𝘁𝗮 𝗮𝗻𝗰𝗼𝗿𝗮 𝗮𝗹 𝗴𝗼𝘃𝗲𝗿𝗻𝗼 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗶𝗹 𝗦𝘂𝗱, 𝗱𝗼𝗽𝗼 𝗶𝗹 𝗺𝗮𝗻𝗰𝗮𝘁𝗼 𝘃𝗼𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗳𝗶𝗱𝘂𝗰𝗶𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗶𝘁𝗼 𝗮 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗗𝗿𝗮𝗴𝗵𝗶, 𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗲 𝗯𝗲𝗻𝗲 𝗹𝗲 𝗱𝗶𝗻𝗮𝗺𝗶𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗲𝗹 𝗰𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼𝗱𝗲𝘀𝘁𝗿𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗼𝗿𝗮 – 𝗱𝗮𝗹 𝘀𝗼𝘀𝘁𝗲𝗴𝗻𝗼 𝗮 𝗢𝗿𝗯𝗮𝗻 𝗮𝗹𝗹𝗼 𝘀𝗰𝗼𝘀𝘁𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗯𝗶𝗹𝗮𝗻𝗰𝗶𝗼, 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗻𝗼𝗻 𝗱𝗶 𝗽𝗼𝗰𝗼 𝗿𝗶𝗹𝗶𝗲𝘃𝗼 – 𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝗲 𝘁𝘂𝘁𝘁’𝗮𝗹𝘁𝗿𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝘂𝗻𝗶𝘁𝗼. 𝗔𝗹 𝗱𝗶 𝗹𝗮̀ 𝗱𝗲𝗹 𝗿𝗶𝘀𝘂𝗹𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗲𝗹𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝘁𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝗿𝗮̀ 𝗶𝗹 𝗽𝗲𝘀𝗼 𝗲𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗼 𝗱𝗶 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗳𝗼𝗿𝘇𝗮, 𝗰𝗿𝗲𝗱𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗰𝗶 𝘀𝗶𝗮𝗻𝗼 𝗹𝗲 𝗯𝗮𝘀𝗶 𝗮𝗳𝗳𝗶𝗻𝗰𝗵𝗲́ 𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗮𝗹𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝘃𝗼𝗹𝘁𝗮 𝗮 𝗣𝗮𝗹𝗮𝘇𝘇𝗼 𝗖𝗵𝗶𝗴𝗶 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗮 𝗴𝗼𝘃𝗲𝗿𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗣𝗮𝗲𝘀𝗲 𝗱𝗶 𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗮𝗹𝗹𝗲 𝗴𝗶𝗴𝗮𝗻𝘁𝗲𝘀𝗰𝗵𝗲 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗶𝗼𝗻𝗶 – 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗿𝗶𝘀𝗶 𝗲𝗻𝗲𝗿𝗴𝗲𝘁𝗶𝗰𝗮 𝗮𝗹 𝗿𝗶𝘀𝗰𝗵𝗶𝗼 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝗰𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗲 – 𝗰𝘂𝗶 𝗱𝗼𝘃𝗿𝗮̀ 𝗱𝗮𝗿𝗲 𝗿𝗶𝘀𝗽𝗼𝘀𝘁𝗲?
R: Già immagino il primo Consiglio dei ministri: solo stilare l’ordine del giorno sarà un enorme problema perché Salvini vorrà la Flat Tax al 15 per cento, Meloni la Flat Tax incrementale, Berlusconi le pensioni a mille euro. Se c’è una sicurezza, è che sarà una delle maggioranze più litigiose di sempre.
𝗗: 𝗟𝗲 𝗽𝗼𝘀𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗟𝗲𝗴𝗮 𝗲 𝗙𝗿𝗮𝘁𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗱’𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮 𝘀𝘂𝗹𝗹’𝗨𝗻𝗴𝗵𝗲𝗿𝗶𝗮 𝗱𝗶 𝗢𝗿𝗯𝗮𝗻, 𝗹𝗲 “𝘀𝗶𝗺𝗽𝗮𝘁𝗶𝗲” 𝗳𝗶𝗹𝗼𝗿𝘂𝘀𝘀𝗲 𝗱𝗶 𝗦𝗮𝗹𝘃𝗶𝗻𝗶: 𝗲̀ 𝗶𝗻 𝘃𝗶𝘀𝘁𝗮 𝘂𝗻 𝗿𝗶𝗽𝗼𝘀𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗴𝗲𝗼𝗽𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮? 𝗤𝘂𝗮𝗹𝗶 𝘀𝗮𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲𝗿𝗼 𝗹𝗲 𝗿𝗶𝗽𝗲𝗿𝗰𝘂𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝘂𝗻 𝗣𝗮𝗲𝘀𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗗𝗿𝗮𝗴𝗵𝗶 𝗮𝘃𝗲𝘃𝗮 𝗿𝗶𝗰𝗼𝗻𝗾𝘂𝗶𝘀𝘁𝗮𝘁𝗼 𝗮𝘂𝘁𝗼𝗿𝗲𝘃𝗼𝗹𝗲𝘇𝘇𝗮 𝗲 𝗰𝗿𝗲𝗱𝗶𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀, 𝗲 𝘂𝗻 𝗿𝘂𝗼𝗹𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗼 𝗽𝗶𝗮𝗻𝗼 𝘀𝘂𝗹𝗹𝗮 𝘀𝗰𝗲𝗻𝗮 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲?
R: La ripercussione immediata è tutta in una domanda. L’Europa si chiederà: ma vale la pena di svenarsi per sostenere un Paese scettico sui nostri valori, che mette in discussione persino la validità della legislazione europea? Vale la pena per la BCE sostenere con acquisti massicci i loro titoli di Stato? Se la risposta fosse no, si aprirebbe un baratro.
𝗗: 𝗜𝗹 𝗧𝗲𝗿𝘇𝗼 𝗣𝗼𝗹𝗼 𝘀𝘁𝗮 𝗴𝗶𝗼𝗰𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗯𝘂𝗼𝗻𝗮 𝗽𝗮𝗿𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘀𝘂𝗮 𝗰𝗮𝗺𝗽𝗮𝗴𝗻𝗮 𝗲𝗹𝗲𝘁𝘁𝗼𝗿𝗮𝗹𝗲 𝗻𝗲𝗹 𝗻𝗼𝗺𝗲 𝗱𝗶 𝗠𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗗𝗿𝗮𝗴𝗵𝗶 𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝘀𝘂𝗼 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮. 𝗠𝗮 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗲𝗺𝗶𝗲𝗿 𝘂𝘀𝗰𝗲𝗻𝘁𝗲, 𝗽𝗲𝗿𝗼̀, 𝗵𝗮 𝗿𝗲𝗰𝗲𝗻𝘁𝗲𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗲𝘀𝗰𝗹𝘂𝘀𝗼 𝘂𝗻 𝘀𝘂𝗼 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗯𝗶𝗹𝗲 𝗿𝗶𝘁𝗼𝗿𝗻𝗼 𝗮 𝗣𝗮𝗹𝗮𝘇𝘇𝗼 𝗖𝗵𝗶𝗴𝗶… 𝗟𝗲𝗶 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝗻𝗲 𝗽𝗲𝗻𝘀𝗮?
R: Ma davvero qualcuno pensa che ci potesse essere una risposta diversa? Un uomo dello Stato, un garante delle istituzioni come Mario Draghi, a una settimana dal voto mai avrebbe potuto rispondere “si” o anche “vedremo”. Qualunque altra risposta avrebbe portato il caos nella campagna elettorale. Dobbiamo creare le condizioni perché lo scenario di un Draghi-bis si realizzi, e la condizione principale è il successo del Terzo Polo.


