Autore originale del testo: Alfredo Morganti
La storia con i ‘se’ e con i ‘ma’
Il film di Nanni Moretti mi è piaciuto, è di pregevole fattura, in un certo senso è felliniano, anche se non è certamente il suo migliore. Io resto innamorato di ‘Bianca’. Ma non del film voglio parlare, piuttosto dell’idea di fare la storia coi ‘se’ e coi ‘ma’, che qui è un po’ la morale morettiana. Se c’è una cosa che sembra pressoché ferma e indubitabile, è proprio la storia: essa appare salda, immodificabile, imperitura. Tant’è che chi prova a darne interpretazioni radicalmente diverse viene tacciato di revisionismo. Giudichiamo, giustamente, uno scandalo totalitario il fatto che un “grande fratello” possa modificarne il solco, cambiando persino gli articoli dei giornali di archivio a uso e consumo di un potere dittatoriale.
Moretti invece esalta i ‘se’ e i ‘ma’. Lo fa in termini di finzione, certo, in qualche modo la fiction ha nelle corde la “revisione” storica, è legittimata a farlo, sennò che fiction sarebbe? Nel Sol dell’Avvenire, però, la revisione è l’asse centrale, è il ribaltamento del plot, ispira la semantica del film, ruota attorno a essa. Ne è la ragione. E rovescia in un certo senso la prospettiva normale, quella per cui è il futuro che deve essere cambiato, non il passato, sulla cui rocciosa sostanza si impianta il presente. Faccio solo due riflessioni. Una è appunto questa, l’idea che si debba cambiare il passato per sperare in un presente diverso (così che il futuro non apparirebbe più di nostro interesse). E non invece il presente, per mutare il futuro.
La seconda, invece, è l’idea che si possa davvero esercitare una potenza di natura così incalcolabile, tale da modificare anche l’immodificabile, il perdurante, ciò che è ormai passato. Siamo certi che si possa costruire una società migliore (un futuro migliore!) aspirando a (ed esercitando) una potenza così forte, persino superiore alla storia che nel tempo si è andata sedimentando alle nostre spalle? E siamo certi che si tratterebbe di un futuro migliore di quello costruito studiando invece la storia (piuttosto che tentare di cambiarla)? Di quello costruito guardando al futuro con le gambe ben salde nel presente, nella sua vincolante cornice, pienamente convinti dei nostri limiti, dei limiti della nostra azione quotidiana, ma facendo leva proprio su questi limiti? Domande ineludibili, secondo me, a cui il film provoca. Ma non ho sentito nessuno che se le sia poste davvero.


