Il PD ed Elly Schlein tra palco e realtà

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Il PD ed Elly Schlein tra palco e realtà
Ho un problema. Ma più che un problema è una preoccupazione. Voi tutti sapete come in Italia basti solo criticare la strategia Nato sulla vicenda ucraina, basti solo esprimere dei dubbi sul modo in cui si sta gestendo la guerra (“fino alla vittoria!”), basti solo rilevare come stiamo gettando benzina sul fuoco di un incendio divampato nel nostro giardino di casa, per meritarci l’appellativo di filoputiniani. Non è l’appellativo in sé (se ne dicono davvero di tutti i colori, ormai, quasi sempre a sproposito), quanto il segnale che il dibattito politico si è azzerato, per di più su temi decisivi di politica internazionale, e ancor più sulla guerra, che è tema politico per eccellenza. Io ci vedo un riflesso condizionato: di certe cose non si deve nemmeno parlare, c’è un pensiero unico che pensa per tutti, e quindi perché affannarsi? Piuttosto, pensate a consumare che qui la domanda interna crolla.
Il sospetto è che, questo stesso azzeramento, stia operando anche nel dibattito politico interno. Non da ora, ovviamente, ma da un po’. Draghi è stato il segno lampante dell’appiattimento politico, il punto più basso toccato dalla politica italiana in questi decenni (a parte Renzi, che è stato una specie di Death Valley della sinistra italiana). In questi giorni, tuttavia, ho capito che non si può dire nulla nemmeno di Elly Schlein, o meglio non si possono sollevare dubbi, preoccupazioni, inquietudini, perché anche in questa circostanza si è alzato il muro del pensiero unico: o si è con lei o contro di lei, o si plaude o si è traditori della causa (quale?, ma questo è un altra questione). Con Elly si vince, ecco il mantra che circola nelle menti di tanti. Lo dicono i sondaggi, lo dicono le percentuali (30%) che affiorano dalle bocche dei dirigenti PD che restano anonimi nei “retroscena”, ossia i pezzi scritti sotto velina, lo dicono gli opinionisti, a cui non pare vero che sia sorta dal quasi nulla una donna che possa esprimere da sé, come persona, una linea politica, senza tanti fronzoli. Una donna che unisce tutti, dai renziani interni al restante ceto politico e agli iscritti, che pare aumentino copiosamente, così come le percentuali dei sondaggi.
Oggi se tocchi la Schlein e fai quello che si dovrebbe fare in politica, ossia dibattere, sollevare questioni, demolire i pensieri unici (al plurale), sei un nemico interno, uno che vuole la sconfitta della sinistra, uno che tira la corda all’opposto, uno che deve stare zitto perché è una specie di nemico del popolo. Le interviste di Elly Schlein (verso cui non ho nulla, ma essendo segretario del PD, oggi è una figura pubblica naturalmente sottoposta a esame) sono prove di equilibrismo, sono deboli dove dovrebbero essere forti, sono una catena di enunciazioni di principio che vanno bene quando si fa Occupy PD, non quando si fa PD senza Occupy. Eppure attorno a lei è un’osanna. Questa scollatura tra realtà dei fatti e immaginazione politica, non è l’ennesimo esempio di un’assenza di dibattito pubblico, di confronto democratico, di partecipazione effettiva e collettiva alle scelte politiche? Quel gap tra palco e realtà si colma solo se si torna a discutere: della pace e della guerra, delle ingiustizie sociali e dei diritti, della qualità della vita di ultimi e penultimi. E non solo a discutere, ma ad agire per trovare soluzioni che tocchino gli interessi sociali più disagiati, il tema del lavoro, la vita nelle periferie. Perché ogni discussione vera porta a una scelta, spesso difficile, spesso complicata. Sennò non è politica, ma un prolungamento con altri mezzi degli editoriali scritti sui giornaloni di lor signori. Tutta fuffa, insomma.
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