Rivoluzioni, Ironia e Testardaggine: Auto-intervista a Maddalena Celano
Intervistatrice (Maddalena A): Oggi siamo qui con Maddalena Celano, una scrittrice, docente, attivista, aspirante rivoluzionaria e, a quanto pare, anche moderatrice di sé stessa. Maddalena, cominciamo con una domanda esistenziale: sei più stanca di spiegare che cosa fai nella vita o del mondo che ti circonda?
Intervistata (Maddalena B): Oh, bella gara! Direi che sono stanca quanto basta di entrambe le cose, ma questo mi dà ancora più motivazione. Spiegare che faccio la scrittrice, l’attivista e la docente è come combattere un pregiudizio culturale: “Ma allora vivi d’aria?”. Quanto al mondo, beh, con i tempi che corrono c’è poco da essere ottimisti. Però mi piace pensare che la lotta, almeno, tenga lontana l’apatia.
Maddalena A: Nei tuoi libri c’è sempre un legame tra passato e presente. Penso a Eroine Ribelli (pubblicato recentemente con Pascale Editore) o al tuo lavoro su Simón Bolívar e Manuela Sáenz. Perché la storia è così importante per te?
Maddalena B: Perché la storia è il terreno di battaglia delle idee. Chi controlla la narrazione del passato, controlla il presente e cerca di indirizzare il futuro. Le eroine di cui parlo non sono solo figure storiche: sono simboli, insegnano che la resistenza è possibile. Bolívar e Manuela non sono solo “personaggi storici” ma ispirazioni attuali, specie in un mondo dove il neoliberismo vorrebbe farci credere che la ribellione è inutile.
Maddalena A: Il tuo lavoro su Manuela Sáenz ha ricevuto molti elogi, ma anche qualche critica per l’approccio troppo “militante”. Come rispondi a chi ti accusa di idealizzare certe figure?
Maddalena B: Rispondo che la storia è sempre interpretazione. Se la mia è militante, bene! Meglio che essere “oggettiva” – che, tradotto, vuol dire non prendere posizione e quindi accettare la narrazione dominante. Manuela Sáenz non è stata solo la compagna di Bolívar: è stata una rivoluzionaria, una donna che ha sfidato le convenzioni e pagato un prezzo altissimo per la sua libertà. Idealizzarla? No. Celebrarla? Sempre.
Maddalena A: In “Anatomia di un Suicidio” racconti una storia molto personale ma con implicazioni universali. Come nasce quel libro?
Maddalena B: Nasce dalla rabbia e dal dolore. Raccontare la storia di Alma Sejini è stato un modo per darle la giustizia che le è stata negata. Lei non era solo una vittima del traffico di esseri umani: era una donna con sogni, un’amica, una persona straordinaria. Il libro è un atto d’amore e di denuncia. È il mio modo di dire che le vittime non sono numeri o statistiche, ma vite spezzate da un sistema crudele.
Maddalena A: Passiamo alla politica. Sei una delle poche intellettuali che parla apertamente di socialismo bolivariano e Internazionale Antifascista. Non temi di essere etichettata?
Maddalena B: Temere di essere etichettata? No, anzi! Le etichette sono inevitabili, quindi tanto vale scegliersele. Essere a favore del socialismo bolivariano non è una posizione “comoda” in Italia, lo so bene. Ma la comodità è il nemico dell’impegno. Cuba, Venezuela, Bolivia… sono esempi di resistenza contro un sistema che distrugge popoli e risorse per il profitto. Se difendere la loro lotta significa essere etichettata, allora mettetemi pure un bollino rosso!
Maddalena A: Non solo politica internazionale, ma anche battaglie locali. Hai parlato spesso di traffico di esseri umani, disuguaglianza di genere e diritti dei migranti. Credi ancora che l’Italia possa cambiare?
Maddalena B: Credo che l’Italia possa cambiare solo se lo vogliamo davvero. Siamo un paese che ama raccontarsi come culla di civiltà, ma fatichiamo a vedere chi è ai margini. I diritti dei migranti, delle donne, dei lavoratori non sono “questioni secondarie”: sono il cuore di una società giusta. Non mi arrendo, anche se spesso ho l’impressione di remare controcorrente.
Maddalena A: Una domanda più leggera. Hai mai pensato di fare l’influencer? Parlare di politica con balletti su TikTok, magari?
Maddalena B: (Ride) Mai dire mai! Però ho il sospetto che non sarei una brava influencer. Se cominciassi a fare balletti, finirebbero tutti con un pugno chiuso e un libro in mano. E, francamente, non sono sicura che TikTok sia pronto per Marx, Che Guevara o Bolívar in versione coreografica!
Maddalena A: L’ultima domanda: cosa sogni per il futuro?
Maddalena B: Sogno una rivoluzione culturale. Un mondo dove le persone si fermino a riflettere, dove i libri siano armi pacifiche e le idee non vengano messe a tacere. Sogno che le lotte di cui parlo diventino quelle di tutti. E, magari, sogno un po’ di tempo per scrivere ancora. Anche se, conoscendomi, finirò sempre con una penna in mano e una battaglia da combattere.


