Fonte: Il Fatto Quotidiano
Io, invece, difendo l’appello anti-Butler e Gadot a Venezia
A differenza di Marco Travaglio, condivido in pieno la richiesta degli artisti riuniti in Venice4Palestine di non invitare alla Biennale attori come “Gerard Butler e Gal Gadot, protagonisti di un film fuori concorso, che sostengono ideologicamente e materialmente la condotta politica e militare di Israele”. Non ha nulla a che fare con la censura, che per definizione è esercitata dal potere contro il dissenso: qua, al contrario, i poteri occidentali sono compattamente per Israele, il carnefice. Mentre per la vittima, il popolo palestinese, milita un dissenso dal basso: questo sì, censuratissimo. Gli artisti non chiedono il boicottaggio della cultura israeliana in quanto tale, né quello dei loro colleghi israeliani: chiedono di non invitare figure personalmente compromesse, in vari modi, con la propaganda del governo di Tel Aviv. Tanto per capirsi: quando Gal Gadot ha criticato Netanyahu nel 2019, con la frase, citata da Travaglio, contro l’apartheid che vige in Israele, ha chiamato ‘arabi’ i palestinesi con documenti israeliani, secondo una prassi che nega anche con le parole l’identità palestinese. Dopo il 7 ottobre, Gadot aveva provato a smarcarsene, scrivendo una cosa profondamente condivisibile (“Uccidere palestinesi innocenti è orribile. L’uccisione di israeliani innocenti è orribile. Se non provi lo stesso, dovresti chiederti perché”): salvo cancellarla dopo le proteste furiose dei suoi concittadini. Un episodio che svela la piena consapevolezza dell’attrice e che getta una luce anche più sinistra sul suo incondizionato sostegno a Israele, e in particolare all’Idf (“vinceremo!”, ha scritto sui social più volte…).
Caro Tomaso, il Fatto prende posizione ogni giorno e fin dal primo giorno contro i crimini del governo israeliano, anche a tua firma. Ma, appunto, contro il governo israeliano, non contro artisti, intellettuali e cittadini che in ogni Paese devono essere liberi di dire o non dire ciò che vogliono senza subire alcun danno per aver detto ciò che non piace a qualcuno o non aver detto ciò che piace a qualcuno (e chi sarebbe, poi, il “qualcuno” titolato a dispensare patenti di accettabilità?). Per fermare lo sterminio a Gaza bisogna sanzionare il governo israeliano e levargli le armi, non impedire a due attori (che fra l’altro non hanno mai detto una parola favorevole o corriva sullo sterminio) di presentare un film a un festival. Io spesso non condivido ciò che tu scrivi, ma lo pubblico e non mi sognerei mai di importi di scrivere quel che penso io. È questo il punto-chiave che distingue le democrazie liberali dalle autocrazie.
Marco Travaglio


