Fonte: La Stampa
Una tenda per condividere il lutto, soltanto così si arriva alla pace
Come nel villaggio di Neve Shalom, israeliani e palestinesi confrontino il proprio dolore
Siamo nel momento in cui sembra che nessuna tregua, nessuna pace potrà mai avvicinare israeliani e palestinesi, mentre Gaza intera brucia e masse immense di palestinesi si trascinano senza più forze da una parte all’altra della Striscia, mentre i civili muoiono ad ogni istante. L’odio è al suo punto massimo, il culto della forza ha la sua apoteosi.
L’esempio di Neve Shalom sarà ripreso domenica 21 settembre a Milano, al Giardino dei Giusti dell’Umanità creato dalla Fondazione Gariwo a Monte Stella, con l’installazione della Tenda del lutto: un luogo in cui chi è in lutto, chi ha perduto qualcuno in questa guerra, chi non riesce a avere pace dentro di sé, trovi un inizio di pace parlando col “nemico”, avvicinandolo e cercando di comprendere i suoi stati d’animo, e spiegandogli i suoi. É un’esperienza fondamentale fatta in questi anni a Neve Shalom, e riprenderla oggi, qui dove non ci sono bombe ma linguaggio d’odio e violenza, può essere importante. Perché la tenda del lutto accanto alla riconciliazione elabora anche il vero, cioè il senso della giustizia. Come nel Sudafrica di Desmond Tutu dove verità e riconciliazione andarono insieme, aiutando ad uscire dall’odio. Verità per riconoscere i carnefici e distinguerli dalle vittime, riconciliazione per porre fine alla guerra.
Perché discutere col nemico e riconoscerlo come proprio simile, toglie alla violenza di guerre come questa, sproporzionate, volte a distruggere e basta, le sue motivazioni profonde. Uccidere i civili, vecchi, malati, bambini, richiede prima che essi siano privati della loro umanità. Lo hanno fatto i nazisti nella Shoah contro gli ebrei, lo hanno fatto tutti i perpetratori nel corso delle violenze e dei genocidi che hanno costellato i decenni che abbiamo alle spalle. E ora le voci dei fanatici di Israele ci dicono che questi bambini palestinesi devono morire perché saranno i terroristi di domani. No, rifiutiamo questa disumanizzazione. Sediamo nella tenda del lutto a riconoscere l’umanità dell’altro.
Molti, impegnati nella resistenza a questa inutile strage, hanno dato il loro assenso. Ma a parte i nomi noti, ma a parte i politici, questa è per sua natura, dovrà essere, un’iniziativa di tutti. Di chi guarda con dolore al conflitto, soffre per i morti, come di chi scopre nel suo cuore indifferenza e sceglie di combatterla. Sedersi in quella tenda richiede una scelta. E poi, è un momento di pace, e ne abbiamo così pochi che converrà davvero tenercelo caro.


