ETTORE  E  ANDROMACA

per Filoteo Nicolini

ETTORE  E  ANDROMACA

Credo sia arrivato il momento giusto per parlare di una impressione che mi porto dentro dai tempi della scuola media, legata allo studio dell’Iliade di Omero. È una impressione, ma dovrei dire un malessere sottile dell’anima, nascosto lì in basso da dove non era mai emerso. Quando avevo dodici anni, a me la morte di Ettore era dispiaciuta. Ma quel dispiacere era rimasto sotto traccia nella mia sensibilità infantile, il linguaggio del cuore era ancora silente.

Poi, tanti anni fa, guardando il quadro di Giorgio De Chirico che raffigura Ettore e Andromaca al momento del commiato finale, quell’impressione lì sommersa l’ho percepita nella sua integrità. È l’ultimo abbraccio tra Ettore e Andromaca prima che l’eroe troiano vada incontro a Achille nel duello finale. Quello che era rimasto nel fondo, quello che potevo sentire da adolescente, a poco a poco riemergeva dalla contemplazione dell’opera, dove vedevo i due sposi e innamorati, coscienti dell’imminente, fatale destino. Rassegnata e impotente Andromaca per trattenere l’amato, pronto a lanciarsi alla difesa della città Ettore.

E ora, scavando nel ricordo di quegli anni ormai lontani, mi pare di percepire rinnovata l’altra sensazione, assolutamente soggettiva, di avversione per quell’Achille dotato di poteri sovrumani e mosso dall’odio implacabile. Superuomo immortale, ammirato dagli dei, educato alle virtù guerriere, attratto dalle armi, collerico e vendicativo al punto di fare scempio del corpo di Ettore. È lunga la lista delle vittime di Achille, almeno settantasette durante la guerra di Troia.

Il principe troiano era un uomo di cuore, valoroso e compassionevole, sprovvisto di poteri sovrannaturali e inviso a molti dèi; combatteva con fierezza avversari temibili semplicemente da uomo. Nei suoi pensieri c’erano sempre la moglie e il figlio, aveva una famiglia a cui amava ritornare, era contrario alla guerra e consigliò la restituzione di Elena; ma combattè senza esitazioni timoroso di essere considerato disertore. Difendeva Troia dall’assedio greco come se non gli importasse della vita, e in ogni battaglia sapeva avere rispetto per il nemico.

Andromaca aveva perso gran parte della sua famiglia e non voleva perdere anche l’amato, al punto di pregarlo di non scontrarsi con Achille poiché le aveva già ucciso il padre e sette fratelli; ma Ettore respinse le richieste della moglie perche lottare era il suo dovere.

Nelle “Troiane” di Euripide sono rappresentate Ecuba, Andromaca e Cassandra confinate in uno stretto spazio, in attesa di conoscere la sorte a loro destinata dai vincitori Greci. I tre personaggi femminili sono in condizione di prigionia e le attende la schiavitù a vita che le sarà comunicato. Le loro esistenze e i loro dolori mostrano a teatro apertamente gli orrori di ogni guerra.

C’è una chiave di lettura in questo testo, e ognuno potrà trovarne il significato, la metafora  o l’allegoria con la vita presente.

FILOTEO NICOLINI

Immagine: ETTORE E ANDROMACA, Giorgio De Chirico.

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