A proposito di trasporto pubblico

È bello in questi giorni sentir parlare così tanto di trasporto pubblico. È bello, perché in tutti questi anni il TPL è stato comunque rappresentato come roba da sfigati e da poveracci. Mentre il vincente, il furbo, quello che ci sa fare, va in automobile e non si mischia affatto con i vecchi, i poveri, gli immigrati, gli studenti, le signore dell’est che vanno a servizio e che usano i bus! Poco importa che le strade in città siano intasate, i parcheggi saturi, le regole non siano rispettate, l’aria irrespirabile: vuoi mettere la differenza tra stare pressati in un bus e invece posare il culo al caldo dentro l’abitacolo di un SUV sovradimensionato per le stradine del centro? E poi lasciarlo dove capita, dopo esserne usciti da soli, senza nemmeno un cane accanto a giustificare quelle dimensioni da pullman turistico?

Dicevo, è bello sentir parlare di trasporto pubblico da un coro di automobilisti inveterati e niente affatto pentiti. Perché vuol dire che hanno almeno capito quanto il TPL sia ESSENZIALE per l’economia cittadina, per la vita delle metropoli, per la salute di tutti, soprattutto in tempo di contagi e di virus. Sono gli stessi che attaccano il governo e dicono che in questi mesi estivi il TPL andasse potenziato (non per utilizzarlo loro, non sia mai!, ma per farlo usare sempre agli sfigati di prima), e non averlo fatto è stata una gravissima colpa.

Credono che, dopo aver demolito per decenni il trasporto pubblico con tagli continui, ché tanto la regina è l’automobile mica la metro, adesso sia possibile “potenziarlo” d’emblée, in soli tre mesi. Ma certo, come no. Troppo comodo, in questi anni, sostenere il trasporto privato e l’industria automobilistica anche quando fissa la sede legale in Olanda, e poi sperare che, di colpo, il trasporto pubblico possa risorgere come la Fenice per autogerminazione. Il punto è che, senza modificare il modello di sviluppo e gli stili di vita, i miracoli non possono avvenire, nemmeno stando seduti comodi in un SUV. Sapevatelo.