Cosa succederà dopo il 25 settembre?
Sentendo i contendenti, in questa strana campagna elettorale, si ha l’impressione che chiunque vinca nella competizione elettorale, cambierà o potrà cambiare poco dell’attuale agenda di governo (quella non scritta o dichiarata, ma agente e condizionante tutti i protagonisti politici, dettata da quello che, letterariamente, potremmo definire il nuovo Molock imperiale). Sarà sempre la stessa, sarà una continuazione della cosiddetta e agitata a mo’ di bandierina da tutti, Agenda Draghi: filoatlantismo di stretta osservanza, un’Austerità rivolta a salvaguardare gli interessi dei ceti dominanti a discapito delle forze produttive e dello sviluppo, del lavoro e dei ceti popolari attraverso un’elevata inflazione che abbasserà salari e potere d’acquisto e distruzione di un tessuto economico industriale e commerciale, piccolo e medio, politiche di riarmo e stretta sulle disponibilità dei mercati di esportazione o di approvvigionamento delle materie prime. Del resto lo promettono e lo ripetono tutti i contendenti, da Letta, Calenda, alla Meloni, Berlusconi e Salvini che il dopo è ancora nelle mani di Draghi, del resto non potrà essere diversamente. Non potrà andare diversamente perché nel mondo, dopo la crisi finanziaria USA del 2008 che ha segnato la fine del ciclo glorioso dell’impero vincente del Dopo ’89 è stata scatenata dagli USA una guerra mondiale fatta di aggressioni, destabilizzazioni, per ripristinare un ordine mondiale, il proprio, andato in pezzi. Cina e Russia, ma anche India, Brasile e America Latina, non sono più addomesticabili e soggiogabili. La crisi USA, del suo impero e di tutto l’Occidente capitalistico, Europa compresa, sta tutta qui, nel non poter disporre a proprio esclusivo piacimento delle risorse e dei mercati del Mondo. L’impero, superproduttivo, ma non distributivo, è costretto a distruggere risorse e forze produttive, anche all’interno dei propri paesi, attraverso la guerra continua ed un’austerità distruttiva e depressiva. Questa è la terapia adottata dall’impero. Dopo l’entrata dell’Italia tramite la Nato, in questa guerra globale, la terza come spesso ricorda inascoltato il Papa, dell’imperialismo USA contro Russia e Cina, siamo parte di un sistema economico-militare tendente all’integrazione assoluta, senza nessun margine di autonomia e indipendenza politica, per nessuno dei Paesi che ne fanno parte. I sistemi politici di questi paesi tenderanno ad irrigidirsi in senso autocratico, con un’area di governo di partiti fedeli e allineati ai diktat imperiali. Il conflitto di classe che si svilupperà comunque non credo che potrà avvalersi granché di democrazie formali, liberal-democratiche, basate sul solo voto, peraltro sempre più considerato inutile per veri cambiamenti. Ci saranno forti mobilitazioni sociali che porranno problemi presumibilmente di svolta radicale, sulle contraddizioni altrettanto radicali irrisolte: da un’eccessiva diseguaglianza sia economica che sociale, per l’esclusione, l’emarginazione e l’isolamento civile e culturale, alla questione decisiva della disponibilità per tutti dei mezzi e delle risorse naturali per la sopravvivenza. Un dopo, che accentuerà le tendenze del prima.


