di Alfredo Morganti – 18 novembre 2016
Il nostro premier, tra un comizio e l’altro, tra una promessa e l’altra, ha dichiarato ‘ai suoi collaboratori’, che, in caso di vittoria del No, non consentirà la nascita di un “governicchio elettorale”. Insomma, lui si tira fuori, molla il governo, si dimette. E non si presta ai “giochini della vecchia politica”. Facile no? Che ci vuole? Dopo aver condotto per tre anni una politica di scorribande, di sfide, annunci, rilanci continui, dopo avere ogni volta fatto banco e proditoriamente rilanciato, spesso bluffando, adesso, alla resa dei conti finale, scottato dalla sconfitta, lui molla e “non sta ai giochini”. E no! Hai combinato questo po’ po’ di casino, hai spaccato il Paese sulla Costituzione (chiunque vinca, Sì o No, saremo di fronte a un dopoguerra), hai giocato e fatto leva sulle divisioni verticali e trasversali, hai creato una situazione tale da aprire un solco all’interno del sistema politico, all’interno delle istituzioni, all’interno del tuo stesso partito, e adesso fai il sostenuto, lo schifiltoso e te ne vai? E il concetto di ‘responsabilità politica’, che fine ha fatto’? E la necessità di chinare il capo e rimboccarti le maniche per aiutare PRIMA a ricomporre quello che hai sfasciato, e POI dimetterti? E il bisogno di essere umili, di mettersi per la prima volta al servizio del Paese e non solo di un ego smisurato, eccessivo, strabordante?
La politica, visto che non lo sai, non è solo volontà di potenza, peggio se personale, ma è anche servizio che si fa al Paese, e che accantona, quando serve, le proprie sciocche e piccole ambizioni, a vantaggio dell’interesse generale. La politica è una base comune, condivisa, sulla quale successivamente si innestano i conflitti istituzionali, sociali, di opinione, di idee. La politica è il patto, il compromesso generale che tiene assieme la storia di un Paese e il suo futuro, sul quale è possibile dividersi senza infrangere, così, sentimenti e istituzioni comuni. Moro e Berlinguer questo hanno tentato di insegnare in anni difficili, per chi avesse avuto voglia di imparare. E la democrazia non è ‘chi vince prende tutto’, come un gratta e vinci, come un telequiz, ma anche ‘chi fa danni si adopera per rimettere assieme i cocci’, si mette a servizio, scende dal piedistallo, si sveste delle proprie sciocche ambizioni personali, e finalmente fa qualcosa di buono senza acconciarsi a pessimo giocatore di poker alle prese con una posta più alta di lui. Ma per il premier questo è arabo. Anzi, un dialetto marziano.


