Autore originale del testo: Fausto Anderlini
Extra ecclesia nulla salus
Anche in queste elezioni le nostre liste, coraggiosamente varate a sostegno dei candidati avversati dalla destra e infiorate da persone dotate di valore e ben tracciabili, non hanno avuto successo
Ancora una volta la nostra performance è stata sanzionata dal voto che fa inorridire ogni spirito puro: il ‘voto utile’. Che nella configurazione di lista è andato a vantaggio del Pd. Essendo che nella posta in gioco non c’era solo il destino del governo giallorosso, ma anche, direttamente intercorrelata, la leadership di Zingaretti, fatta segno di una insidiosa manovra destabilizzante.
Così siamo rimasti al palo, esattamente come nel Marzo del 18, quando il voto utile (quello orientato a punire la politica del Pd renziano) prese la via dei 5Stelle. Certo diversi altri fattori hanno avuto il loro peso (la variabilità e l’aleatorietà del logo, la inestirpabile tendenza diasporica e concorrenziale delle sinistre radicali, la carenza di risorse ecc.), ma quando si fallisce così sistematicamente l’appuntamento col voto utile, c’è sicuramente qualcosa di più sostanzioso che ci tradisce. Anche tenendo conto che anche il voto testimoniale è ‘utile’, se solo decide di manifestarsi. Il chè non è accaduto. A dimostrazione che la ‘domanda ideologica’ e ‘identitaria’ proveniente dall’elettorato non sembra avere grande prepotenza.
Nati come alternativa al Pd e la speranza d’essere lievito per una rifondazione della sinistra di governo, paradossalmente l’unica sortita di successo (dunque utile) è stata quando decine di migliaia di elettori di Leu si sono precipitati nelle primarie a sostegno di Zingaretti, facendone lievitare il riscontro dalla misura al trionfo. Cioè quando siamo stati noi stessi a proporre un voto utile per altri.
A suo tempo, quando iniziammo l’avventuroso tentativo di riunire le membra desjecta della sinistra, coniai (su ispirazione della compagna Mauthe) l’immagine del Camelloporco. L’idea zoomorfa di aggregare un corpo eteroclito e sgraziato ma reso vitale da refoli d’empatia basati sul pressapochismo ideologico (altro nome del pragmatismo) e da una generale remissione dei peccati. Scanzonata quanto compassionevole. Al principio un qualche vortice antropologico di tale fattura ebbe luogo, e io sperai in una sorta di aufhebung della diaspora, ma tutto rifluì non appena si passò a qualcosa di più solido. I radicals, irrorati da uno spirito di scissione ormai incistato come una tara, e avezzi allo sconfittismo eroico quanto al contrattualismo di basso livello, ci schifavano, noi d’estrazione Pci-Pds-Ds-Pd, come persone ‘infette’. Noi, per parte nostra, eravamo tolleranti, ma abbiamo continuato a pensare in segreto che i compagni d’avventura fossero null’altro che dei cretini politici (pregiudizio destinato a puntuale conferma). Così l’esperimento intrapreso da D’Alema con tanta buona volontà – ‘pas d’ennemis a gauche’- è evaporato.
In questi giorni è stata giustamente celebrata la moralità di Rossana Rossanda e il suo rapporto con gli ‘ultimi’. Ma con equivoci. Il gruppo del manifesto non fu radiato per le idee eretiche professate, ma per una questione di metodo interna al centralismo democratico. Che non ammetteva i comportamenti frazionisti, in sè prodromici allo sgretolamento del ‘partito chiesa’. Del resto il gruppo aspirava a porsi al di fuori del partito, per occupare una zona metapolitica che aveva nel Manifesto il suo sofisticato strumento. Come in effetti avvenne, salvo che invece di incrociare gli ultimi trovò ascolto nei primi insediamenti del popolo della ztl. Anticipando un processo di imborghesimento che avrebbe poi preso la cadenza a noi nota.
Extra ecclesia nulla salus. Sembrerebbe un motto decisamente anacronistico: dove sono le chiese ? Il Pd è un partito amebico e privo di consistenza, persino incerto circa la sua mission. Senonchè qualcosa di ecumenico resta pur sempre consegnato nell’immaginario dell’elettorato, come paradossalmente si rivela nella stessa empietà del voto utile. Gli elettori del centro-sinistra continuano infatti a trovare nel Pd il loro milieu rappresentativo. Pur sempre una specie di ritrovo pastorale per quanto officiato da un clero decisamente sfiduciato. Il Pd ha perso seguito, pezzi ed è tormentato come mai, ma non è deflagrato. Sicchè qualsiasi via alternativa a una rifondazione della sinistra sembra rinviata sine die.
Con ciò non sto patrocinando un reingresso brevi manu nel Pd. Io resto un animale di branco. Sto nel gruppo di cui detengo la tessera: una congrega associativa ed esistenziale che raduna i miei compagni ‘elettivi’ e che ha in Speranza il suo diligente ministro, in D’Alema un fine analista internazionale e in Bersani un mirabile elargitore di concretezza politica e di acute massime proverbiali. Fin che morte non ci separi.


