Fonte: La Stampa
Fine dei conflitti, gli italiani non ci credono più: «Leader ed Europa non proteggono i popoli»
Dopo quasi tre anni e mezzo di conflitto, la speranza di una pace duratura in Ucraina sembra affievolirsi anche tra gli italiani. Il prolungarsi della guerra, l’incertezza sul fronte diplomatico e l’apparente impasse militare sui due fronti stanno alimentando un crescente scetticismo nell’opinione pubblica nazionale. Secondo gli ultimi sondaggi di Only Numbers, sempre più cittadini si interrogano sull’efficacia delle strategie adottate finora e temono che la fine delle ostilità sia ancora lontana (53,3%). E pensare che solo a marzo 2025 erano in maggioranza coloro che riuscivano a credere ad una fine della guerra imminente (41,9%), forse ancora ipnotizzati dalle dichiarazioni di Trump insediatosi poco più di un mese prima.
Un clima di disillusione che riflette non solo la complessità della situazione internazionale, ma anche il desiderio, sempre più diffuso, di una svolta concreta verso la fine della guerra. A rendere ancora più cupo l’orizzonte geopolitico è anche la situazione in Medio Oriente. Dopo mesi di escalation e violenze, la maggioranza degli italiani guarda con preoccupazione all’evolversi del conflitto tra Israele e Hamas, percependo la prospettiva di una pace duratura come sempre più remota (61,4%). Le immagini di civili colpiti, la carestia del cibo, le foto dei bambini sofferenti, la paralisi diplomatica e la frammentazione degli attori coinvolti contribuiscono a diffondere un senso di impotenza e sfiducia. A conferma di questa crescente consapevolezza, quasi l’80% degli italiani riconosce che a Gaza si è di fronte a una vera e propria emergenza umanitaria. Un dato che mostra come, nonostante il disincanto verso le dinamiche geopolitiche e diplomatiche, l’opinione pubblica non abbia smarrito del tutto la propria capacità di empatia e attenzione verso le vittime dei conflitti.
In entrambi i casi, ciò che manca – secondo molti cittadini – è una leadership globale, capace di mediare, proporre soluzioni e, soprattutto, farle rispettare. A rendere ancora più marcata la frattura tra cittadini e istituzioni è la percezione di una risposta europea troppo debole (50,7%), spesso tardiva o frammentata. Sia nel conflitto in Ucraina sia nella crisi di Gaza, l’Unione europea fatica a trovare una linea comune e incisiva, lasciando campo libero alle grandi potenze e relegando sé stessa a un ruolo secondario. Questo atteggiamento prudente – se non addirittura passivo – ha contribuito ad alimentare la sensazione di un’Europa incapace di esercitare una vera influenza nei dossier più critici della scena internazionale. Una distanza che, agli occhi di molti cittadini italiani, rende ancora più remota la possibilità di costruire percorsi credibili verso la pace. Intanto, mentre la guerra continua, le speranze di pace si allontanano, e con esse anche la fiducia nella diplomazia.
La crescente disillusione nei confronti delle soluzioni proposte dalle istituzioni occidentali è alimentata anche da un’informazione più pluralista e da una società civile attenta, che non si accontenta più di narrazioni semplificate. E mentre le guerre si trascinano e le emergenze umanitarie si aggravano, cresce la distanza tra le aspettative dei cittadini e la capacità delle leadership internazionali di offrire soluzioni credibili. In un tempo segnato da crisi prolungate, forse è proprio da questa consapevolezza condivisa che dovrebbe ripartire ogni tentativo serio di costruire una politica estera più coerente, giusta e orientata davvero alla pace.


