Follini: “Conosco Casini e Tabacci: è ora di fare un passo indietro” e riposare

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Marco Follini
Fonte: La Stampa

Follini: “Conosco Casini e Tabacci: è ora di fare un passo indietro” e riposare

Caro direttore, una lunga consuetudine postdemocristiana mi induce a disturbare per un attimo la campagna elettorale di Casini e di Tabacci. Con entrambi ho una certa confidenza e perfino qualche debito politico che non nascondo. Assieme a qualche contrasto – che pure rivendico. Abbiamo militato più di qualche anno nello stesso partito, e quel tratto di storia comune autorizza da parte mia una certa confidenza di cui abuso volentieri.

Verso di loro ho più riguardo che ostilità, nonostante qualche attrito non proprio lieve. Li conosco bene come dirigenti di valore. I loro interventi parlamentari, le loro interviste, i loro pronunciamenti recano tracce di una abilità politica non comune, seppure a volte diversa tra di loro e diversa da molti altri di noi. Del resto, la scuola è maestra di vita, e anche di buona politica; e noi abbiamo avuto la fortuna di crescere tra buoni maestri.

Ma è proprio per questo che la notizia che circola di una loro candidatura (che non se la prendano: l’ennesima) desta in me un sentimento di mestizia. Come se non riuscissero mai, dopo tanti e tanti anni trascorsi nelle aule parlamentari, a lasciare il passo, incoraggiare nuovi talenti, fare strada ad altri, insomma vedere le cose da fuori facendole contare per quello che sono davvero. Si tratta di scelte di vita, lo capisco bene. Modi di stare al mondo. E per quanto mi riguarda i nostri modi fanno una certa differenza tra noi già da un bel po’ di anni a questa parte.

Ma il tema, in questo caso, non è personale. Non riguarda le famiglie e le coscienze. Riguarda l’idea di noi, e l’idea che il Paese si fa di noi. Casini e Tabacci sono – pur senza seguito – gli ultimi esponenti visibili della tradizione democristiana. Potrebbero presentarsi come tali al giudizio degli elettori, senza chiedere ospitalità, in una sfida aperta e rischiosa. Oppure potrebbero, ancora più nobilmente, lasciare i loro seggi e contribuire in mille altri modi all’esito della battaglia civile. Ma quel continuo e continuo e continuo riproporsi alla fin fine serve solo a raccontare noi democristiani, tutti noi, come gente attaccata al potere ad ogni costo, devota al culto della propria eternità anche quando quella “eternità” è finita da un pezzo.

Non eravamo così. Non lo è neppure Mastella, demonizzato oltre il giusto per essere altrettanto coriaceo e longevo – solo in modo più esplicito. So bene che quelle geremiadi sullo spirito di servizio che ci accompagnavano negli anni giovanili avevano talvolta un che di rituale. Ma so anche che decine e decine di parlamentari, dirigenti e leader democristiani sono stati animati da una straordinaria sobrietà e da uno straordinario ritegno al cospetto del potere. Molti di loro ne indossavano i panni con sussiego. Ma moltissimi altri erano capaci di un distacco (e di una serenità) rispetto alla contesa politica che meriterebbe oggi la giusta rivalutazione.

Per questo mi aspetto da Casini e da Tabacci, che conosco e che stimo, un gesto capace di quell’appassionato distacco che ci hanno insegnato quando eravamo più giovani.

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