Autore originale del testo: Fabio Martini
FRANCO MARINI, ALCUNI RICORDI PERSONALI SU UN UOMO
DI UN’ALTRA EPOCA. E UNA FRASE DA INCORNICIARE:
«IN POLITICA SI VINCE E SI PERDE, NON CASCA IL MONDO»
Franco Marini era un uomo all’antica, tosto e diffidente, ma da quando aveva smesso di fare politica, aveva aperto qualche spiraglio. E d’altra parte anche per chi scrive è sempre stato un imperativo professionale non entrare in frequentazione amicale con nessun politico. Ma l’incrocio con Franco Marini era stato imposto da alcune circostanze della vita. Lui, abruzzese di nascita, si era candidato nel collegio di Penne, la cittadina che nel 1948 aveva eletto deputato (del Fronte popolare) mio nonno. E il caso volle che la moglie di Franco, avesse preso casa all’Isola del Giglio, dove affondano le radici secolari dell’altro ramo della mia famiglia.
L’estate ci si trovava, lontani dal “vippume” che detestavamo e che non aveva mai preso piede sull’Isola. Una di quelle volte raccontò un aneddoto illuminante. Nel 1999 l’Ulivo aveva promosso un referendum per rendere interamente maggioritario il sistema elettorale e che se fosse passato avrebbe dato un colpo all’idea stessa di partito. Nella notte del 19 aprile lo scrutinio procedeva inesorabile: il Sì aveva vinto nettamente. Ecco il racconto di Marini: «All’una di notte improvvisamente si seppe una notizia insperata: non era stato raggiunto il quorum: ci ritrovammo in un bagno assieme a Fausto Bertinotti: lui, a differenza mia, non aveva mai chiuso un contratto, ma quella sera urlavamo come bambini: ci abbracciammo, eravamo salvi». In quell’esultanza c’era tutto Marini: pensava che soltanto il primato dell’Organizzazione (del sindacato, del partito) potesse difendere i lavoratori (che per lui avevano sempre ragione) e i cittadini.
Nel 2013 viene presentato dal Pd come candidato alla presidenza della Repubblica: alla prima votazione Marini ottiene 521 voti, meno del previsto ma comunque sufficienti a garantirne l’elezione dal quarto scrutinio. Il Pd ritira la sua candidatura, potenzialmente ancora vincente. Racconterà anni dopo Marini. «Bersani lo fece perché volle subito in campo Prodi, per anticipare D’Alema, che aveva in animo di candidarsi».
Pubblicamente Marini disse: «Nessuna acredine per la mancata elezione a presidente della Repubblica. Uno come me viene da tante battaglie, quando se ne fa una o si vince o si perde non crolla il mondo». Conosceva le regole della politica, in qualche modo comprese e assolse chi preferì farlo ritirare e certo non lo fece per danneggiarlo.
E soprattutto evitò quella litania di accuse pubbliche e personalizzate che qualche anno dopo avrebbero avvelenato la politica italiana. Per queste e tante ragioni era un uomo di un’altra epoca. Come il suo basco blu. Ai di sotto del quale spuntavano quegli occhi vivacissimi, che ti guardavano ma pensavano sempre a quel che aveva capito e imparato nel corso della sua lunga vita.


