Il diritto a divertirsi?

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

Il diritto a divertirsi?

Ha detto proprio così un turista intervistato da una tv. Ha parlato di diritto al divertimento. Scambiando però la necessità di tempo libero da indirizzare al proprio relax, con la corsa affannosa alla località vacanziera a ritmi forsennati, qualunque essa fosse e con affollamenti e code ovunque. Per molti giovani ha significato il solito assembramento nelle discoteche e nelle varie “movide”, per altri le vacanze all’estero, in braccio al virus, e senza uno straccio di mascherina nemmeno ammucchiati. Questo ha prodotto una quasi inevitabile impennata dei contagi, lasciando presumere che nelle prossime settimane sarà peggio, anche perché l’autunno prevede la riapertura delle scuole e non consente aperitivi all’aperto ma un ritorno gaudente nei luoghi chiusi.

Era necessario? Era necessario che le ferie andassero interpretate così? Che questo via vai quasi senza senno ci riconducesse, probabilmente, alla situazione dei mesi trascorsi? Oppure forse era il caso di assumere atteggiamenti un po’ più sobri, tali da soddisfare il relax senza mutarsi in sardine in scatola? Capisco il problema del settore turistico (ma un aiuto il governo non lo ha negato a nessuno, mi pare), ma capisco di più la necessità di mostrare intelligenza, di mostrare responsabilità, senza che ciò voglia dire starsene tappati in casa. La domanda è: ma perché quest’anno non vi siete riposati un po’? Temevate forse di riposarvi davvero?

Ho come l’impressione che d’estate le vacanze divengano anche una vacanza dell’intelligenza, giustificata dal presunto “diritto a divertirsi”, di cui al signore intervistato dalla tv. Una specie di regressione infantile. La necessità di sballare. Un’interpretazione delle ferie come poetica del fanciullino. Con la paura, poi, di essere “tamponati” al ritorno e costretti alla quarantena: “Ma come, mi volete chiudere in casa? E il mio diritto al divertimento?”. Il diritto, capite? Il diritto a gettarsi all’ammasso come turisti di massa qual siamo. In una corsa affannosa che toglie solo fiato, e ruba il tempo a qualche pausa e a qualche pensiero diverso.

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