IL FATTORE RAZIONALE NELL’ARTE NARRATIVA
La Lettura di domenica 13 Novembre riporta a cura di Cristina Taglietti un arricchente dialogo tra i narratori Paolo Giordano e Ian McEwan su come si scrive e come si vive sull’orlo dell’abisso, ovvero cosa deve fare uno scrittore davanti a un mondo che ci minaccia da più parti, tra guerre, pandemia, cambiamento climatico, apocalissi nucleare, modelli economici insoddisfacenti. Il tema di fondo è il grado di impegno e di coinvolgimento nella realtà, rispetto alle esigenze della creatività, la quale invece richiede quel distacco fertile per l’immaginazione. Per chi crea, è un po’ come se camminare sulla fune. Di fronte ai conflitti ed ai problemi, colui che scrive riflette sé stesso e il mondo esterno con la singolarità che lo distingue, e dà la sua interpretazione al dilemma che lo vede oscillare tra distacco e coinvolgimento.
Nella intervista viene detto che la scienza è un filtro col quale analizzare la realtà, sia come modello di razionalità da applicare, sia come punto di approdo e riconoscimento dell’ordine razionale del mondo quando ci si immerge per indagare l’irrazionale prevalentemente umano. Qui è interessante notare come entrambi gli scrittori riconoscano nella ragione la manifestazione più caratteristica del nostro essere al mondo. Una ricerca razionale per capire come funziona il mondo e come funzioniamo noi è il il punto più alto della nostra civiltà, viene affermato nell’intervista. La narrativa può svilupparsi da queste premesse solide e promettenti.
È un punto di disaccordo col passato, quando gli artisti e gli scrittori romantici vedevano nella razionalità la mancanza di linfa vitale e l’inumana aridità.
La razionalità che si invoca è però un termine onnicomprensivo e rimane ambiguo. Va approfondito appunto il discorso sulla razionalità che ci appare come qualità di un giudizio, di un procedimento, di una ricerca. La razionalità oggi come oggi è fagocitata dal metodo scientifico e ad esso rimanda. Va ricordato che nell’intervista la chiarezza espositiva viene invocata come una garanzia di avvicinamento creativo al mondo problematico che lo scrittore indaga. E la chiarezza rimanda alla precisione e ai contorni delineati con cura.
Ora, nella scienza, nell’arte e nella religione cerchiamo di intravedere la nostra unità. La scienza è il campo legittimo del pensare, ma va detto che dietro l’elemento che pensa e indaga si cela un tendere, uno scopo. È un elemento volitivo che si compie laddove il volere agisce sul pensare.
L’arte dal canto suo, e qui mi riallaccio al tema della creatività, è manifestazione del sentire, non potrebbe essere altrimenti. Ma dietro di sé l’arte ha la somma di esperienze, ricordi ed idee. Per cui l’elemento artistico e creativo è un atto dell’anima che si compie laddove il pensare agisce sul sentire. Per completezza, aggiungo che nell’elemento religioso cerchiamo impulsi per il volere e l’agire, ma ciò che vive nella coscienza è un profondo sentimento, e l’atto religioso è il sentire che a sua volta agisce sul volere.
Nel lontano passato le tre correnti erano unite, ma oggi sono ben separate nonché alterate rispetto agli impulsi del passato. La coscienza odierna per esempio si rivolge alle forme religiose in un modo in cui il sentire ha preso il predominio, con degenerazione dell’elemento sentimentale verso forme di esaltazione. Nella scienza è fin troppo facile osservare che il volere predomina sul pensare, per cui essa si presenta ed agisce con autorità e dogmaticamente. Finalmente, osserviamo nell’arte il prevalere del pensare sul sentire, come molto bene viene manifestato nell’intervista quando si invoca la razionalità.
Chi fa dell’arte prova un iniziale senso di interesse, un sentimento spontaneo di conoscere e sapere di fronte al mondo. Ma come detto, in quel sentire è attivo il pensare, e quel pensare oggi si dirige verso il terreno sicuro della scienza. Abbiamo l’estetica analitica e la caratterizzazione concettuale, la scienza della percezione (sic), la ricerca delle condizioni essenziali del conoscere, l’esame dell’oggetto artistico divenuto esemplare dell’esperienza in genere, la neuro estetica.
Va detto che le tre attività dell’anima della scienza, dell’arte e della religione sono in un certo senso paralizzate come si accennava. L’arte, che si vuole estrinsecare nel sentire, viene paralizzata dalla scienza e liberata mediante l’ispirazione. L’arte dovrebbe trasformarsi sempre più in un linguaggio di esperienze spirituali.
FILOTEO NICOLINI
IMMAGINE: Candido Bidò.


