‘Il putinismo sopravvivrà a Putin’

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Orietta Moscatelli
Fonte: Limes

Conversazione con Neil Robinson, esperto di storia e politica russa.

Esiste un’ideologia putinista? 

ROBINSONIl putinismo è un processo in corso. È un’ideologia tesa alla conservazione del potere. Insieme di concetti e pratiche che hanno supportato la costruzione del regime da vent’anni a questa parte. Storicamente – e dopo un quarto di secolo possiamo osare questa definizione – non c’era fine ideologico, non certo nel senso delle ideologie novecentesche. Niente di simile al comunismo sovietico. Nella deriva verso la guerra il putinismo è diventato molto determinato, orientato a concreti obiettivi, e in questo senso la sua natura è mutata. L’approccio al funzionamento del potere ha sempre mantenuto una certa ambivalenza ideologica, ad esempio nella gestione della mobilitazione di massa, che è un punto centrale. Ci sono stati diversi momenti caratterizzati da sforzi di mobilitazione popolari: con il movimento giovanile Naši, verso la metà del primo decennio del secolo, con i movimenti anti-Majdan sino al 2014 o con il Fronte popolare panrusso nel 2011. Ma sono sempre state esperienze limitate nel tempo e nello scopo, che hanno esaurito la loro funzione perché non c’era nulla di ideale attorno a cui mobilitarsi. C’era l’autocrazia fine a sé stessa. Si organizzavano movimenti per difenderla in fasi particolarmente delicate, come quella delle «rivoluzioni colorate», o con scopi più prettamente elettorali, ma congiunturali. Invece, dall’inizio della guerra abbiamo visto emergere una retorica incentrata sulla «denazificazione» e sulla necessità di ricostituire il mondo russo aggregandone le parti divise durante e dopo l’epoca sovietica. Anche qui il punto centrale è la mobilitazione del popolo russo, ma gli argomenti presentati convergono verso un assetto ideologico che proclama finalità: cambiamento significativo rispetto al passato. Possiamo individuare lo spartiacque, un prima e un dopo, nell’articolo di Vladimir Putin «Sull’unità storica di russi e ucraini» del luglio 2021. 


LIMESPutin è stratega o solo tattico? 

ROBINSONNel caso putiniano c’è un collegamento molto sottile tra strategia e tattica. Valutando il suo operato al potere, non direi che ci sia stata una strategia, un progetto da portare a termine. Non credo neppure che Putin si sia mostrato particolarmente bravo nella tattica. Credo che sia stato fortunato nel complesso delle azioni intraprese. Abbiamo intravisto una originaria dimensione intellettuale, concettuale nel putinismo che col tempo è diventata sempre più pallida. All’inizio degli anni Duemila, se cerchiamo le ragioni della sua popolarità, troviamo un leader che era un politico per tutte le stagioni. C’era qualcosa per tutti: un po’ di liberalismo per i liberali, un po’ di narrazione della grande potenza per i nazionalisti. A chi chiedeva innanzitutto la fine della crisi degli anni Novanta venivano offerte sobrietà e promesse di normalizzazione. La gente poteva vedere in Putin quello che chiedeva, la rappresentazione della propria istanza, e ignorare gli altri pezzi. Ma col tempo il putinismo si è come assottigliato, dei pezzi dell’everyman di inizio secolo sono stati obliterati. Putin ha consolidato il suo potere e gli eventi geopolitici hanno guidato la sua evoluzione, spingendo il presidente a escludere alleanze incompatibili con la crescente opposizione all’ordine occidentale. Le necessità di alcuni centri del potere, i siloviki in particolare, lo hanno portato all’ulteriore limitazione dei riferimenti interni ed esterni. E così si arriva al crescente conservatorismo, all’intolleranza sociale che diventa evidente nel 2012. Un po’ alla volta Putin ha ristretto il suo campo di azione e in fin dei conti il suo mondo. Questo ha rafforzato il sostrato ideologico del discorso putiniano. Da fortunato tattico senza vera strategia Putin è evoluto a ideologo senza tattiche adeguate che gli permettano di realizzare il suo sogno: la grandezza della Russia, riconosciuta e rispettata nel mondo. La sua è un’azione circoscritta, sbilanciata verso le istanze di un solo gruppo di potere. Così produce difficoltà nella pianificazione delle tattiche. Putin si è ritrovato prigioniero dello sviluppo – e altrettanto del non sviluppo – del suo sistema di potere. Nonché dell’incongruenza tra politica estera e politica interna. 

Sul piano internazionale Putin è stato spesso considerato uno stratega con un piano di lungo periodo e come un leader astuto dal punto di vista tattico. Non credo sia corretto. Putin non ha mai avuto un vero progetto di ampio respiro se non in senso piuttosto vago: quello che ha sempre voluto è che la Russia fosse rispettata. Il significato e le implicazioni di questo «rispetto» però sono cambiati nel tempo. Prima l’obiettivo era il partenariato, poi un posto al tavolo negoziale delle grandi potenze, più di recente l’accettazione della Russia come potenza con cui bisogna fare i conti anche sul piano militare. Quindi non c’è una strategia: Putin ha modificato l’approccio tattico alterando il significato, il contenuto di questo «rispetto». Le frequenti virate compiute nel nome del «rispetto» richiesto sul piano internazionale hanno confuso il resto del mondo, l’Occidente in particolare, che si è ritrovato spiazzato in diverse occasioni, come nel 2014 con la Crimea. Putin può aver dato l’impressione di essere costantemente in controllo, ma la realtà è che ha costantemente reagito ai fallimenti dell’impresa di turno, come nel caso dell’Ucraina. In questo senso la Russia resta una «superpotenza reattiva», come Phil Williams descriveva l’Unione Sovietica.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


LIMESLa Russia ha bisogno di un’ideologia per sopravvivere? 

ROBINSONNon so se uno Stato abbia bisogno di una ideologia per sopravvivere, ma a mio avviso per Putin oggi è così. Questo è il punto di approdo del putinismo: al centro dell’ideologia che sta assumendo una forma più compiuta c’è la sopravvivenza della Russia. Tutto viene presentato in termini esistenziali, come sfida per mantenere in vita la nazione russa e la sua potenza. Richard Hofstadter diceva che «tutti i paesi hanno un’ideologia, ma gli Stati Uniti non ce l’hanno e questa è la loro ideologia». Putin vuole fare della Russia il centro di una ideologia. Il problema è che non esiste un mito dell’eccezionalismo russo che sia davvero condiviso dalla popolazione e che possa convergere con il discorso proposto dall’alto. Credo che i russi possano condividere un senso di eccezionalismo inteso come distacco dall’Occidente nelle attuali circostanze, in tempo di guerra. Ma il senso più ampio dell’eccezionalismo russo che Putin ha cercato di articolare ha radici superficiali, quindi sarà difficile che duri. Perché? In parte perché utilizza un mito storico sulla Grande Russia che alla gente non interessa, se non superficialmente. Sebbene molti russi si identifichino come ortodossi, ad esempio, non sono osservanti. Il mito non ha una componente razziale che possa davvero attrarre i nazionalisti. Non c’è una vera base mobilitante, non c’è nulla di rivoluzionario e non abbastanza da restaurare. Non c’è poi una visione economica come in epoca sovietica. E Putin non cerca il sostegno di uno specifico strato sociale. Quindi nel complesso il capo è piuttosto superficiale. Nel breve temine, potremmo assistere durante questa guerra a una ripetizione di quanto accaduto dopo il 2014, con l’annessione della Crimea: un breve periodo di identificazione con il regime per diverse ragioni, singoli motivi o combinazioni (rally around the flag, ostilità nei confronti dell’Occidente, senso di dover partecipare al momento decisivo per la nazione). Ma a breve la vita reale e la quotidianità di un’economia stagnante riporteranno i russi al disimpegno.


LIMESQuali pensatori hanno maggiormente influenzato Putin?

ROBINSONCi sono molteplici influenze, o meglio spunti di ispirazione che possiamo ritrovare nella narrazione putiniana e nella sua visione del mondo. Non credo che ci sia un singolo pensatore, un individuo che abbia determinato in particolare il pensiero di Putin. Possiamo citare il filosofo Ivan Il’in, il panslavista Nikolaj Danilevskij, il poeta Nikolaj Gumilëv. Forse un po’ dell’eurasiatismo di Aleksandr Dugin è percolato nel capo, ma solo un po’. 

Ci sono molti pensatori che hanno trattato gli argomenti che servono al discorso putiniano e Putin vi attinge, trae spunti, ma non sono mai una fonte ideologica in senso ontologico e epistemologico, come accadeva per il marxismo-leninismo in rapporto all’Unione Sovietica. C’è una sorta di ideologia eclettica, scaturita tanto da concrete circostanze quanto da considerazioni sulla dimensione metafisica della Russia. Una delle novità cui assistiamo con la guerra è che sta cambiando la formazione della base ideologica, anche se non sistematizzata. Prima Putin faceva dichiarazioni che avrebbero animato il dibattito politico in Russia, orientato a ottenere sostegno per il leader, ma non appoggiava necessariamente una tesi o l’altra. Putin aveva un buon grado di autonomia rispetto a qualsiasi impostazione ideologica, si teneva le mani libere, cosa che i leader comunisti d’età sovietica non potevano permettersi. Adesso vediamo un processo in direzione opposta. In guerra si creano le condizioni per un obbligo ideologico. Le cose che vengono dette pesano su quanto poi dice lo stesso Putin. Ad esempio, opinioni che appaiono sulla stampa filogovernativa e che poi entrano in circolo, con meccanismi che superano lo stesso Putin.


LIMESPutin, in questo momento, è identificato con la guerra. Lei suggerisce dinamiche di cui lo stesso presidente russo diventa prigioniero. Quanto conta il leader, in questo caso Putin, nel determinare la traiettoria del paese?

ROBINSONNon sono d’accordo in generale con la teoria secondo cui i leader non contano. Nello specifico caso della Russia di Putin, non sono per niente d’accordo. Dipende molto dal tipo di regime. Qui stiamo parliamo di un sistema personalistico, autoritario. Presidenzialismo forte, dove la persona conta. Questo è in lieve contraddizione con quanto ho appena detto, cioè che Putin diventa prigioniero in qualche modo di opinioni espresse da altri. Ma il leader conta, influenza il corso delle cose. Di nuovo, faccio un esempio: finché Putin è al potere è impossibile aspettarsi un’ammissione di sconfitta, oppure il ritiro dall’Ucraina.


Carta di Laura Canali - 2022

Carta di Laura Canali – 2022


LIMESIl putinismo sopravvivrà a Putin?

ROBINSONCredo che certi elementi del putinismo sopravvivranno anche quando Putin se ne sarà andato. In Russia non ci sarà democrazia, il sistema politico sarà sempre centrato su un leader, resterà un’élite dominata dal senso di ostilità nei confronti dell’Occidente. E questa élite continuerà a vedere l’Ucraina come parte della Russia. 

In questo senso la rimozione di Putin non si tradurrà nella rimozione del putinismo. Tuttavia, chi arriverà dopo l’attuale presidente potrebbe essere significativamente più debole, perché ci saranno molte divisioni, lotte tra fazioni, una parcellizzazione degli interessi. Ne verrà ridimensionata la capacità della Russia di contrapporsi all’Occidente. Questo scontro epocale perderà di intensità. 

Inoltre stiamo assistendo al tentativo di sviluppare una ideologia che difficilmente avrà presa sulla gente. E che non produrrà le dinamiche sociali viste nell’Ottocento o nel Novecento. Perché il putinismo non fornisce spazi sociali o politici per la realizzazione di un’ideologia compiuta e perché contribuisce a riprodurre l’arretratezza del paese, insistendo su un’economia altamente militarizzata ma sostanzialmente arretrata. Putin vuole garantire un futuro alla Russia, ma non credo che ne stia ponendo i presupposti necessari. 


LIMESPensa che la guerra in Ucraina sarà un singolo episodio bellico o siamo all’inizio di una sequenza di conflitti?

ROBINSONCredo che questa guerra sarà un singolo episodio in senso militare. Ma è anche l’inizio di una catena di eventi, di scontri tra Russia e Occidente che si svolgeranno su più dimensioni. Ci vorrà molto tempo prima che in Russia e in Occidente si perdoni, si dimentichi questa guerra. Passerà molto tempo prima che si torni a relazioni improntate al dialogo e a possibili convergenze. Non c’è nel futuro prevedibile una nuova epoca Gorbačëv. Anche se la guerra dovesse finire domani, ampi segmenti della società russa continueranno a credere che le difficoltà, le perdite subite siano responsabilità dell’Occidente e quindi si ritroveranno in sintonia con le posizioni nazionaliste. È un circolo destinato ad autoalimentarsi. Resterà la convinzione che l’Occidente è russofobo e che esiste un progetto per distruggere la Russia. Questi discorsi faranno ancora più presa sulla società russa e influenzeranno le prossime due generazioni. 


LIMESC’è in Putin una fascinazione per il modello di potere cinese? 

ROBINSONNon credo che il presidente russo sia influenzato dai meccanismi del potere in atto a Pechino. Sono sicuro che Putin in qualche modo invidi la Cina e le sue forme di potere, ma non può aspirare a ricrearle in Russia. E probabilmente non lo vuole, perché le fonti istituzionali del suo potere personale sono totalmente diverse da quelle del potere personale di Xi Jinping. Non penso che Putin abbia un modello, un paradigma per lo Stato russo che vada oltre il concetto di potenza. In cosa consista questa potenza non è chiaro e la gente può leggervi quello che vuole: un leader forte, un esercito forte, la forza economica. A piacere.


Carta di Laura Canali - 2022

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