In ricchezza e in povertà

per Gabriella
Fonte: il Mulino
Url fonte: https://www.mulino.it/isbn/9788815149305

 

IN RICCHEZZA E IN POVERTA’ – DI GIOVANNI VECCHI – ed. IL MULINO

Il benessere degli italiani dall’Unità a oggi

da www.mulino.it

Una ricerca straordinaria sulle condizioni di vita degli italiani, dal 1861 al 2011: nel ripercorrere i 150 anni di storia unitaria il libro documenta i successi e i ritardi con cui il progresso economico ha distribuito i propri benefici alla popolazione. Nel corso di un secolo e mezzo – un tempo breve quanto un battito di ciglia se si usa il metro della storia – il benessere degli italiani ha compiuto un balzo di di­mensioni epocali. Sconfitte la fame e la miseria, l’ignoranza e la malattia, abbiano raggiunto un benessere pari a quello di pochi altri paesi al mondo. In termini di equità tuttavia non sempre e non tutti gli italiani sono riusciti a partecipare nella stessa misura alla parabola ascedente del paese. Né si può assumere che il benessere conseguito oggi esista anche domani. Questa ricostruzione storica – per quanto illuminante – non servirà a prevedere il futuro, ma indica con chiarezza ciò di cui il paese deve occuparsi nella prospettiva delle generazioni a venire.

Giovanni Vecchi è professore di Economia politica all’Università di Roma «Tor Vergata». Si occupa di teoria, misurazione e storia del benessere. Su questi temi ha pubblicato contributi sulle principali riviste internazionali. Partecipa, con la Ban­ca mondiale, alle missioni nei paesi in via di sviluppo per l’analisi delle condizioni di vita, povertà e disuguaglianza.

un estratto dal libro:

Capitolo secondo, Statura, Brian A’Hearn e Giovanni Vecchi, pagg. 37-44

2. Statura e benessere economico: istruzioni per l’uso
Prima di approfittare dell’inusitata abbondanza dei dati antropometrici disponibili per l’Italia, è bene approfondire alcune questioni concettuali, che riguardano la misura in cui la statura possa essere utilizzata alla stregua del reddito pro capite. Il legame fra statura e condizioni di vita è sufficientemente stretto per consentire l’utilizzo della prima allo scopo di studiare l’evoluzione delle condizioni di vita nel tempo e le loro differenze territoriali? È legittimo usare la disuguaglianza delle stature come misura della disuguaglianza dei redditi?
Non sono domande semplici. Le difficoltà nascono non solo dalla complessità della materia (luogo di incontro delle scienze economiche e sociali con quelle naturali), ma anche dall’impossibilità – per motivi pratici ed etici – da parte degli scienziati di condurre esperimenti sugli esseri umani. È per questo che dedichiamo questo paragrafo all’esame di alcuni insegnamenti fondamentali che emergono da una letteratura scientifica tanto vasta quanto profonda: la sintesi che ne proponiamo rappresenta una sorta di «guida rapida per l’uso» a beneficio del lettore che, pur interessato all’impiego della statura come indicatore economico, non abbia conoscenze specifiche in tema di antropometria e materie affini.

2.1. Alfred e Harry
Stando al Guinness World Record, l’uomo più alto del mondo di ogni tempo è stato l’americano Robert Pershing Wadlow (1918-1940), con 272 cm; fra le persone viventi, il primato spetta al turco Sultan Kösen, giocatore di pallacanestro, classe 1983, con 247 cm; fra le donne Sandra Allen (1955-2008) ha detenuto il record con 232 cm. All’estremo opposto della scala ci sono individui adulti che non raggiungono il metro di altezza: la persona più bassa del mondo, recentemente scomparsa, misurava meno di 75 cm. In mezzo a questi estremi vive il resto della specie umana, con una statura media stimata intorno ai 175 cm per gli uomini e 163 per le donne. In generale, la variabilità della statura all’interno di una popolazione, anche se etnicamente coesa, è considerevole ed è dovuta principalmente alle differenze nel patrimonio genetico ereditato dai genitori [Silventoinen 2003]. A livello del singolo individuo, è la genetica il fattore chiave che spiega la statura.
In merito a quest’ultima affermazione è bene precisare: la statura di una persona non è un carattere ereditario. Non esiste il «gene della statura». Ciò che è ereditario è la statura potenziale, ovvero la statura massima che un individuo può raggiungere. Il raggiungimento di questo potenziale da parte di un individuo dipende dalle condizioni ambientali, specialmente quelle che prevalgono durante l’infanzia. La storia di Alfred e Harry, gemelli inglesi finiti alla ribalta nel corso degli anni Cinquanta, permette di chiarire il punto. La storia comincia nel 1953, quando la rete televisiva inglese Bbc mandò in onda il programma Twin Sister, Twin Brother, all’interno del quale venne lanciato un appello alla nazione affinché si facessero avanti, «nell’interesse della scienza», i telespettatori con un gemello identico. Risposero all’appello oltre 2.500 coppie di gemelli, di cui 44 formate da gemelli omozigoti separati durante il primo anno di vita e allevati in case diverse, da persone diverse, per il resto della vita. L’opportunità offerta dalla trasmissione televisiva venne colta da James Shields, in forza presso l’istituto psichiatrico di un ospedale londinese: la possibilità di disporre di un insieme di individui dotati del medesimo corredo genetico, ma separati alla nascita, rappresentava un’occasione straordinaria per misurare l’influenza dell’ambiente sul fisico umano senza che il confronto tra individui risultasse inquinato dal fattore genetico: nei gemelli omozigoti, infatti, i geni sono gli stessi, e dunque non possono essere responsabili delle differenze riscontrate nelle loro sembianze (peso corporeo e statura).
Dallo studio di Shields [1962], ci occupiamo del caso di Alfred e Harry, gemelli omozigoti separati a tre settimane dalla nascita. Harry rimase all’interno della propria famiglia, crescendo circondato da cure e affetti; ad Alfred toccò invece una sorte peggiore, in quanto venne affidato a una zia materna, psicotica e crudele, la quale era solita tenere sotto chiave il bambino, al buio e per periodi prolungati, negandogli finanche la possibilità di ottenere un bicchiere d’acqua. Nella figura 2.2 del volume vengono mostrati Alfred (a sinistra) e Harry (a destra) in età adulta. Le differenze antropometriche sono evidenti, e in particolare la differenza della statura, pari a 8,3 cm, è enorme. L’esperimento naturale dei due gemelli mostra quanto possano essere ampi e drammatici gli effetti su un corpo adulto causati dalle offese inflitte dall’ambiente in età infantile: il potenziale genetico di Alfred, gemello «sfortunato», non è stato raggiunto a causa degli ostacoli posti dall’ambiente.
Il caso considerato illustra un primo insegnamento generale: i geni – ereditati dai genitori – fissano il tetto massimo della statura che un individuo può raggiungere, mentre l’ambiente (e cioè le condizioni di vita materiali in cui cresce l’individuo) influenza la misura in cui la persona riesce a realizzare il proprio potenziale. Tuttavia, l’importanza dei geni è di gran lunga superiore del fattore ambientale nel determinare la statura di un individuo, il che porta a concludere che per le singole persone, la statura non può essere assunta come una misura del benessere economico.

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