Io e Gorbaciov
Per me Gorbaciov rimane un mistero che mi genera sentimenti controversi. Fu anche sfortunato. Non ci fossero stati Chernobyl e il terremoto armeno forse le cose sarebbero andate diversamente. Un riformismo incrementale come quello Krusceeviano era impossibile perchè il sistema faceva acqua da tutte le parti. Quando penso all’Urss tardo brezneviana penso a me stesso che sopravvivo per un miracoloso equilibrio di disfunzioni ciascuna irredimibile. Sicchè era destino che rimuovendo anche un solo mattone tutto l’edificio crollasse. Mi sono domandato spesso cosa sarebbe accaduto se avesse avvallato la richiesta dei generali golpisti quando si recarono alla sua dacia pregandolo di prendere la guida del colpo di stato. Rivelando con ciò l’intrinseco lealismo verso il partito dell’armata rossa e la refrattarietà dei militari nell’agire in proprio. Forse una soluzione bonapartista analoga a quella sperimentata in Polonia da Jaruzelski, con la sospensione momentanea della funzione del partito-stato, avrebbe fermato la dissoluzione. Ma c’è da dubitarne. Non era nelle capacità dell’esercito, anche a fronte della immensità dello spazio sovietico, e men che meno nell’indole di Gorbaciov. Un umanista convinto. Non c’era più alcuna struttura sulla quale confidare per un ripristino dell’autorità: il partito, l’esercito, la società, corpi intermedi, l’intellighenzia. Unico rifugio i nazionalismi apocrifi ai quali si abbarbicarono le cricche locali di potere per autopreservarsi. Il vero, unico, successo di Michail fu il viaggio a Pechino che innescò i torbidi di Tien an men. Ex negativo. I comunisti cinesi capirono per tempo ciò che non avrebbero dovuto fare. E scelsero, con grande successo, un’altra strada. Nè va dimenticato che quel cesarismo che egli si rifiutò di incarnare per sè egli lo riconobbe, alla fine, nella figura di Putin e nella sua democrazia autoritaria, approvandone convintamente la politica imperiale e nazionalista.


