di Fausto Anderlini
Il listino poi no.
Non credo proprio che quella di Bonacini sia una gran mossa. Mettere i renziani nel pseudo listino (la lista del presidente) senza che essi concorrano con una loro lista alla coalizione è un regalo a perdere che potrebbe rivelarsi esiziale. Infatti ci si accomoda le serpi in seno senza avere alcuna certezza che esse si portino dietro i voti e altri serpentari con annesse creature anfibie. A tutti gli effetti aspidi solitari e venefici, pur dubitando che Bonacini abbia lo charme di Cleopatra.
In Emilia la destra è al top, ma non molto sopra il livello storico-medio, sempre oscillante sul 40 %. La sua forza risiede non tanto nella sua reale capacità egemomica, ma nella divisione di quel 60 % che fino al Pd renziano, all’insorgere del M5S ed all’implosione astensionista, era la cifra della sinistra. Tenere la destra fuori dalla porta significa darsi da fare per riamalgamare questa diaspora. Una missione federatrice e motivante che non può essere incarnata da altri se non dal candidato alla presidenza.
Persistendo le ragioni che rendono sconsigliabile un cambio del cavallo in prossimità del traguardo, qualora una alleanza coi 5S si rivelasse impossibile si potrebbe sempre confidare in una qualche forma di desistenza di fatto, massimizzando il voto disgiunto a vantaggio del Presidente. Ma come è possibile se questi farcisce il listino coi sicari dello scissionista rignanese ?
Se è vero che nel tempo il listino del presidente è stato usato come una sorta di refugium peccatorum per gente che era sconsigliabile mettere alla prova della preferenza, forse questa sarebbe l’occasione buona per farne un uso proprio. Ad esempio con personalità di indiscusso valore o emblematichc di rapporti di lealtà in fieri.
Anche stonato sino ai limiti della sopportazione quel suo continuo ammiccare all’amicizia con ‘Matteo’ malgrado l’errore. L’uomo si chiama Renzi non Matteo. In politica ci si chiama per cognome come si era abituati a scuola e in caserma coadiuvati dalla reiterazione dell’appello e del contrappello. E a maggior ragione fra alleati. Mentre nel partito vale il legame d’amore, per quanto sofferto, l’amicizia è un sentimento che si può coltivare meglio fra estranei politici (e persino fra avversari, per i quali vale il motto ‘diligete inimicos vestros’). Nutrire amicizia per chi ha il coltello sotto la giacca, pronto a usarlo quando meno te l’aspetti, è poi da veri coglioni.
Quando noi ce ne andammo anche perchè messi alla porta dal fottutissimo predatore fu per una questione di passione andata a male nella ditta. Ce ne dissero di tutti i colori e non si sognarono di metterci in un listino. Anzi fecero una legge elettorale addirittura autolesionista pur di impedirci di esistere.
Malgrado ogni volta mi auguri d’essere smentito il Bonacini si conferma sempre in una sorta di impalpabile levità, politica ed esistenziale. Non è questione di opportunismo. Si può cedere all’opportunismo pur conservando un proprio calore umano. Merola ad esempio ha fatto le stesse giravolte di Bonacini, eppure conserva una sua empatia. Sotto sotto si ha l’impressione che alberghi in lui un Io dotato di consistenza (fatto di valori, affetti e altri tratti stilistici). Un Io pisapiistico, se si vuole, ma con una sua coerenza. Ecco, purtoppo, lo devo dire, anche se il mio voto è comunque in cassaforte, l’impressione che ho è che dietro l’ondivaghezza di Bonacini ci sia il vuoto, o quantomeno cospicue bolle d’aria.


