La prima pietra

per Eleonora Gabutti

Il 15 marzo del 1738 nasceva Cesare Beccaria, filosofo, scrittore, autore, a soli venticinque anni, del trattato Dei Delitti e delle Pene, nonché nonno di Alessandro Manzoni. Il 15 marzo del 2003, 265 anni dopo esatti, nascevo io, che non sono nessuno, ma vivo in un mondo dove si dibatte degli stessi temi dei quali si occupavano gli intellettuali ai tempi di Beccaria. E, personalmente, non mi stupisco affatto, considerando il fatto che anche un Paese in prima linea nel progresso, nato da menti illuministe, che nella sua Dichiarazione d’Indipendenza dichiara “tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”, vale a dire gli Stati Uniti d’America, abbia ancora nella sua legislazione, per fortuna non in tutti gli Stati ma solo in 29 (che su 50 totali sono ancora troppi), la pena capitale, con una media annua di una ventina di esecuzioni. Inoltre, altri 57 Stati continuano ad applicarla, mentre 139 non la applicano, di diritto o in pratica (di cui 97 l’hanno abolita per tutti i reati, 8 l’hanno abolita per reati comuni -mantenendo la previsione solo per reati particolari, come quelli commessi in tempo di guerra- e 35, pur mantenendo la norma giuridica, non la applicano da oltre 10 anni). Ricercando informazioni presso associazioni che si battono per l’abolizione della pena capitale (in particolare Amnesty International), ho però scoperto che i dati a nostra disposizione sull’argomento sono relativamente poco significativi, specialmente quelli forniti da Paesi come la Cina che bloccano la diffusione di informazioni relative a questa faccenda (e, in generale, su qualsiasi cosa riguardi il Paese, vediamo bene cosa è successo con la pandemia). Non possiamo, dunque, avere un quadro generale accurato al 100%.

Per quali reati si applica la pena di morte? Quali sono i metodi di esecuzione? Ma, soprattutto, quali sono le argomentazioni a favore o contrarie alla pena di morte?

I capi d’accusa ufficialmente espressi nelle Nazioni che applicano la pena capitale sono: omicidio, alto tradimento, rapina a mano armata, attentato, stupro, spionaggio, stregoneria, ciarlataneria, sodomia, traffico di droga, adulterio, bestemmia, corruzione, traffico di esseri umani e molti altri. Ora, è evidente che questi reati non sono tutti gravi allo stesso modo, mentre alcuni non li considereremmo neppure reati. I metodi di esecuzione più in uso sono: decapitazione, fucilazione, impiccagione, iniezione letale, lapidazione, sedia elettrica e altre o non usate nella pratica o non specificate. Questo è solo un freddo elenco di dati, cause, metodi di morte, che fanno riflettere su quanta fantasia del male l’uomo sia in grado di esprimere. 

Per aprire brevemente una parentesi sui reati che difficilmente crederemmo essere punibili con la morte (o semplicemente considerabili come reati) è interessante osservare che in Paesi come l’Arabia Saudita, in effetti, il Rinascimento, nel senso non artistico del termine, sia ancora attualmente pienamente in vigore, dato che gli accusati di stregoneria e ciarlataneria possono essere condannati alla decapitazione con una spada. Sarcasmo a parte, l’Arabia Saudita è uno dei Paesi sviluppati che più fa ricorso a incarcerazione, tortura e pena capitale per motivi futili, basti pensare a quante donne sono finite in carcere per aver guidato un’auto. 

Se poi pensiamo alla gente uccisa per non aver avuto il coraggio, la forza o la crudeltà per uccidere un’altra persona, i numeri aumentano. Le esecuzioni in ambito militare, anche se non frequentemente come altre condanne, causano la morte di una persona innocente che non ha ucciso un altro innocente con la divisa di un altro colore, e questo fa dell’accusatore l’unico doppiamente carnefice. 

Poi, in alcuni Stati, è possibile essere uccisi per amore. Sembra romantico detto così, ma è ben lungi dall’esserlo. In un numero non ben definibile di Paesi, l’omosessualità è punibile e punita con la morte. Si tratta principalmente di Nazioni che seguono la legge islamica (Arabia Saudita, Pakistan, Emirati Arabi Uniti, etc.) o altre che la definiscono come un “crimine contro la natura” o come “condotta immorale”. Se però ci sono Stati che effettivamente palesano il loro odio e nella teoria e nella pratica senza nascondere le persecuzioni, in altri sono in corso vere e proprie purghe ufficialmente illegali ma operate da servizi segreti, polizia e forze armate in generale. Basti pensare ad un caso eclatante come la Cecenia, dove le autorità torturano e ammazzano le persone sospettate di essere omosessuali e consigliano alle famiglie di farli sparire autonomamente. In queste zone, queste persone, non esistono nemmeno ufficialmente. Su questa questione si potrebbe aprire un dibattito interminabile, dalle discriminazioni, alle torture (nascoste talvolta sotto l’epiteto di “terapie di conversione” e perpetrate soprattutto da gruppi estremisti religiosi in moltissimi Paesi), all’impossibilità di esistere pubblicamente anche in Nazioni facenti parte dell’UE (come, in primis, la Polonia) dove le persone, per lo meno sulla carta, non possono essere discriminate in base all’orientamento sessuale o all’identità di genere.

E proprio a causa delle associazioni, dei gruppi estremisti, dei governi, che rispettano il loro prossimo solo se risponde a determinati requisiti, il nostro povero mondo si ritrova ad ammazzare gente che non ha colpa alcuna se non quella di esistere.

Per chiudere la parentesi posso citare l’adulterio, che provoca la morte soprattutto di molte donne, e la bestemmia, punita con la pena capitale principalmente nei Paesi a maggioranza islamica.

Passiamo ora a quelli che sono universalmente riconosciuti come reati in tutti gli Stati, anche se non ovunque puniti con la morte.

Quando pensiamo alla pena capitale, la prima cosa che viene in mente è l’omicidio. E, in effetti, le famiglie delle vittime o l’opinione pubblica sono spesso spinti ad augurare all’assassino la stessa fine della vittima. Fermiamoci un secondo. Diritto alla vita. Vita. Chi toglie la vita a qualcuno priva questo qualcuno di un diritto fondamentale. Quindi, chi uccide toglie un diritto alla persona che muore per sua mano. Ma chi decide di condannare a morte questa persona che ha ucciso priva a sua volta, in maniera assolutamente premeditata, una persona di un diritto fondamentale. Inoltre, chi ci assicura che la morte di questa persona sia un deterrente efficace? Vediamo bene che, anche nei Paesi dove le persone che uccidono muoiono per mano della Giustizia, gli omicidi non spariscono. Ed è per questo motivo che si propone di considerare percorsi rieducativi piuttosto che condannare in via definitiva ed irreversibile un colpevole.

Poi vi sono i casi di stupro, rapina a mano armata, traffico di esseri umani o i reati legati alla droga. Nonostante questi siano tutti estremamente gravi, non credo siano paragonabili esattamente ad un omicidio in tutto e per tutto, dato che in molti casi causano solo danni gravissimi alle vittime, ma non in tutti i casi provocano la morte di qualcuno. Non per questo sono giustificabili, sia chiaro. Il discorso qui è lo stesso di prima, senza però la “scusa” che la Giustizia ha per privare il colpevole della vita, ovvero “tanto questa persona l’ha già fatto a sua volta, ristabiliamo solo l’ordine delle cose”. No. Se questo ragionamento poteva vagamente essere considerabile nel caso dell’omicidio, per questi reati la rieducazione è l’unica soluzione. 

E gli errori giudiziari allora? Ecco un altro nodo della questione “pena di morte”. Gli errori giudiziari, vale a dire quei casi -non così rari- in cui una persona innocente viene condannata, causano moltissimi problemi a chi li subisce, ma se con una condanna alla detenzione per tot anni e il ribaltamento della sentenza dopo anni l’innocente avrà tutti i suoi problemi a rifarsi la sua vita ma potrà riavere la libertà e provare a tornare ad una normalità per quanto difficile, nel caso della pena di morte la sentenza non sarà reversibile. Non si potrà resuscitare l’innocente. Non c’è possibilità di riabilitazione. Nulla, solo la morte.

Vi è poi l’ergastolo, la pena alla reclusione a vita, da molti considerata come una pena capitale velata dalla sopravvivenza effettiva del condannato. Può questa essere una soluzione? Forse, ma dobbiamo considerare comunque il livello di deterrenza anche in questo caso. In Italia l’ergastolo è una pena effettivamente e quotidianamente applicata, nonostante le reiterate pressioni internazionali per la sua sostituzione con un totale massimo di anni attribuibile ad un imputato.

Altro capitolo del trattato di Beccaria riguarda la tortura, ma oggi è sempre più difficile parlarne. In quasi tutti i Paesi del mondo è ufficialmente abolita, ma praticata ancora illegalmente in molti posti. Esempio evidente è l’Egitto, dove non ci si fanno troppi problemi ad incarcerare e torturare studenti, attivisti, sospetti dissidenti. In Corea del Nord pare sia usata nei gulag dove vengono rinchiusi gli oppositori politici. Se già per la questione pena capitale i dati che abbiamo sono poco certi, la tortura ha più lati oscuri che altri.

Tutte le volte che mi fermo a riflettere su questi argomenti sento come se questa nostra umanità così evoluta abbia un’anima rinsecchita. Pensare che la morte è considerata una soluzione al crimine è un crimine di per sé stesso. Le pene per i reati commessi devono esistere ed essere esemplari nella loro proporzionalità al delitto commesso. Se la vita è un diritto, chiunque deve avere il diritto di possederla fino in fondo. Chi commette un reato va portato a comprendere il suo errore, a pagare per questo e a riscattarsi, a fare della sua vita qualcosa di meglio.

Non ci può essere crimine peggiore che uccidere discriminando. Negli Stati Uniti, a causa del forte razzismo, è più facile che una persona di colore subisca anche ingiustamente la pena capitale, perché spesso non è accusata dalla Giustizia ma dalla pancia del popolo bianco che ha fame di sentirsi superiore. Quando un bambino di colore fu mandato alla sedia elettrica per un reato che non aveva commesso, le colombe suprematiste non batterono un ciglio, ma le mani. Quando ci si accorse -troppo tardi- che era innocente, gli vennero porse scuse ufficiali sulla tomba. E ancora oggi, questa discriminazione nei confronti degli afroamericani porta alla condanna di innocenti, uccisi soprattutto dalla polizia che non si fa scrupoli a non concedere loro il respiro per difendersi. 

Non si possono lasciare le donne in un angolo, relegandole ad essere meri oggetti, senza diritti, opprimendole, togliendo loro ogni cosa e maltrattandole, e poi condannarle al carcere, alle torture, alle violenze e persino alla morte se reclamano di voler uscire da sole per strada o poter guidare. Non siamo pentole ma persone. Non esistiamo solo per essere sottomesse agli uomini a cui solo noi possiamo dare una cosa essenziale: la vita. 

Uccidere una persona perché ama è compiere un delitto così grande da non essere nemmeno nominabile. Chi discrimina, esclude, marginalizza, tortura, incarcera, condanna una persona la cui unica colpa è amare non si può considerare persona. Non è giustizia. Chi paragona l’omosessualità ad altri reati non conosce la libertà. Ognuno ha il diritto e deve avere la possibilità di amare chi vuole, se c’è consenso.

La Giustizia si deve assicurare che non ci siano condizioni di discriminazione. L’imparzialità è una condizione fondamentale nei processi. 

La pena di morte non è una soluzione ragionevole alle colpe. 

“Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio”.

 

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4 commenti

Anna Maria 21 Marzo 2021 - 20:30

Sono rimasta particolarmente colpita dalla lettura di questo articolo… appena diciottenne, a prescindere dalla straordinaria capacità di linguaggio e dallo studio approfondito che c’è dietro questo scritto, questa ragazza ha una profondità d’animo che rari adulti possiedono. Mi ha lasciato veramente senza parole. Complimenti!

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Fabio Chillè 21 Marzo 2021 - 20:32

Un’ analisi lucida e coerente come raramente mi è capitato di leggere.

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Silvia Malovini 22 Marzo 2021 - 16:30

Mi piace come scrive questa ragazza, spero coltivi questa sua dote di autrice, è semplice, chiara e sottilmente autoironica, come nell’introduzione che mi è piaciuta moltissimo. Brava!

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Andrea 23 Marzo 2021 - 18:33

Un articolo interessante e scritto molto bene, complimenti alla giovane autrice!

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