Le vittime dei femminicidi sono le Partigiane e le Martiri di una nuova guerra di Liberazione.
Le donne assassinate da propri mariti, amanti, fidanzati o dal gruppo sono le nuove martiri di una vera e propria guerra di liberazione, come lo è stata quella del 1945 contro l’oppressione sanguinaria del Nazismo e del Fascismo; con la sola differenza dell’oppressore, che oggi definiamo “la supremazia e tirannia maschile” che esiste nella società come potere personale, ma condizionante le relazioni uomo donna. Ad analizzare attentamente il femminicidio ed i due attori, il carnefice e la vittima, ci rendiamo che quest’ultima, la vittima, è una donna, che pur isolata e sola nella sua lotta, ha “deciso” di liberarsi da una condizione di segregazione fatta di violenza, sopraffazione, paura e divenuta insopportabile, lasciando quello che considerava ingenuamente un compagno e che poi si è rivelato un carceriere. Dall’altra parte c’è il carceriere carnefice, l’uomo, che non tollera un affronto sile, lesivo della potestà che lui pensa di avere, in tutti i sensi, su una compagna che invece ha deciso autonomamente e dopo aver preso coscienza della sua situazione, pur nella paura di violenze e ritorsioni su di sé o sui propri figli, di abbandonarlo. È qui che nel carnefice scatta la volontà di punire e reprimere violentemente questa, da lui ritenuta, insubordinazione e rivendicazione di libertà della donna, moglie , fidanzata, figlia, amante. Se questa analizzata e la dinamica psicologica, culturale, ma anche politica, nel senso che si configura come uno scontro tra chi vuol detenere un potere assoluto autoritario e repressivo, sull’altro, che invece se ne vuole liberare, allora il femminicidio è equiparabile ad un assassinio politico, fatto spesso in pubblico e con efferata violenza, come fosse l’esecuzione di una sentenza, di una punizione divina: quell’uomo assassino, marito, fidanzato, amante, si fa strumento ed esecutore di un potere oppressivo impersonale, potere maschile, ma presente e operante nella società ed i cui apparati di egemonia culturale e oppressione vanno, da quelli religiosi, a quelli laici. I primi si esprimono con narrazioni “sacre” che imputano la donna come un essere minore dell’uomo e destabilizzanti delle relazioni e rapporti umani. I secondi, nei quali si annoverano i masmedia, intellettuali, produzioni letterarie, musicali, pubblicitarie, di mode e di costume, dove la donna è un mero oggetto sessuale o una mera cosa di possesso. Non c’è settore sociale, economico, culturale, relazionale, dove il rapporto con la donna non sia visto come un rapporto ineguale , non paritario che non ne riconosce appunto la dignità di persona autonoma e indipendente nella sua vita e nelle sue decisioni. Negli anni ’70 del secolo scorso furono conquistati, sull’onda delle lotte del ’68, importanti diritti formali che hanno riconosciuto alla donna l’autonomia decisionale, dall’Aborto, al Divorzio, alla soppressione nel codice penale del Delitto di Onore od il nuovo diritto paritario nella famiglia. Ma da allora, si è assistito ad un continuo attacco a questi diritti se non una vera e propria regressione. Oggi la strage dei femminicidi ci dice che c’è una guerra in corso continua fatta da donne isolate, ma coraggiose perché sanno che rischiano la vita e non trovano la comprensione e la solidarietà e misure adeguate per contrastare questa aggressione e strage, nella politica e nelle istituzioni democratiche. Ecco perché dobbiamo considerare i femminicidi dei veri e propri assassini politici ed onorare queste vittime come delle martiri di questa che è una nuova guerra di liberazione: queste donne sono le nuove Partigiane della Libertà di tutti. La mobilitazione di massa che ha invaso tutte le piazze italiane il 25 novembre segna in qualche modo una svolta dovuta senz’ altro all’emozione ed all’arme generale suscitata dall’assassinio di Giulia che ha toccato in modo esteso e profondo tutto il Paese, non solo le donne ma anche gli uomini, la politica e le istituzioni ed ha avuto un carattere universale e politico poiché ha guardato oltre l’immediato ed il tragico allungando e allargando lo sguardo a tutto ciò che in questo momento sta segnando tragicamente il presente , con l’aggressione a limite del genocidio del popolo Palestinese dovuto a quello che, continuamente occultato da mas media allineati e servili, è il sistema imperialistico capitalistico USA e Occidentale, che minaccia continuamente la convivenza pacifica a livello planetario e che per mantenere in piedi un un dominio assoluto dilapida le risorse del pianeta e detiene una ingiusta concentrazione della ricchezza sociale e naturale del Pianeta. Questa mobilitazione può riaprire la speranza al cambiamento, può ridare fiducia nella lotta, nella partecipazione politica. Si tratta di dare organizzazione, rappresentanza e continuità a questa mobilitazione nelle forme che più si dimostreranno efficaci. Se così sarà il martirio di Giulia non sarà stato vano.


