Librerie e bambini, renziani alla riscossa
Prima del coronavirus il messaggio era: ci sono bambini che lavorano a 5 anni, che sono schiavi a 7, che vanno nelle discariche o nelle miniere, che sono abbandonati, oppure armati e inviati in guerra, che non studiano, che muoiono senza una cura, che soffrono la fame, che vivono in capanne abiette. Dopo il coronavirus la coscienza occidentale vede solo se stessa, come in un selfie, forse a causa dei confini innalzati come cortine dagli Stati. Sarà per questo che è nato questo appello (della ministra Bonetti e altri), affinché i bambini possano giocare in un parco come se attorno non vi fossero la pandemia, i morti, i lutti e la sofferenza, come se si potesse circolare liberamente, come se non si dovesse restare a casa per evitare una diffusione dei contagi che farebbe crollare la sanità pubblica, con danni per tutti, anche per chi chiede che i bambini vadano nei parchi, nei giardini, sul lungofiume, accompagnati da tanti adulti solerti alla faccia del virus che uccide i più fragili, perché malati, perché anziani.
Oggi Concita De Gregorio scrive un articolo su Repubblica in cui sembra che la civiltà occidentale abbia improvvisamente dimenticato (anzi imprigionato) i bambini nelle loro case, trattati peggio dei cani, che almeno possono orinare in strada. Così ho capito io. Se un marziano leggesse questo articolo penserebbe che sulla Terra i bambini se li mangiano, tipo i comunisti, anzi penserebbe che sono arrivati proprio i comunisti. Ma perché, ditemi, ce li portiamo davvero i bambini nei parchi? Dico: prima ce li portavamo? Oppure la loro giornata era scandita da scuola, compiti, calcio, pianoforte, piscina, ginnastica ritmica, danze di gruppo e inglese il sabato mattina? E quando sono in casa, tv e videogiochi? Non è anche questo un modo per “mangiarsi” i bambini, il loro tempo, i loro giochi, il loro diritto alla noia? Per la De Gregorio nasce tutto oggi, invece, dopo appena poche settimane di quarantena! I bambini schiavi dell’autorità degli adulti, insomma, come se non fosse una prigione anche quella di non avere attenzioni, di avere genitori assenti, di entrare in casa, dopo la scuola, e non trovarvi mai nessuno.
Io credo che quelli più danneggiati dal lockdown siano i grandi non i piccoli. Gli adulti che in casa non ci sono mai, cosmopoliti, acculturati, che vivono di socialità, relazioni, che fuggono dalla propria abitazione non appena possono e hanno bisogno di eventi per vivere. Giovani e vecchi, senza distinzione di sorta. E penso che sia eroico, per certi aspetti, non semplicemente stare in casa, ma starci senza farlo pesare troppo a tutti, capendo qual è il proprio posto adesso, qual è il proprio compito, capendo che il mondo va meglio se tu non ci sei per qualche settimana. La fase 2 non sarà un liberi tutti, costoro dovrebbero capirlo, ma un modo diverso di attuare il lockdown: riaprirà progressivamente l’economia, ma non gli assembramenti. E dovremmo attenerci a regole scrupolose, tant’è che la nostra vita sarà più dura e complicata di adesso. I grandi, allora, insegnino ai bambini che ci vogliono i sacrifici nella vita, non facciano battaglie da Peter Pan inutili e sciocche come lo è, per dire, la riapertura delle librerie. E poi, guarda caso, entrambi i fronti (librerie e giochi dei bambini) sono stati aperti da renziani, dei quali si intravede per questo, ancor più, l’inconsistenza. Tremo all’idea della prossima sciocchezza che tireranno fuori per andare in home page di Repubblica.


