Fonte: Il Fatto Quotidiano
Lo spione e il comico: la guerra dei due Vladi
L’anti-Putin si presenta davanti alla telecamera in diretta web. Stupisce il suo sangue freddo. Dal 24 febbraio, da quando cioè Mosca ha sferrato il colossale attacco all’Ucraina, Volodymyr Zelensky, il comico che volle farsi presidente, è divenuto l’eroe di un popolo che resiste ai bombardamenti russi, anche a costo di sacrificare la propria vita, come i 13 doganieri dell’Isola dei Serpenti che hanno mandato affanculo la Marina russa perché chiedeva la loro resa. O come il geniere che s’è fatto esplodere per distruggere un ponte, impedendo l’avanzata dei tank russi.
“Abbiamo resistito e risposto con successo all’attacco del nemico”, comincia Zelensky, mostrandosi in pile e maglietta militare. Il comico che era in lui è morto e sepolto. Come il presidente naïf che chiedeva a Putin un incontro “da uomo a uomo”. Il nuovo Zelensky è risoluto. Non ha abbandonato Kiev, come affermano le fake news del web. Replica alle menzogne con un video girato davanti alla Bankova, il Quirinale ucraino. In un altro video, scuote le coscienze addormentate dell’Europa: “Il popolo ucraino merita e ha il diritto di entrare a far parte dell’Ue”.
Sta di fatto che l’uomo delle risate si è trasformato nel Macron del Dnepr. Zelensky, infatti, ammira il presidente francese, cui si ispira. Il capo dell’Ucraina impara in fretta. Storia, geopolitica, rapporti di forza militare devono essere affrontati con coraggio, dignità, fierezza. Sono tempi selvaggi, conta dimostrare fermezza sul sentiero della guerra. Lo dice agli ucraini. E all’Occidente pavido.
Un’inaspettata trasformazione. Sino a pochi giorni fa i pregiudizi nei confronti di Zelensky erano ancora piuttosto diffusi. Quali garanzie politiche e diplomatiche poteva dare un divo della tv che nel 2012 arrivò a guadagnare sino a 15 milioni di dollari l’anno (fonte: Forbes Ukraine) e che era più aduso ai conflitti del set che non a quelli bellici? Le circostanze straordinarie. In cui l’Ucraina è ostaggio e vittima della geopolitica. La volontà di Putin di cambiare l’ordine del mondo. L’Ucraina è un test, dice Zelensky, poi toccherà ad altri. Zelensky ha il senso teatrale delle parole. È passato dalla comicità alla tragedia in due anni e mezzo. Poi, negli ultimi due mesi, all’epica: “Non deporremo le armi, difenderemo il nostro Paese, perché la verità è la nostra arma, la verità è che questa è la nostra terra, il nostro Paese, i nostri figli. Noi difenderemo tutto ciò”.
Per decifrare l’irresistibile ascesa di Volodymyr Zelensky, classe 1978, bisogna guardare le 51 puntate di una serie tv (tre stagioni) che Netflix dovrebbe acquistare al volo: Sluha Narodu, “il servitore del popolo”, andate in onda dal 16 ottobre 2015 al marzo del 2019 in Ucraina sul canale Kvartal 95 e in Russia su TNT, ma inedite altrove. Laddove il protagonista è Vassili Goloborodko, maldestro professore di liceo incarnato da Zelensky. I suoi allievi lo filmano mentre si scatena contro gli oligarchi e la corruzione. Il video diventa virale, il successo nei social network catapulta, suo malgrado, il prof alla Bankova. Vassili diventa presidente. Come Zelensky, meno di quattro anni dopo. Col 73,2% dei voti: un plebiscito. La fiction fatta realtà. Il presidente vero combatte corruzione e oligarchi. Come il presidente finto. La realtà, tuttavia, è peggio: i nemici di Zelensky lo mandano in rotta di collisione con Mosca. Lo accusano di essere un populista arrogante e anti-russo. Mosca e i secessionisti gli rinfacciano d’aver dato corda ai neonazisti, di averli insediati al governo. I neonazisti ucraini sono l’1 per cento, non siedono in Parlamento, come invece accade altrove in Europa. Appena eletto, Zelensky incappa in una gaffe tremenda. Trump per 400 milioni di dollari in armamenti, pretende un’inchiesta sulla società del gas Burisma in cui opera il figlio di Joe Biden. Scandalo. Fa però passare una legge che impedisce agli oligarchi di finanziare i partiti. Toglie l’immunità ai deputati. Sulla questione del Donbass, che in campagna elettorale aveva promesso di risolvere, sbatte tuttavia contro Putin. Nel 2021, Zelensky caccia tre media russi e mette agli arresti domiciliari l’oligarca Viktor Medvedchuk: la figlia ha per padrino Putin. Si scava la fossa. Eppure, Zelensky aveva vissuto a Mosca in anni cruciali, dal 1997 al 2003, proprio quando Putin scalava il potere. Così come aveva vissuto la transizione post-sovietica nella sua Kryvyi Rih, grosso centro industriale e minerario a sud di Kiev, famosa anche per essere la città più lunga d’Europa (si snoda per 126 chilometri) preda della criminalità, con i re del carbone e dell’acciaio che intessevano stretti rapporti con Mosca.
Di famiglia russofona, nonno militare dell’Armata Rossa, parenti ingegneri sovietici, di origini ebree, Zelensky ha più cultura russa che ucraina. A Mosca diventa ricco e famoso. Ma quando Putin annette la Crimea alla Russia, Zelensky rompe ogni rapporto con Mosca. L’anno dopo crea la serie tv che lo consacra. I sondaggi lo indicano probabile presidente. Lui si candida il 31 dicembre 2018. Coltiva la sua immagine anti-sistema. La gente si fida. Come oggi, col nemico che lo ha identificato “obiettivo numero 1 e la sua famiglia numero 2”.


