Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Meritocrazia e tecnica
Non siamo arrivati casualmente a Draghi, e nemmeno la defenestrazione di Conte è stata incidentale. C’è una ragione profonda nel governo dei presunti migliori, dei più bravi, di chi merita, e Michael Sandel la spiega così, con quattro parole ben messe in fila:
«La nostra versione tecnocratica della meritocrazia spezza il legame tra merito e giudizio morale. Nel campo dell’economia, postula semplicemente che il bene comune sia definito dal PIL, e che il valore del contributo delle persone consista neò valore di mercato dei beni o servizi che vendono. Nel campo del governo, postula che merito significhi competenza tecnocratica».
Ecco.
La politica è sommersa dall’economia, e l’economia è ridotta al momento del mercato, quello in cui chi vince sono sempre gli stessi e chi perde tutti gli altri, ossia i consumatori, coloro che acquistano anche senza bisogno, che gettano via cose funzionanti per comprarne di nuove, che legano indissolubilmente la propria condizione di benessere alla soddisfazione procurata dalle merci. Coloro che si indebitano e cedono alle lusinghe della finanza per essere competitivi sul mercato.
Non c’è alcun accenno ai servizi pubblici, a quelli sociali, che invece non portano competizione ma cura e solidarietà, che non procurano soddisfazione mediante il consumo dei beni, ma attraverso la conservazione dell’umanità e la protezione sociale. Ovviamente la meritocrazia e la tecnocrazia fanno strame della politica, intesa come partecipazione e ricerca del bene comune: che non è il PIL ma la coesione sociale e la tenuta morale di un’intera comunità.


