Il Mulino Bianco della politica

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 14 settembre 2015

A margine delle polemiche sui Casamonica da Vespa, Carlo Freccero ha svolto sul ‘manifesto’ alcune considerazioni sul rapporto politica-tv. La cronaca nera, ha detto in un’intervista, “fa più ascolti della politica perché la politica non è inchiesta ma solo propaganda, quindi non funziona”. La “politica è autoreferenziale”, ha aggiunto, ha “fatto cortocircuito”, mentre la cronaca nera è “narrazione forte”. Fare inchiesta vuol dire accendere una luce, aprire orizzonti, spalancare prospettive. Fare propaganda è invece una mera auto promozione, puro narcisismo, come se la politica potesse ridursi alla sciocca volontà di potenza di qualche omino, e non essere invece una specie di chiavistello per aprire mondi e indicare dei percorsi a milioni di persone.

La comunicazione oggi ha imposto la propria logica alla politica, e così facendo l’ha personalizzata, l’ha ridotta a tecnica, l’ha resa una spazio asfittico, dentro cui gli altri uomini non entrano, al più sono silenziosi spettatori, sempre che lo spettacolo valga qualcosa. Si fa un gran parlare di ‘narrazione’ ma, alla fine, si narra sempre la stessa storia, quella del solito leader che vuol vincere e presenta scenari da sogno a incantati elettori pronti a votarlo. Il Mulino Bianco Barilla, quel posto dove tutti dicono sì e tutti sono felici, è il solo spazio scenico ammesso in queste storielle educative. Non c’è alternativa a questo narcisismo in scatola, ed è questa l’unica cosa che si racconti davvero agli elettori. Tutto appare come una grande, ma favolosa macchina dei sogni, col solo difetto di esser autoreferenziale, chiusa in sé, concentrata solo sulle proprie esigenze e su quelle del leader.

Diverso è il caso della cronaca nera e delle storie di vita, quelle in cui folgora il dramma, spesso la tragedia, dove il lieto fine è una conquista, e i bei sogni un pegno pagato al diavolo. Qui c’è una storia, qui lo storytelling si mette in questione, diventa una sfida, un rischio, una tinta forte. A confronto, la narrazione politica è travolta dalla crudezza. E non solo perché sono sempre troppi i dirigenti, i parlamentari, i consiglieri locali coinvolti nelle inchieste della magistratura. Il fatto è che le storie criminali sono appassionanti, i meccanismi narrativi sono avvincenti, e c’è la vita in gioco, non una elezione amministrativa, non una carriera politica. La cronaca, le sue storie, le sue narrazioni non predicano il ‘nuovo’, ma raccontano la storia di sempre: la crudeltà, il dolore, il risentimento, la lotta, la sopraffazione e poi il riscatto, la liberazione, ma anche l’eventualità di un dolore più grande e le tante domande che esso solleva. Sono l’eterno ritorno della realtà in forma narrativa.

La politica di cui parla Freccero, chiusa e autoreferenziale, è la vera dannazione di questa epoca debole. Ogni evo ha le sue storie potremmo dire. Il novecento fu tragedia; il nuovo millennio, per ora, è farsa, al più fulminante spot televisivo, dove vengono a venderti piccoli leader con lo sconto. Una specie di politica ridotta a comunicazione floscia, molle, cadente, dove annaspano mezze figure. Rigettati dietro le quinte i primattori, sul proscenio restano quelli che raccontano barzellette o fanno i piazzisti oppure recitano i monologhi dei comici. Io preferisco altre storie. Ha ragione Freccero.

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